La mia vita era sempre stata piuttosto tranquilla e ordinaria, come poteva esserlo per qualsiasi ragazza che vivesse in una cittadina come Gainesville. Distava solo un'ora da Atlanta, ma si poteva facilmente percepire e respirare la profonda diversità dalla capitale.
Vivevo in una piccola casa bifamiliare, insieme ai miei genitori e a mio fratello Josh. Benché avesse cinque anni in più di me, eravamo sempre andati molto d'accordo. Adoravo il suo modo di essere protettivo nei miei confronti, ma mai invadente: era come se stesse in disparte a guardare, pronto ad intervenire solo se strettamente necessario. Mi lasciava vivere la mia vita, i miei errori, mi faceva imparare da ciò che mi succedeva. "Devi farti la corazza" diceva, "troverai sempre qualcosa o qualcuno che ti farà soffrire, devi imparare a distinguere le persone che hai attorno e le situazioni da cui tenersi alla larga!". E così avevo imparato a superare i piccoli problemi che un'adolescente si trova ad affrontare, e quando ero in difficoltà cercavo sempre di risolvere tutto da sola, per renderlo fiero, per andare da lui solamente quando tutto era risolto, e dirgli sorridendo: "Hai visto? Ce l'ho fatta!". Credo che sia stato lui in fondo a rendermi un po' più forte, o meglio, a insegnarmi a nascondere le mie debolezze. Nonostante tutto però era sempre tacitamente al mio fianco, pronto ad aiutarmi, se mai ne avessi avuto realmente bisogno, e io me ne rendevo conto, era questo che mi dava la forza.
Fu quando stavo studiando per gli esami dell'ultimo anno di liceo che tutto cambiò. Erano le due di notte, ricordo ancora che stavo ripetendo in camera mia a voce alta, per quanto possibile - non volevo svegliare i miei genitori - il giorno prima dell'ultimo esame. L'indomani sarei stata libera finalmente, avrei vissuto l'estate più bella della mia vita: sarei andata in Europa con la mia migliore amica, Megan. Ci aspettava un mese all'insegna dell'avventura e della scoperta. Non ero mai uscita dal mio continente.
Stavo gesticolando tutta agitata con il libro di letteratura inglese sulle gambe, cercando di convincere il mio koala-peluche del fatto che Oscar Wilde fosse stato imprigionato per la sua omosessualità, quando sentii un urlo provenire dalla cucina, seguito da gemiti di pianto. Gettai il libro sul letto, facendo cadere Leo il koala e raggiunsi la cucina.
Mia madre era là, in vestaglia, inginocchiata a terra. Teneva entrambe le mani sulla bocca e piangeva, mentre mio padre cercava di abbracciarla, con uno sguardo impietrito, perso nel vuoto. Il telefono era a terra, ancora illuminato.
Quando si accorsero della mia presenza entrambi cambiarono la direzione del loro sguardo verso di me e in quel momento, dal modo in cui mi guardarono, capii.
Finalmente, dopo qualche minuto di silenzio - che mi sembrò durare una vita - mia madre parlò: «È... è successa una cosa orribile...», la voce rotta dai singhiozzi, «tuo... tuo fratello... Josh... Josh ha avuto un incidente... stavano tornando a casa in macchina e... un pazzo che li stava superando ha tagliato loro la strada e... la macchina è finita in un burrone e... e Josh, mio Dio, Josh... Josh è morto, Margo. Josh è morto. Hanno provato a rianimarlo ma è stato tutto inutile, l'ambulanza è arrivata troppo tardi. Ben e Chuck sono feriti, ma sono vivi, mentre Josh...» la voce le si smorzò sulle labbra.
Avevo smesso di ascoltarla dopo due parole. Avevo già capito.
Rimasi immobile, sul mio volto un'espressione impenetrabile. Mio padre si avvicinò e mi abbracciò, ma io non mi mossi di un centimetro. I miei pensieri erano come congelati, non riuscivo a parlare, né a reagire. Non piansi, nemmeno una lacrima mi rigò la guancia, rimasi solo in silenzio, in quella posizione. Non so nemmeno per quanto tempo.
//Ciao a tutti, ho deciso di provare a scrivere questa storia all'inizio per gioco, volevo mettermi alla prova. Il fatto è che è da quando ho iniziato l'università che non scrivo più nulla e devo dire che un po' mi manca. Non so come risulterà alla fine, so solo che ci sono molti miei aspetti personali in quello che leggerete. Avevo una trama in mente, ma mi accorgo che mentre scrivo continuo a cambiare idea e mi vengono in mente nuovi dettagli e personaggi che potrei inserire. Spero davvero che vi piaccia, non vi prometto un capolavoro perché non ne sarei mai in grado, ma ho notato che scrivere mi aiuta un sacco a sfogarmi e quindi ho deciso di provarci.
Grazie a tutti quelli che leggeranno e fatemi sapere cosa ne pensate.
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Ció che è necessario
RomanceMargo, una ragazza di 20 anni che vive in Georgia, si trasferisce a New York per frequentare la NYU. L'incontro con Caleb, un ragazzo strano, misterioso, introverso e sfrontato cambierà tutta la sua vita. Dapprima i due non riusciranno a capirsi, pe...