Prologo

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Questa è la traduzione di una delle mie fic SwanQueen preferite: Educating Emma, di Bond.Jane su FF.net.
Ricordo che io non sono che una mera traduttrice!

Prologo

La Sovrana percorreva i bui corridoi delle segrete, il suo passo fermo e determinato, calmo perché le regine non corrono. Girava uno dopo l'altro gli angoli creati per tenere dentro i prigionieri e fuori i curiosi. Per un momento desiderò che le sue segrete non fossero così tanto il solito cliché con topi e ratti che scorrazzavano in giro ed urla e lamenti provenienti dalle celle oscurate. La infastidiva, gettare un'ombra scura sui giorni in cui si prendeva la briga di scendere in quei luoghi.

La maggior parte di loro sarebbe uscita a breve. C'era solo un prigioniero permanente nelle sue segrete. Rimase nell'ombra per un po', osservando. Era un suo piccolo rituale, studiare la forma curva, la caduta delle spalle, il respiro che iniziava ad essere un leggero rantolio, probabilmente per quello che ormai era quasi un anno nelle celle umide.

Lei riusciva sempre a stupire il prigioniero. E le dava una piccola scarica di piacere vedere il modo in cui quelle spalle si contraevano al suono della sua voce per poi scattare in una parvenza di arroganza che lei riusciva a distinguere chiaramente. "Regina!"

Sì, il modo in cui Regina sobbalzò alla sua voce diede a Snow una scarica di piacere di cui non fu fiera, ma che era pur sempre piacere. Era un buon modo di vendicare 28 anni persi.

"Snow, cara. Benvenuta!"

"Grazie, Matrigna."

"Cosa ti porta qui? Un po' di tortura? Qualche dura parola? Oh, lo so! Qualche altra piccola accusa?"

Per un po', Snow aveva nutrito la speranza di poter spezzare la Evil Queen, di riuscire ad ottenere una scusa sentita od una dimostrazione di rimorso. Si sarebbe accontentata di una banalità o due, ma quasi un anno era passato e lei non aveva ottenuto nulla più che un sussulto al suono della sua voce. Per tutto il resto, avrebbe potuto benissimo visitare la Evil Queen o il Sindaco di Storybrooke e l'atteggiamento sarebbe stato lo stesso: arrogante e soddisfatto di sé, indifferente quanto squallide fossero le condizioni delle segrete in confronto alla villa del sindaco, indifferente la sciatteria del vestito od i capelli che cadevano piatti su un viso che ora era pallido e smunto. Aveva organizzato le proprie visite in modo che non ci fosse uno schema riconoscibile -nell'eventualità che Regina ne cercasse uno. Le piaceva l'effetto sorpresa.

"Sono venuta per offrirti un accordo."
"Mh. Interessante. Grazie, cara, ma no grazie."

"Non sei minimamente curiosa?"
"No."
"Deludente, Matrigna."

"Smettila di chiamarmi così, Snow, cara, a meno che tu non voglia restare un cliché. Non ci sono cinema Imax nella Foresta Incantata, nessuno a vedere le tue lacrime in HD."

"Ok, Regina, ecco qui. Vorresti vedere Henry?"

La Sovrana sapeva di aver colpito un nervo scoperto. Regina non aveva visto Henry per quasi un anno, da quando erano stati catapultati da Storybrooke al cuore della Foresta Incantata. Dopo il loro brusco ed inaspettato ritorno, James aveva semplicemente preso un'ancora incosciente Regina e l'aveva sbattuta nella prima cella a portata di mano.

Regina camminò fino ad una sedia in fondo alla cella e vi si sedette come se ogni voglia di combattere l'avesse abbandonata. "Questa è una punizione insolita e crudele, Snow cara. Usare mio figlio... Sta' attenta a non perdere il tuo vantaggio morale."

Decisamente sull'usare Henry, probabilmente sulla punizione, pensò Snow. Ma solo perché, purtroppo, non avevano perso tutti i ricordi della loro vita a Storybrooke ed avevano ancora quest'idea in testa di vivere in una -cosiddetta- democrazia. La Foresta Incantata non era decisamente il Maine. "Non siamo più in Kansas, Toto!" No, non lo erano e la giustizia era diversa qui. Questo accordo serviva un po' per alleviare il senso di colpa nel vederla così. Come se lei si stesse logorando, il lungo, nero vestito smesso le ricadeva addosso come se, tutto il senno ormai scomparso, Regina fosse stata ormai morta, sepolta sotto al peso del tempo passato in quell'oscura cella. Ma ancora e sempre intatta.

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