12.

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Era venerdì ed era il suo giorno di riposo. Aveva trascorso la mattina rotolandosi nelle lenzuola, leggendo un buon libro e recuperando le puntate di Supernatural. Era troppo indietro rispetto ad Alessandro, lui le aveva fatto conoscere la serie solo qualche mese fa e Gin si era spaventata vedendo che aveva undici stagioni da vedere, ma non si era tirata indietro. Ora le mancavano tre puntate per concludere la sesta stagione, era un bel traguardo no?
Per pranzo mangiò un'insalata e si sbrigò ad uscire dall'appartamento. Voleva passare da Alessandro, che se non ricordava male, aveva il pomeriggio libero. Andò verso il centro, soffermandosi davanti alcune vetrine. Guardò l'orologio al polso e vide che era presto così entrò dentro un negozio.
Uscì con due bustine e si diresse verso l'ipermercato dove lavorava Ale. Con la scusa di dover far la spesa entrò e lo cercò con lo sguardo.
Tra gli scaffali non c'era, forse era di turno in cassa. Distrattamente prese alcune cose e le posò nel cestino della spesa. Continuò a camminare mentre il buon umore di quella mattina andava via. Avvertiva una sensazione strana, di disagio.
Una sensazione che venne confermata dall'immagine che si trovò di fronte.
Alessandro rideva con una ragazza... Ginevra cercò di guardarla meglio e quando si accorse di chi fosse il sangue sembrò ribollirle nelle vene. Quella era Denise, quella scostumata...
Ginevra cercò di ricomporsi e a testa alta andò verso la cassa di Alessandro. Lentamente poggiò le cose sul nastro e tese l'orecchio per sentire quello che la civettuola stava dicendo mentre il suo ragazzo lavorava. La vide pagare per poi lanciare un bacio ad Alessandro.
Stai calma Gin, si disse mentalmente. Ma la calma le era sconosciuta.
Fai finta di niente, si ripeteva.
Quando fu il suo turno Alessandro si pietrificò.
Coda di paglia, caro?, lo sfottè mentalmente.
“Gin...”
“Ale...”
Alessandro fu bravissimo a mascherare i propri sentimenti.
“Fra dieci minuti stacco, mi aspetti?”
“Sono qui apposta”
Quindici minuti dopo Ginevra era in macchina con Alessandro.
“Ti ho preso la pasta ed il pane”
Lui si voltò un attimo per guardarla.
“Grazie... Gin?”
“Si?”
“Vieni da me?”
“Si” e senza ulteriori parole proseguirono fino a casa.
 
 
Quando furono a casa Gin aiutò Alessandro a riordinare e gli cambiò le lenzuola del letto.
“Perché le cambi?” le chiese lui, poggiato allo stipite della porta.
“Visto mai che qualcuna ci si sia rotolata”
Fu più forte di lei, non riuscì a non lanciargli quella frecciatina come non riuscì a metterci una puntina d'acidità.
Quelle parole furono la scintilla che appiccò l'incendio tra loro, che accese gli animi frustrati e ardenti di desiderio di Ginevra e di Alessandro.
Lui si staccò dallo stipite della porta e con gli occhi fissi su di lei, si incamminò verso il letto. Ginevra era quasi spaventata da quello sguardo deciso, da quella camminata sicura. Ora lo vedeva per quello che era: un uomo, fatto e finito, sicuro di sé. Un uomo a cui la vita aveva strappato molte cose, un uomo che lottava per quello in cui credeva e amava e ora si dirigeva verso di lei. Le fu di fronte, fronteggiandola. Sfidandola, quasi.
“Ripetilo”
Ginevra era fissa su di lui, quegli occhi verdi la ipnotizzavano. Quelle labbra la chiamavano.
Aveva dimenticato come si parlasse.
Alessandro stringeva i pugni, come se stesse cercando di non cedere, di essere forte.
“Vi...visto mai c-c-che qu-qualcuno ci si s-s-sia rotolata”
Lo ripetette e gli occhi di Alessandro sembrarono incendiarsi, cambiarono. Non solo il colore, ma anche l'espressione.
Lui le afferrò un braccio e avvicinò il suo viso a quello di lei.
“Mi piacerebbe dirti che su quelle lenzuola mi sono scopato la ragazza dell'ipermarket, ma non sarebbe vero. Ma chi si è rotolato nel tuo letto, mh? Quel biondino, figlio di papà di ieri sera?”
Ginevra fu sotto shock.
Le dita di Alessandro sembravano ardere, quel tocco la stava ustionando. Quegli occhi la stavano condannando. Poteva scagionarsi, poteva difendersi ma non riusciva a parlare. Davanti a lei c'era una parte di lui che mai e poi mai aveva visto.
Quello davanti a lei sembrava un estraneo.
“N-non... solo un amico”
Alessandro lasciò la presa, ma continuò a guardarla. Era chiaro che non le credeva.
“Sei libera di scoparti chi vuoi. Vattene” e le diede le spalle, uscendo dalla camera.
Ginevra era ancora sotto shock, le veniva quasi da piangere, ma c'era una parte dentro di lei che scalpitava. C'era una piccola donna che lottava per uscire, la stessa donna che aveva lottato per avere Alessandro al suo fianco. Con le lacrime ai bordi degli occhi, con le ciglia inumidite ed il mascara pronto a colare, Ginevra andò in salone. Acciuffò il telecomando, spense la Tv e fu il suo turno di fronteggiarlo.
“E' questo che credi? Che mi sbatta qualcun altro?” stava urlando e lei non aveva mai urlato.
La rabbia, la paura, la delusione, l'amore... erano le emozioni che parlavano per lei.
Alessandro rimaneva seduto sul divano a guardarla.
“Come puoi pensare una cosa simile! Quello era un amico di liceo, un amico! Pensi sempre che tutto sia solo riconducibile al sesso. Per te è sempre solo sesso. Tra le persone c'è altro!” e gli andò così vicina da toccarlo quasi, ma badò bene a non sfiorarlo.
“Sai cosa ti dico? A saperlo me lo sarei scopato, almeno non mi sembrava spaventato a esternare i sentimenti!”
Crack.
Quello fu troppo. Alessandro si alzò e le afferrò entrambe le braccia. La prese con forza e la spostò, portandola con le spalle al muro, bloccandola con il suo stesso corpo.
“Vuoi lui? Vuoi il figlio di papà?” le urlò in viso.
Ginevra iniziò a piangeva, impossibilitata a muoversi.
“Che tu sia maledetto Alessandro! Amo te! Ti ho amato da lontano per sette lunghi anni, ti sto amando adesso mentre mi urli in viso di essermi scopata un altro!”
“Sono un maledetto, che pensa solo al sesso”
Ci fu silenzio, occhi negli occhi.
E poi l'imprevedibile.
Entrambi mossi dalla rabbia, dal desiderio, si unirono in un bacio. Un bacio salato, famelico. Le mani iniziarono a cercarsi, i vestiti vennero quasi strappati, ma non toccarono mai il pavimento. I corpi cercavano di fondersi. Le labbra venivano morse, i gemiti riempivano la stanza, i singhiozzi di pianto di Ginevra erano più forti quando Alessandro le succhiava il collo, lasciandole segni rossi, segni che la marchiavano. Che urlavano una sola cosa: Mia, solo mia.
Si presero contro un muro, con la foga e l'urgente necessità di sentirsi una cosa sola e fu nell'esatto momento in cui Alessandro fu dentro Ginevra che il desiderio divampò e che le verità fu chiara negli occhi e nei cuori di entrambi.
“Ti amo, Gin. Cazzo se ti amo”
 
 
 

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