Capitolo1: Il Mostro

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Era sola.
Era di nuovo sola in quell'angolo della stanza con solo i suoi pensieri a farle compagnia.
Il Silenzio la spaventava.
Il silenzio urlava contro le sue orecchie.
Gattonò terrorizzata fino alla luce e la spense tornando nel suo angolo.
Si prese la testa fra le mani.
E mentre le lacrime iniziavano copiose a rigarle il volto il pesante silenzio che aleggiava nella camera fu rotto dai suoi singhiozzi.
Era sola, nessuno l'avrebbe sentita nessuno le avrebbe chiesto come stava.

Scoppiò in pianto stringendo le ginocchia al petto.
La porta si aprì.
Si rannicchiò contro il muro nascondendo il volto.
"Ma guarda un po'..."
Quella era la sua voce.
"Stai ancora peggio dell'ultima volta che ti ho vista"
La ragazza cercò di frenare le lacrime e stare zitta mentre il nuovo arrivato le si avvicinava.
Erano due gocce d'acqua.
Entrambi castani con un cenno di ramatura rossastra.
Entrambi con gli occhi verdi dalle pagliuzze nocciola.
Le occhiaie di lei erano perfettamente specchiate sugli occhi di lui.
Lui si le si accucciò davanti prendendole il viso tra le mani.
C'era qualcosa nel suo sorriso che la intimidiva, una vena di follia che s'insinuava fino alle iridi.
"Quanto puoi essere stupida?"
Lei stette zitta, ci aveva fatto l'abitudine.
"Non mi parli nemmeno più ?"
Accennò un "no" con la testa.
"Non mi vuoi nemmeno dire chi o per cosa è stato stavolta?"
Scosse di nuovo la testa.
Il ragazzo s'irritò.
Lei si coprì velocemente il viso.
Non accadde nulla.
Allontanò le mani dal viso e solo allora lui le tirò una sberla.
"Se non mi dice cosa succede come pensi possa aiutarti?"
"Tu non mi sei mai di aiuto."
"Quindi se ti tiro una sberla parli, interessante come meccanismo."
La schernì sedendosi sulla sedia e accavallando le gambe sulla scrivania.
La castana lo guardò: nella penombra della stanza era ancora più inquietante e il piercing che aveva sotto il labbro gli brillava ogni qualvolta si girava verso di lei incontrando i fasci di luce elettrica che si facevano strada dalla porta.
"Lasciami stare Valentine"
"Non credo proprio" 
Le lacrime tornarono a bussare alle sue palpebre.
"Lasciami stare..."
"Non mi fai pena, credevo l'avessi imparato. Piantala di piangere e dimmi che cazzo ti è successo stavolta"
Lei si massaggiò la guancia.
"Scuola"
"Non mi aiuti"
"Chi ha detto che voglio aiutarti?"
Valentine si morse la lingua per non dover colpire di nuovo la ragazza.
Cadde di nuovo il silenzio.
Un cupo e raggelante silenzio.
La ragazza si alzò in piedi avvicinandosi alla porta.
"Dove credi di andare?"
La castana gelò.
"Ti ho forse dato il permesso di andartene?"
"E' casa mia"
"E' anche la mia"
Odiava quel tono, la intimidiva.
"Voglio solo prendere un po' d'aria lasciami andare"
La prese per un braccio.
"Sai perfettamente come funzionano le cose"
"Ti prego... Valentine ti prego"
La strattonò allontanandola dalla porta.
Lei cadde all'indietro sbattendo sul letto.
Valentine roteò gli occhi.
"Prova a pregare Satana di sistemare i tuoi problemi invece che me."
il ragazzo sbattè la porta lasciandola sola di nuovo.

Non avrebbe parlato con Valentine. Non erano le soluzioni che gli aveva proposto lui di anno in anno ad aiutarla.
Non gli avrebbe detto più nulla, non le importava quanto l'avrebbe trattata male o quanto avrebbe limitato le sue libertà.
L'unico modo che aveva per riprendere il controllo nella sua vita era smettere di affidarsi a lui e iniziare a fidarsi di se stessa.
Si coricò.
Chiuse gli occhi.
E sperò di essere svegliata dalla sua voce.

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