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"Sara ti ho inoltrato l'email con il numero di protocollo per i giorni di malattia"
"Tranquilla Ginevra, l'avevo già vista. Riguardati"
"Grazie Sara, buon lavoro e buona giornata"
Bene, il lavoro era stato sistemato. Le dispiaceva lasciare le colleghe piene di lavoro, ma lei non poteva proprio andare. La sera prima si era sentita poco bene e quella mattina si era svegliata con la febbre. Era andata di corsa dal medico per farsi dare i giorni di malattia e poi aveva chiamato il lavoro avvertendoli, fortuna che avrebbe dovuto fare il pomeriggio quel giorno. Così non aveva scombussolato gravemente il lavoro delle sue colleghe. Solo che le dava fastidio stare con la febbre di venerdì. Non poteva passare un altro fine settimana chiusa in casa. Tossì e si girò nel letto tutta dolorante. Questa era colpa di Alessandro e di tutta l'acqua presa in quei giorni. Allungò una mano verso il comodino e acciuffò il termometro.Il contatto con il vetro freddo la fece rabbrividire e nel tempo che aspettò si assopì. Quando fu ora di togliere il termometro quasi non riusciva a vedere, aveva ancora gli occhi appannati dal sonno.
"Fanculo, 38.4. Ci mancava la febbre alta"
Ripose il termometro sul comodino e fece per alzarsi dal letto. Era il caso di mettere qualcosa sotto i denti e di prendere qualche pastiglia. Era così infreddolita che andò all'armadio di fronte al letto e lo aprì, per poi cercare il suo maglione da febbre, come lo chiamava lei. Già, perché ogni volta che stava male lo indossava. Era un maglione di pile stile anni '80, un'accozzaglia di colori che non c'entravano nulla tra loro ma che a lei piaceva tanto. A piccoli passi si trascinò in cucina e iniziò a prepararsi un brodino caldo.Aprì il frigorifero e tolse il petto di pollo dal contenitore per poi metterlo in una pentola con gli odori, aggiunse dell'acqua e lo mise sul fuoco. Si sedette su una sedia in cucina e s'incantò a guardare la fiamma dei fornelli, quando la suoneria del suo cellulare la disincantò. Andò verso la sua camera, ma il cellulare aveva smesso di squillare. Controllò le chiamate perse. Era Alessandro. Le si strinse lo stomaco perché raramente la chiamava e quelle poche volte che di sua iniziativa la chiamava Ginevra rispondeva subito, non voleva perdersi l'occasione di essere cercata da lui. Il fato volle che quel giorno lei non fece in tempo a rispondere.Poteva richiamarlo, ma non lo fece. Doveva iniziare a comportarsi diversamente, doveva iniziare ad avere più polso. Se fosse stato urgente avrebbe richiamato. Semplice, ma Alessandro non richiamò e Ginevra lanciò il telefono sul bancone della cucina. Lasciò il brodo a cuocere e andò in salone. Si diresse verso la libreria per leggere i titoli dei suoi DVD. Scelse un film Disney, la Bella e la Bestia, e andò verso il lettore DVD. Quando era tutto pronto si lasciò andare contro il comodo divano e fece partire il film. Era iniziato da pochi minuti quando il suo telefono torno a squillare. Ginevra era quasi tentata di imprecare ad alta voce, ma non sarebbe servito a nulla, così mise in pausa il film e andò in cucina per recuperare il suo telefono.Rispose al volo.
"Pronto?"
"Gin perché prima non hai risposto?"
Alessandro.
"Non l'ho sentito" mentì.
"Sei a casa? Non devi prepararti per andare a lavoro? Io ho appena smontato"
"No, non vado a lavoro oggi. Sono influenzata" per colpa tua, avrebbe voluto aggiungere.
"Lo sento dalla tua voce, dammi un quarto d'ora e sono da te"
Perfetto, addio tranquillità. Di sicuro con lui in giro per casa la febbre non sarebbe scesa, ma aumentata.
"Ale, non ce n'è bisogno"
"Scherzi? Devo ricambiare il favore. Sarò il tuo pronto intervento. A dopo" e senza aggiungere altro aveva riattaccato lasciando Ginevra come un pesce lesso.Era inutile rimettere in play il film, perciò andò a controllare il brodo e abbassò la fiamma. Di questo passo non avrebbe cenato. Prese dei cracker nella dispensa e nel frigo un po' di prosciutto cotto e iniziò a mangiare quello. Una volta finito mise sul fuoco il pentolino per il tea e attese. Alessandro suonò il campanello proprio mentre Ginevra metteva i filtri in infusione.
"Arrivo!" disse con la voce gracchiante per via della tosse.Si affrettò ad andare ad aprire.
"Eccoti qua gnappetta"
Ginevra storse la bocca e lo fece entrare.
"Lo sai che odio che mi chiami gnappetta"
"Ma è un dato di fatto" disse lui mentre si toglieva il giaccone, per appenderlo all'attaccapanni. Alessandro guardò la Tv e scoppiò a ridere.
"Cos'hai da ridere?"
Lui in risposta le si avvicinò e la afferrò per i fianchi, abbracciandola.
"Non ti passerà mai questa passione per la Disney, eh?"
Il cuore di Ginevra fece più e più capriole. Quanto le piaceva stare tra le braccia di lui.
"No, sono affezionata ad ogni cartone. Lo sai"
Alessandro annuì e le diede un bacio sulla fronte.
"Sei calda, molto calda"
Ginevra chiuse gli occhi beandosi ed annuì, poi si ricordò del tea.
"Mettiti comodo, vado a prendere il tea e..."
"No, mettiti tu al caldo e comoda. Andrò io a prendere il tea" e detto questo lo vide andare verso la cucina. Ginevra fece come le aveva detto, sprofondò nel divano e si coprì con la copertina di lana e mise il film in play. Alessandro arrivò dopo pochi istanti e le porse una tazza di tea. Era bello fumante e Ginevra chiuse gli occhi estasiata.Sembrava tutto così perfetto.Ginevra era così presa dal film da non essersi accorta che era finita praticamente in braccio ad Alessandro, che lui la teneva stretta per la vita e che ogni tanto lui posava le sue labbra sulla spalla di lei.Si lasciò scappare un sospiro quando Belle ed il principe Adam si baciarono.
"Sospiri..." le disse lui in un orecchio.Ginevra si irrigidì prendendo coscienza di come erano messi.
"S-sì..." balbettò in risposta.
"Perché?" volle sapere lui. Perché voglio un amore da favola? Questo avrebbe voluto rispondergli, ma non ebbe il coraggio.
"Perché... perché io..."
"Perché vuoi un amore da favola? Vuoi anche tu la tua Bestia?" le chiese e Ginevra voltò il viso per incontrare lo sguardo di lui. Sì, solo che lei la bestia ce l'aveva già, voleva solo che quella bestia la notasse. Ginevra lo fissò ancora profondamente negli occhi e con mano tremante gli accarezzò il viso. C'era qualcosa che li stava unendo in quel momento, non sapeva dire esattamente cosa, ma c'era una strana atmosfera intorno a loro e lei non voleva spezzarla.
"Credo di... avere già la mia bestia" disse e prese ad accarezzare le labbra carnose di Alessandro. Lui la guardava ipnotizzato, dischiuse le labbra e con la lingua accarezzò il polpastrello di Ginevra. Lei chiuse gli occhi e sospirò di nuovo. Ora o mai più.
"Tu... tu sei la mia Bestia"
Alessandro parve svegliarsi da quella trance e allontanò la bocca dalle dita di lei, dopo averle lasciato un ultimo bacio sul palmo della mano.
"Io?"
Ginevra annuì e abbassò la mano.
"Non dici sul serio, Gin" disse lui, sorridendo. Non diceva sul serio? Erano sette anni che provava quelle cose. Come poteva non dire sul serio? Lei scosse la testa e ritornò a guardarlo.
"Sono seria, tu sei quello che..." ma Alessandro non la fece finire.
"Fammi sentire quanto sei calda, forse la febbre..." ma questa volta fu Ginevra a non farlo finire. Mentre i titoli di coda passavano sullo schermo della Tv, Ginevra si alzò dal divano per pararsi di fronte a lui e fece quello che mai e poi mai aveva pensato di fare. Conosceva il suo amico e i suoi punti deboli, perciò iniziò a spogliarsi. Lasciò cadere i vestiti a terra e quando fu completamente in intimo camminò verso di lui.
"Cosa...cosa fai? Gin..."
"Voglio fare l'amore con te, ora mi credi?" stava per sganciarsi il reggiseno quando vide gli occhi di Alessandro cambiare. Fu tutto così veloce che quasi non se ne rese conto. Le mani, le bellissime mani tatuate di Alessandro, l'afferrarono per i fianchi e la fecero stendere sul divano.Ci siamo!, pensò Ginevra. Per anni aveva atteso quel momento. Alessandro l'aiutò a togliere il reggiseno e lo vide sgranare gli occhi di fronte al suo seno prosperoso.
"Dio mio..."
"Ale..." ma lui le tappò la bocca con la propria e Ginevra andò in estasi. Le labbra di lui erano finalmente sulle sue e non c'era niente di più bello. Le aveva sempre viste da lontano, carnose e così dannatamente sexy e da sempre aveva immaginato come potesse essere, ma la realtà superava di gran lunga ogni aspettativa. Si contorse sotto di lui, accarezzò il suo petto muscoloso e fece scendere le mani sotto il maglione. Intanto Alessandro continuava a baciarla e a Ginevra continuava a mancare il fiato per le troppe emozioni. Nei piani bassi era tutto un fuoco, lava incandescente. Quanto avrebbe voluto che lui l'accarezzasse tra le gambe...
"Toccami..." gli disse, ma quello che successe dopo non se lo aspettò. Alessandro si staccò dalle sue labbra, la guardò e Ginevra pensò che stesse per tornare a baciarla quando lui si alzò da sopra di lei per mettersi seduto sul divano, passandosi una mano sul viso, mentre lei era ancora sdraiata e con le labbra umide.
"Dio mio, copriti" le disse per poi alzarsi dal divano. Ginevra guardò la sua schiena per poi abbassare lo sguardo e fissare i suoi seni nudi. Quelle parole erano state come una coltellata. Si coprì con la coperta e si morse un labbro. Cosa era andato storto? Cosa aveva fatto di sbagliato? Si alzò dal divano tremante e si avvicinò ad Alessandro, ma lui si scansò da lei e andò verso l'attaccapanni per prendere il suo giaccone.
"Ale..."
"Devo andare Gin. Riguardati" e così dicendo aprì la porta di casa per poi andarsene. Ginevra fissò quella porta chiusa e come un'automa si guardò intorno. I suoi vestiti erano a terra, così come il suo reggiseno. Per un momento, un breve momento, aveva toccato la felicità con un dito, ma Alessandro l'aveva rifiutata. Era semplice, non c'erano giri di parole per definire quello che era successo. Le aveva fatto credere che sarebbe successo, ma poi doveva aver ripreso lucidità e si era staccato. Ma quella lucidità aveva ferito Ginevra, che si ritrovò a piangere. D'altronde non era una novità, le lacrime per lui venivano versate ogni giorno ma queste più di tutte erano acide, logoranti e difficili da digerire. Una cosa era certa, il rapporto sarebbe cambiato. Niente poteva tornare come prima. Poco, ci era mancato davvero poco per rovinare tutto. Era stato così ammaliato da lei e dal suo corpo da non pensare se quello fosse giusto o sbagliato, ma diamine sentire la pelle calda di lei lo aveva fatto sentire... vivo. Quel bacio era stato il più bello ed emozionante di...sempre. Era Ginevra ad essere bella e lui era un perfetto idiota. Era scappato da casa di Gin correndo, rifugiandosi nella sua topaia. Ora se ne stava sdraiato sul letto, con gli occhi verso il soffitto e pensava.Il suo corpo aveva reagito d'istinto, non aveva dovuto pensare a niente. Era bastato vederla in intimo per farlo eccitare. Nessuna moina, nessuna carezza. Solo lei e che fosse dannato se non gli era piaciuto quello che aveva visto e toccato.Le sue tette... non riusciva a togliersi dalla mente quelle tette, soprattutto ora che le aveva viste. Quei capezzoli piccoli e rosa a momenti lo avevano fatto venire nelle mutande. Dio mio santissimo...Fortuna che quando lei lo aveva implorato, con quella voce bassa e sensuale, di toccarla era rinvenuto e aveva capito la stronzata che stava per fare. Approfittarsi di lei mentre era delirante per via della febbre! Cosa gli avrebbe detto Gin, una volta ripresa dall'influenza?Avrebbe avuto tutte le ragione del mondo se lo avesse accusato di qualcosa. Si passò una mano sul viso e si sentì in gabbia. Sì, perché c'erano dei sentimenti che scalpitavano per uscire dal suo cuore e correre da lei, c'era una voglia inspiegabile di lei che lo faceva tendere come un ragazzino di sedici anni alle prime armi. Cosa diamine doveva fare? Dannazione, lei era sembrata così sincera quando gli aveva detto di vole fare l'amore... e poi lo aveva sussurrato anche quel giorno mentre dormiva perciò... perciò se quello che la sua amica provava era vero, lui era un grande stronzo. L'aveva lasciata nuda come faceva con una donna da una scopata e via e questo non se lo perdonava. Si tirò i capelli e si mise a sedere sul letto. Faceva fatica a credere che Gin, la sua adorabile Gin, lo desiderava. Cosa doveva fare? Non sapeva niente di niente, ma una cosa la sapeva: doveva chiedere scusa a Ginevra o l'avrebbe persa. Sempre se non l'avesse già persa.

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