Io e Juliet cambiamo un pò le regole.Siamo soli, e siamo noi, e non penso nemmeno di non avere idea di chi lei sia. Mi concede qualche domanda, e anche meglio, risponde ad alcune di esse. Sembra un gioco. Io posso chiederle ciò che voglio, e lei può rispondere a ciò che vuole, a patto che le domande non siano troppo private e che le risposte siano sincere. Così non ci spogliamo e non facciamo sesso e niente del genere, nonostante questo sia il suo lavoro. Ci sediamo con le gambe incrociate sul letto, lei di fronte a me, con la sua pelle bianca come latte e quella finta aria innocente, e parliamo e parliamo ancora.
«Ti piace la musica?» chiedo d'un tratto, mentre le passo la sigaretta che avevo acceso. Stasera vogliamo condividere tutto. Anche le mezze sigarette o una birra o qualsiasi altra cosa.
Juliet annuisce.
«Genere preferito?» domando. Voglio sentirle pronunciare Dead Romancer, perchè ha un nostro disco nella borsa e voglio sapere se sa chi sono io e tante altre cose.
Lei scrolla le spalle «Rock, credo. Anche se mi piacciono parecchi generi musicali. Ma preferisco la musica rock, ecco...» dice sorridendo.
«Anche io...» ammetto contento della sua risposta. «Gruppi preferiti?» chiedo.
«Non lo so, in realtà. Non credo di preferire dei gruppi. Mi piacciono e basta...» dice. Un pò mi sento deluso. Non ha pronunciato il nome della nostra band.
Faccio un respiro profondo. Questa domanda non dovrei farla. So che non è bello chiedere una cosa simile. Però non resisto. Forse, se sapesse chi sono in realtà, fuori di qui, potrei anche piacerle. «Sei mai stata con il membro di qualche band famosa? Intendo, ti hanno mai pagata per stare con loro?» chiedo, quasi sussurrando.
Lei mi guarda per qualche secondo, con i suoi occhi scuri, ma non riesco a decifrare la sua espressione, non riesco a capire se è infastidita dalla mia curiosità o se non vuole rispondermi o qualcosaltro.
Poi fa un respiro profondo ed accena una risatina scuotendo la testa, ed è la cosa più bella del mondo, la sua risata.
«Si, ed è stata l'esperienza più brutta della mia vita!» dice infine. Io la guardo incuriosito e lei continua «Insomma, io ed una mia amica approcciamo questi due tipi in un locale, e passiamo la notte con loro e tutto il resto. Ed io, non ho idea di chi siano, proprio come te insomma...». A quel punto so che faccio una smorfia, ma lei fa finta di niente e continua «La sera dopo, questa mia amica mi porta ad un concerto di un gruppo, ed io non conoscevo nemmeno una canzone, però non avevo davvero nulla da fare quindi ho deciso di seguirla. Riusciamo a metterci nella prima fila e mi diverto nonostante sia pieno di ragazzine urlanti che non fanno altro che fare allusioni sessuali riguardanti i membri del gruppo che sta per salire sul palco. E poi, insomma, loro finalmente salgono sul palcoscenico ed io, non lo so, penso che mi si sia fermato il cuore per qualche millesimo di secondo, perché il cantante guarda in basso e dopo pochi secondi riconosce me e la mia amica e ci saluta... ed io volevo morire, mentre tutte quelle ragazzine erano lì ad imprecare e ad insultarmi perché lui mi aveva salutato e tutto il resto.» ride infine. Sembra davvero divertita, nonostante mi viene facile immaginarla in totale imbarazzo in mezzo ad una folla di fan scatenate.
«Che gruppo era?» domando di getto.
Lei sospira «Non posso dirtelo» dice scrollando le spalle.
«Scusa» mormoro io accendendo un'altra sigaretta «Ok, quindi non vorresti mai avere un altro cliente famoso o cose simili?» chiedo e sento il cuore battere alla svelta, perché ho paura che mi dica che è così, ed io per correttezza non dovrei più venire a trovarla.
Lei scrolla le spalle ancora una volta «Ora non mi interessa. Credo che mi limiterò ad informarmi su chi sono i membri di una band prima di andare a vedere un loro concerto, perché non si sa mai. E' triste venire offesi da un gruppo di sconosciute minorenni...» dice sorridendo.
«Immagino... beh, tornando a parlare di musica... per esempio... conosci i Dead Romancer?» domando cercando di sembrare vago. Lei aggrotta le sopracciglia pensosa, poi sorride annuendo «Oh, si! Piacciono molto a...» si ferma, come in difficolta. A chi?, mi chiedo io. Poi riprende a parlare «Ad una persona che è sempre con me e che me li fa ascoltare fino alla nausea. Ma sono bravi, anche se non so molto di loro. Cioè, non mi interessa, la loro musica mi piace ed il cantante ha proprio una bellissima voce, e i testi sono toccanti. Ho anche un loro cd in borsa, devo portarlo a... questa persona, appunto...» dice. Io per un attimo sono senza respiro. A lei piace la nostra, la mia musica, anche se non ha idea di chi sia io. E poi mi chiedo chi sia questa persona. E tralascio il dettaglio riguardante la bellissima voce di Jordan, perché pensare a lui mi mette di pessimo umore ultimamente.
«A te piacciono?» mi domanda poi. Io non so cosa rispondere. Dovrei dirle che sono il chitarrista? Vuole davvero sapere chi sono? Non so nemmeno io se sia giusto o meno. Se lei non vuole entrare nei dettagli con me, forse neanche io dovrei. Ma non faccio in tempo a rispondere che lei si alza e si avvicina alla borsa. Tiro un respiro di sollievo e la guardo camminare e chinarsi sulla borsa sul pavimento. E' bellissima.
«Guarda. Ho anche quattro biglietti per un loro concerto.» dice prendendo un'agenda «Me li ha regalati un mio cliente che lavora per loro credo, o qualcosa del genere. Comunque, a me ne servono solo due. Se ti piacciono e vuoi andare a vederli posso darteli. Suonano per una raccolta fondi di beneficenza a New York...» dice porgendomi due biglietti.
Io arrossisco imbarazzato. Ora che le dico? Si, grazie mille, ci andiamo insieme magari? Oppure no, non posso accettare? O anche peggio, no, a me nemmeno piacciono!
«Oh... non li vuoi?» mi chiede poi sembrando quasi delusa.
Io scuoto la testa «N-no, è che... sapevo anche io del concerto, ma quel giorno ho degli impegni...» dico.
Fanculo, non so nemmeno perché non le dico semplicemente che non posso andare a vedere un loro concerto perché sono un membro della band e quella sera sarò impegnato a suonare sul palco.SAMIRA
Con un finto sorriso rimetto a posto i biglietti. E da una parte è meglio così. Se li avesse accettati, avrei inevitabilmente proposto di andare al concerto insieme, e sarebbe stata davvero la fine. Così sospiro. Magari non gli piacciono e basta. Oppure ha davvero altri impegni. O magari comunque ha pensato che volevo invitarlo con me e insomma, chi vuole andarsene in giro con una prostituta?
Inizio a sentirmi nauseata, come al solito quando realizzo chi sono. Una prostituta, punto.
E' ovvio che abbia rifiutato i miei biglietti. Cavolo, se è ovvio. Forse se fossi stata al suo posto li avrei rifiutati anche io.
Eppure mi piaceva pensare che lui sia davvero qui per me, e non per, per dirla alla Tina, svuotarsi le palle e basta.
Con fare pesante mi rimetto sul letto, di fronte a lui. Spenge la sigaretta stritolandola nel posacenere sul comodino accanto al letto, ed io lo osservo. E' carino. Dio, Tina mi ucciderà. Tina non dovrà mai saperlo. Sto passando una notte con un cliente per cento miseri dollari. Comincia quasi a venirmi l'ansia. Che diavolo sto facendo? Se faccio questa doppia vita c'è un motivo ben preciso, e di certo non è per incontrare ragazzi carini e gentili che ti fanno girare la testa. Proprio no. Ora però non posso certo mandarlo via. Proprio ora che sono stata io a chiedergli di restare.
Così penso che l'unica cosa da fare sia fare ciò che mi viene meglio. Fare il mio lavoro. C'è un attimo di silenzio, durante il quale lui mi guarda negli occhi, ed io mi perdo in quelle sfumature nocciola dei suoi. E' ridicolo, ma quello sguardo mi smuove il cuore. Cavolo, se è ridicolo.
E poi non lo so, allungo una mano verso la sua. Guardo le sue mani, e con l'indice comincio a tracciare il contorno di un suo tatuaggio. Una lettera. Ha scritto "Love" ed "Hate" sulle dita. Ha le unghie cortissime, e le mani rovinate e ferite in alcuni punti. Lui non dice niente e non reagisce, ed io continuo a perdermi nei disegni sulle sue mani, tracciando linee immaginarie su linee già esistenti.
E mentre sono sulla "A" tatuata sulla falange del dito medio della mano sinistra, le dita delle nostre mani si legano, e lui le intreccia alle mie stringendo un pò, ed io sento un brivido partire dalla punta delle mie dita per arrivare fin lungo la spina dorsale, che sembra quasi soffermarsi su ognuna delle trentatre vertebre man mano che scende sempre più giù.
Guardo le nostre mani, mentre sento il suo sguardo su di me. Poi sento il suo respiro farsi vicino, lo sento sulla scapola, poi sulla spalla, mentre le sue labbra si posano leggermente sulla mia pelle, e per me è tutto strano, e mi gira la testa.
Solitamente sono io ad approcciare gli uomini, a sdraiarli sul letto, a stuzzicarli e a stimolarli. Sono così chiusa in questa doppia vita che ormai tutto sembra venire in modo meccanico, con ogni cliente, con ogni uomo che entra in questa camera. Ora invece lui fa tutto da sé, mi bacia il collo mentre mi accarezza con la mano libera, ed io non ci capisco più nulla, perché io non vorrei davvero essere Juliet, ora. Vorrei essere me stessa ed abbandonare il mio ruolo, la mia maschera, ed abbandonarmi a lui. So che non posso farlo, e sento le labbra tremare e devo mordermi il labbro inferiore, perché vorrei davvero baciarlo, giocare con la sua lingua e con la mia, e provare finalmente qualcosa di vero. Di reale.
La sua mano sinistra continua ad essere stretta con la mia, ed io sono inerme di fronte alla cascata di emozioni che sto provando, che mi stanno scuotendo, che mi attraversano. Delicatamente, giuro che è la massima delicatezza che un cliente abbia mai usato con me, mi fa sdraiare sul letto, facendomi posare dolcemente la testa sul cuscino, e poi sale su di me.
E le nostre mani sono ancora legate tra loro, e con la sua mano libera mi carezza le braccia, le spalle, il petto e la pancia, e poi scende a slacciarmi i jeans.
Con due dita solleva il bordo dei miei slip, poi sembra incerto e titubante, mi guarda e sorride malizioso «Come ti chiami?» mi domanda. Non me lo aveva chiesto per tutto il tempo, fino ad ora, ed io torno sul pianeta terra, nella palazzina disastrata, in questo appartamento in affitto, su questo letto, sotto di lui.
«Non posso dirtelo...» dico mentre i suoi occhi mi penetrano, parlando sottovoce, mentre il cuore sta per esplodermi in petto e mi manca il respiro.
«Ti prego...» insiste sussurrandomi in un orecchio.
«Per favore, smettila di chiedermelo. Non posso dirtelo» dico io suonando rassegnata.
E intanto la magia e le emozioni si spengono, mentre il suo volto viene attraversato da un'espressione delusa, e le nostre mani si slacciano.
Odio questa situazione, mi manca l'aria e vorrei solo dirgli tutto, dirgli chi sono, perchè faccio questo lavoro, dirgli solamente la verità, e ricominciare da capo.
Senza dire nient'altro, lui si sposta da sopa il mio corpo e si sdraia al mio fianco fissando il soffitto «Scusa.» dice poi, mormorando.
Ed io vorrei quasi piangere. Giuro che ho un nodo alla gola. Mi detesto, detesto questa vita e detesto aver incontrato lui solo ora. Sarebbe stato tutto più semplice, tutto più bello, se non fosse che io sono una stupida prostituta e lui un semplice cliente.
Saremmo stati bellissimi, insieme. Perché i brividi e il mix di emozioni provate in quella manciata di minuti, non li avevo provati mai in una vita intera.
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What A Wonderful Caricature Of Intimacy - #Wattys2016
RomanceNon può essere solo una prostituta. Perché ci sono delle regole chiare e precise, ed io la guardo e voglio infrangere ognuna di quelle regole. Prima di tutto, è severamente vietato anche solo tentare di darle un bacio sulle labbra. Non posso baciarl...