11.

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Le cose tra Gin e Alessandro sembravano andar bene, dopo l'episodio della tenda il loro rapporto sembrava più solido. Certo, mancavano quelle conferme che Gin tanto cercava, ma aveva capito che più le agognava, più le pretendeva, meno le avrebbe avute. Perciò si godeva la vita giorno per giorno, così come veniva. Alle volte senza nemmeno fare progetti, era una cosa che le costava fatica perché lei stravedeva per lui, avrebbe voluto vederlo ogni giorno se possibile e fare qualsiasi cosa insieme. Capiva anche però che questo avrebbe portato al suo annichilimento, per questo faceva funzionare il cervello e metteva un freno al proprio cuore, altrimenti si sarebbe ritrovata in una valle di lacrime.
Quella mattina Ginevra era diretta a lavoro, era riuscita per un pelo a non perdere il 4X. Ogni giorno lo stesso tragitto, ogni giorno la stessa linea di bus. Molte volte riusciva a risparmiarsi le ore di punta, così poteva trovarsi un posticino isolato accanto al finestrino e guardare la strada, perdendosi nei suoi pensieri e nei suoi sogni. Quel giorno però non poteva essere accontentata, aveva il suo posticino vicino al finestrino, ma non sarebbe stata sola per tutto il tragitto. Stava per infilarsi le cuffie quando venne interrotta dalla voce di un ragazzo.
“Ginevra?”
Gin alzò gli occhi e si trovò di fronte il volte di uno sconosciuto. Lui la conosceva, ma lei non conosceva lui.
“Tu sei?” gli chiese dubbiosa.
“Sono Matteo, Gin! 5H, ultima fila, banco a sinistra vicino la finestra. Il nerd occhialuto. Ricordi?”
Il sorriso di lui era radioso e non sembrava essersela presa che lei non l'aveva riconosciuto. Lo guardò un po' meglio, cercò di fare mente locale e come se si fosse accesa una lampadina si ricordò.
“Matteo, certo! Come stai? Diamine sei... diverso”
“Le lenti a contatto sono davvero miracolose” e sorrise di nuovo. “Posso?” le chiese, indicando il posto vuoto accanto a lei.
Ginevra sorrise e spostò la sua borsa per lasciarlo sedere.
“Allora, frequenti ancora qualcuno di scuola?”
Ecco la classica domanda da incontro/scontro con un ex compagno.
“No, ho perso di vista tutti. Alle volte sento Simona, sai che vive a Parigi ora? Tu, hai contatti con qualcuno?”
Matteo la guardò con insistenza prima di rispondere. Per i gusti di Ginevra quello sguardo era troppo sfacciato, forse non se ne rendeva conto. Matteo era completamente diverso da quello che ricordava. Il nerd era scomparso, ora davanti a lei c'era un ragazzo ben impostato, con l'ultimo taglio alla moda e un look da ragazzo copertina. Matteo si passò una mano tra i capelli e le rispose.
“Mi vedo con Fabrizio, sai ci siamo ritrovati in un esame di Analisi2 all'università”
Fabrizio, come dimenticarlo. Era il classico belloccio con la media altissima, quello che non aveva nemmeno un difetto. Tutte era innamorate di Fabrizio.
“Come dimenticare la media del nove e mezzo di Fabrizio” disse Gin ironicamente.
Matteo sorrise.
“E tu Gin, cosa fai? Studi o lavori?”
“Lavoro in un negozio di abbigliamento”
Era sempre in momenti come questi che Ginevra iniziava a sentirsi come una fallita, incontrare i suoi vecchi amici, tutti universitari e con borse di studio, la facevano sentire piccola piccola.
“Be' l'importante è che tu sia retribuita bene e che come lavoro non ti faccia proprio schifo”
Insomma... non amava di certo quel lavoro e non era proprio ben pagata, ma le permetteva di arrivare a fine mese senza debiti e buffi, quindi le andava più che bene.
Stava per rispondere che il lavoro non era male quando il suo cellulare iniziò a squillare.
Matteo attese che lei rispondesse. Ginevra, molto goffamente, estrasse il telefono dalla tasca dei jeans e controllò chi fosse.
Alessandro.
Come ogni volta che chiamava il suo cuore accelerò di un battito, sperò che sul suo volto non si accendesse il solito fuoco.
“Non rispondi?”
Matteo non ti ci mettere pure tu, avrebbe voluto dirgli. Guardò l'ex compagno di scuola e gli sorrise. Mandò giù la troppa saliva che le si era formata e accettò la chiamata.
“Pronto?”
Gin è successo qualcosa?”
“No, perché?”
Squillava all'infinito. Stai andando a lavoro?”
“Sì, sono sul bus”
Ginevra continuava a scambiare parole con Alessandro, mentre con la coda dell'occhio controllava il suo vicino, che le sembrava troppo interessato alla loro conversazione. Stava per chiudere la telefonata con Ale quando Matteo le parlò sopra.
“Gin ti sta cadendo la felpa”
Lei fu velocissima a prendere la felpa.
“Gra...grazie”
Si concentrò sulla telefonata, pronta per salutarlo.
Chi è?”
“Chi?”
Con te, sul bus. Chi c'è?”
La voce di Alessandro era cambiata drasticamente. Il tono scherzoso e amichevole era sparito per lasciare spazio all'uomo burbero e cavernicolo. Il suo tono esprimeva gelosia e Gin ormai sapeva riconoscerlo per bene. Non poteva rispondergli adesso, non le andava che Matteo sapesse che stavano parlando di lui.
“Devo andare, ti scrivo dopo” e riattaccò.
Era morta, definitivamente morta.
 
 
Per tutta la mattina Alessandro l'aveva chiamata e per tutta la mattina lei non aveva risposto, o meglio non aveva potuto rispondere. Quando era arrivata al negozio, salutando Matteo che si era premurato di accompagnarla fino a lavoro, chiedendole anche se potesse aggiungerla su Facebook, aveva trovato il capoarea in negozio per un nuovo allestimento. Non aveva avuto nemmeno un minuto di tempo per andare in bagno, figurarsi se poteva fare anche una sola telefonata. Aveva persino fatto due ore in più. Andò nel retro del negozio per togliersi la divisa e si sbrigò a vestirsi. Doveva correre se non voleva perdere la corriera del ritorno. Uscì di li salutando frettolosamente le colleghe e andò a sbattere contro qualcuno quando fu fuori dal negozio.
“Mi scusi...” ma le parole le morirono in gola, perché di fronte aveva Alessandro.
Gli occhi di lui erano scurissimi, se avesse potuto uccidere con uno sguardo lo avrebbe fatto. Tipo Clark Kent con la vista laser.
Oh Ginevra, ma che diavolo pensi?
Si dette da sola dell'idiota e prese coraggio.
“Ciao, come mai sei qui?” gli disse, alzandosi sulle punte per lasciargli un bacio sulla guancia.
“Ho staccato prima, e visto che non rispondevi sono passato”
Accidenti...
La sua voce era piena di lame.
“Hai fatto bene, allora come è andata la giornata?”
Ginevra fece per attraversare la strada, ma Alessandro la fermò.
“Ho la macchina”
Freddo, telegrafico.
Bene, benissimo!, pensò Ginevra.
Lei annuì e lo seguì. Salirono in macchina, Ginevra si mise comoda e iniziò a cambiare le stazioni alla radio, sperando di trovare qualche canzone che la rilassasse e con la scusa sfiorava la mano ferma di Alessandro sul cambio. Era sempre così, quando voleva fargli capire che voleva una carezza o un contatto fisico, lo sfiorava con la scusa della radio. Lui capiva e lasciava il cambio per posargli la mano sulla coscia o per prenderle la mano nella sua. Quel giorno era freddo, la mano restò sul cambio e Gin smise di cambiare stazione.
Cercò più e più volte di parlare, di fare conversazione ma lui rispondeva a monosillabi. Arrivarono a casa di Ginevra dopo mezz'ora di traffico e di mutismo.
“Vuoi salire?” gli chiese.
Lui scosse la testa e stava per ripartire quando Ginevra girò la chiave nel quadro e spense la macchina.
“Che diavolo hai?”
Fortuna che non balbettò.
Lui continuava a guardare dritto davanti a sé, le mani strette al volante.
“Niente”
“Certo” gli rispose sarcasticamente. Per un momento lui la guardò con la coda dell'occhio.
Ginevra attese; aspettava che lui parlasse, che le dicesse quello che lo turbava, anche se poteva immaginarlo. Ma visto che poteva solo immaginarlo, quel giorno voleva sentirsi dire la verità. Era stufa di andare per intuizioni o illazioni.
“Allora?”
Ancora niente.
Senza dire nient'altro, Ginevra prese la sua borsa e scese dalla macchina.
Si affacciò un secondo, giusto il tempo per salutarlo.
“Quando avrai ripreso l'uso della parola chiamami” e se ne andò.
 
 
Alessandro non era tornato a casa. Era andato a farsi due passi, era davvero nervoso.
C'era qualcosa alla bocca dello stomaco che bruciava, che gli toglieva persino il respiro. I suoi amici gli avevano detto che quella era gelosia. Ma poteva davvero essere geloso di Ginevra? Insomma, lui era convinto di lei... si fidava. Però perché aveva attaccato il telefono senza dargli spiegazioni? Chi c'era affianco a lei sul bus?
Tante domande e zero risposte. Era andato a prenderla a lavoro, proprio per vedere come stavano le cose e quello che si era trovato di fronte era la solita e vecchia Gin. Quella che sorrideva appena lo vedeva, quella che si alzava sulle punte per salutarlo, quella che cambiava stazione alla radio per sfiorargli la mano. Aveva cercato di scovare negli occhi di lei un piccolo segno di menzogna, ma non vi aveva trovato niente. Erano tutte paranoie le sue?
Calciò una lattina a terra e continuò a camminare, accorgendosi dopo di essere dal lato opposto della via di Ginevra. All'altro lato della strada, di fronte a lui, c'era il portone di Gin. Decise di attraversare la strada e andare da lei, ma il portone si aprì e la vide uscire. Si bloccò a guardarla e rimase come sempre incantato. Aveva dei jeans strappati sulle cosce e un maglioncino che le arrivava in vita, fortuna che sotto aveva una canotta bianca che le copriva la pancia. La vide sorridere e dirigersi verso un...ragazzo. Gli occhi di Alessandro si spalancarono per la sorpresa.
La vide salutarlo e insieme incamminarsi verso la via principale per poi svoltare.
Non ragionò, dette ascolto solo al suo istinto e con lo stomaco in fiamme li seguì.
 

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