IX

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Aurora

Lunedì era arrivato e passato senza nemmeno darmi il tempo di metabolizzarlo, e anche i giorni successivi.

Christian era venuto da me subito dopo la scuola anche il mercoledì e avevamo continuato il nostro edificio, curando ogni singolo particolare.

- Sei una maniaca del controllo, nanetta, lo sai? – esclamò Christian, passandomi la colla in modo che potessi mettere meglio il cornicione della finestra.

Gli feci la linguaccia, trattenendomi dal sorridere. Non era un tono cattivo, predicatorio e di insulto quello che aveva usato, ma più di scherzo.

Che ero una maniaca del controllo me lo avevano già detto tutti, e io rispondevo sempre con: - ho preso da mia madre -. Il che era vero.

Lei, forse, era anche peggio di me. Una volta ero entrata nel suo studio quando ero piccola e non c'era un granello di polvere fuoriposto.

Adoravo andare nello studio di mia madre, c'era un profumo dolce e libri di architettura che fin da piccola mi piaceva studiare, anzi, sfogliare.

Lo studio di papà era in ufficio, sostituito con un ampliamento della sala da pranzo e una piccola sala giochi in cui non ci entravo mai. C'era solo un televisore, un divano e dei jostick.

Era ottimo per vedere i film, ma mio fratello e mio padre erano stati chiari: era la loro tana da uomini e sia io che la mamma non potevamo entrarci.

La verità era che quando c'era Serena ci andavamo per giocare alla Wii, e in varie occasione Nico si era unito a noi, invece di rimproverarci per aver invaso il suo "spazio".

- Si, e voglio prendere il massimo –

Chris accennò un sorriso e si lasciò cadere sulla sedia, mettendosi le mani dietro la testa e fissandomi.

- Tu prendi sempre il massimo dei voti –

- Questo non è vero – replicai, ricordando svariate volte che non volevo stare ad elencare. Il livido che aveva sullo zigomo era praticamente sparito, ma non avevo ancora saputo come se lo era procurato, e non avevo intenzione di smettere di indagare.

Con lui, in una maniera che non riuscivo a spiegarmi, non mi sentivo tanto timida, come quando vedevo Lorenzo.

Il solo pensiero mi fece tremare le mani e anche Chris se ne accorse.

Mi afferrò i polsi. – Se tremi non riuscirai a fare il meglio –

Li sottrassi dalla sua presa, sentendo il sangue iniziare ad affluire alle guance e gli elefanti ballare il tip tap nella mia pancia.

Mi prese la colla e i mattoncini dalle mani e iniziò a farlo lui, senza degnarmi di uno sguardo.

Non mi chiese perché stessi tremando, anche se questa volta il suo tono era di leggero rimprovero. E io me ne stetti zitta.

Stetti lì a fissarlo, le labbra leggermente socchiuse e gli occhi fisse sulle sue mani da chirurgo.

In effetti poteva essere benissimo un chirurgo...

- Come mai hai scelto di fare il liceo artistico? – domandi improvvisamente, sperando di non distrarlo e fargli sbagliare.

In quel caso non sarei con chi me la sarei presa di più: con me per avergli fatto la domanda o con lui perché si era distratto.

Lo vidi cercare di trattenere un sorriso e prima che potesse dire qualcosa chiarii: - Non azzardarti a rispondere che non sono affari miei – anche se in effetti non erano affari miei.

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