II

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Aurora

Adoravo i giorni in cui mia madre mi portava a scuola, niente sveglia alle sei e mezzo, niente preoccupazioni sul riuscire a prendere il treno in tempo, sperare di non perdere la coincidenza e fare tutto di corsa.
Non faceva altro che aumentare l'ansia,  e io ero già parecchio ansiosa di mio!
Con la macchina era tutto più rilassante, anche la colazione potevo godermela di più e avevo più tempo.

Riuscii persino a farmi la doccia e scegliere i vestiti con calma, anche se la maggior parte delle volte gli sceglievo la sera prima, o avevo bene in mente cosa mettermi. In questo caso i jeans skinni neri, un top bianco e sopra un maglioncino azzurro, leggermente più lungo dietro.

Infilai le scarpe da ginnastica bianco, l'unico paio che avevo (escluso quelle per educazione fisica); preferivo le ballerine e gli stivaletti con il tacco. Ne avevo più di quanti se ne potesse desiderare. Molti dicevano che i tacchi erano scomodi, ma io li trovavo molto comodi, soprattutto quelli degli stivali, belli larghi e stabili.

Mi legai i capelli castano chiaro in una coda veloce, che sicuramente avrei slegato appena arrivata in classe, e scesi per bere te e biscotti.

Il campanello suonò alle sette e trenta e andai ad aprire, sapendo già chi mi sarei trovata davanti: Serena.

Alta, magra, pelle chiara, occhi verde e capelli rosso fragola. Testa alta, spalle dritte e uno sguardo capace di separare una folla. Aveva una sicurezza innata e alla gente veniva naturale seguirla, a volte provare ad essere come lei. Serena è una di quelle persone che lanciano le mode. Niente peli sulla lingua, sfacciata e definita stronza da parecchie persone, per invidia o perché si fermavano all'apparenza. Non che a volte si comportasse da stronza, ma non lo era. In lei c'era molto di più e questo la rendeva speciale. La mia migliore amica.
E con tutto quello che aveva passato era una delle persone più forti che avessi mai conosciuto.

- Bigi pigrona? - mi chiese sorridendomi e abbracciandomi, prima di entrare in casa.

- Mi accompagna mia madre - spiegai alzando gli occhi al cielo - sempre a pensare male! -

- Ovvio! - sorrise raggiante, posando la borsa sul divano e venendo con me in cucina, il passo delicato frutto di anni di danza classica e artistica, che avevamo fatto insieme. Solo che io non era uscita così aggraziata.... Ingiustizia! - Nico è pronto? Devo vedermi con Pietro prima dell'inizio delle lezioni, non voglio fare tardi - mi spiegò, senza farsi sentire da mia madre.
Ah, allora era Pietro, non Paolo... be', l'iniziale era quella. - Credo sia ancora al piano di sopra -
Serena si sedette e mi fregò un biscotto. - Dopo scuola usciamo? Non ho nulla da studiare, e nemmeno tu! -

- Ho storia dell'arte da studiare - replicai divertita. Tanto sapevo che non avrebbe ceduto e alla fine saremmo uscite.

- Per favore, se ti conosco sai già tutto l'argomento meglio del libro. Tu oggi pomeriggio esci con me, non c'è santo che tenga. E non credere che questo sabato ti lasci spiaggiata sul divano a guardare film di pessima qualità dal computer! - continuò convinta.

Sospirai facendole capire che tanto sapevo che mi avrebbe costretto, non provavo nemmeno a dissuaderla.

Era come cercare di avere un discorso intelligente con un muro. Impossibile.

Alla fine eravamo arrivate all'accordo di un sabato al mese per uscire in discoteca, e mai troppo tardi. Gli altri sabati facevamo dei piccoli pigiama party, magari invitando anche qualche altra amica. E in questa maniera riuscivo a tenere Serena lontana dai guai, dai ragazzi, e dalle punizioni che le dava la madre quando tornava a casa alle due di notte.

- Zia, mamma mi ha detto di dirti che per domani è tutto confermato. Devi passare da lei per le dieci e mezzo -

Mamma si voltò verso di noi. Anche se io e Serena non eravamo imparentate chiamavamo le rispettive madri " zie ". Mia mamma e la sua erano migliori amiche e ci hanno cresciuto insieme. Anche per me Noemi, la mamma di Lela, è come una zia.  - Ok, vado a mettermi le scarpe. Tu sei pronta? - chiese mamma.

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