Capitolo 12

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Emma chiacchierava mentre premeva magicamente una mela per averne il succo, lasciandolo gocciolare dritto nella bocca in attesa di Regina. C'erano modi più semplici di farlo, ma mancava loro quell'originalità che sapeva avrebbe fatto sorridere Regina. Il succo gocciolò lentamente nella bocca schiusa finché non restarono solo i rimasugli della mela. Disse a Regina cose inutili. Del genere come la prima volta che l'aveva vista in quel vialetto aveva avuto l'impressione che la sua vita fosse stata presa a calci in culo. Le disse dell'esercizio di mortificazione alla riunione municipale durante tutto il dibattito sul parco giochi. E del modo in cui solitamente rimanesse solo poco di più al Granny's quando Regina la beccava a prendere il caffè. Della sua disavventura con gli orchi appena arrivata. E di come le mancassero il caffè ed i popcorn. Cose del genere.

Le raccontò dell'inverno che lasciava il posto alla primavera, di Henry e delle sue lezioni e di come il ragazzino fosse naturale in tutto. Le dimostrò i suoi progressi in ciò che chiamava magia confetto: i fiori che si materializzavano nelle mani di Regina, e la cioccolata che Regina ancora non mangiava. E che prontamente Emma si metteva in bocca per provare che era commestibile. Faceva levitare piccoli oggetti che si esibivano in spettacoli di marionette mentre Emma faceva voci stridule che solo occasionalmente mimavano i film da cui rubava le storie.

Tutto ciò che serviva era il tempo. Non importava veramente se fosse stato presto o prima o poi.

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Non c'era mai stato un tempo in cui Regina si fosse sentita curata o amata. Le ci volle un po' per abituarsi, questo non essere in disaccordo con ogni singola cosa, specialmente con se stessa, la continua lotta tra chi il suo cuore volesse essere e chi aveva bisogno di essere per sopravvivere. Le ci volle un po' per smettere di aggrapparsi ad ogni filo di felicità, per smettere di affondare le unghie in qualunque accenno di felicità, anche se si trattava del piccolo piacere di far contorcere qualcuno come si contorceva lei. Era stato un inverno durato tutta la vita e senza un singolo Natale. Non c'erano state parole di conforto o di incoraggiamento. C'era stato solo il tempo. Ma Emma? Il cuore di Emma era un posto dove le loro differenze erano comprese ed accolte, redenzione ed onestà, possibilità e speranza. Era così diversa da tutti quelli che conosceva, dove per essere amata dovevi essere qualcos'altro. Quello era dominio. Nel cuore di Emma c'era solo assoluzione.

Ed era ridicolmente bello.

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Emma non era tornata a dormire nella propria stanza. Le piaceva girarsi di fianco ed assicurarsi semplicemente che tutto andava ancora bene. Le piaceva allungarsi ed avere un corpo che poteva stringere a sé e coccolare perché le mattine erano fredde. E le piaceva come Regina, a volte, nel bel mezzo della notte, chiamasse il suo nome dolcemente e venisse tranquillizzata dal Sono qui."Volevo solo essere sicura." Era sempre la risposta.

E poi la mattina si preparavano e mangiavano. Assieme. Cosa nuova per entrambe. Ed era un po' strano all'inizio e poi qualcosa da attendere con ansia. Si muovevano nell'ordine sbagliato, pensò Emma. Ma forse non era una cosa così male dopotutto.

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Emma stava facendo il giocoliere con le mele prese dal cestino che Henry portava ogni mattina. Lo faceva perché mentre poteva dire che si stava esercitando con la magia e che quello la aiutava a migliorare il proprio controllo -il che era vero- non falliva mai nel divertire Regina. C'era sempre la possibilità che le cose andassero storte (e lo facevano): c'erano altri oggetti che si univano alle mele volanti o mele che volavano fuori pista e colpivano le cose più delicate come i vetri delle finestre (che si frantumavano in cocci incredibilmente piccoli) o candele che davano fuoco a piccoli tappeti. Era il rapporto qualità-prezzo dell'intrattenimento.

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