Margo
Le settimane successive si susseguirono in un'incessante atmosfera di ansia mista a silenziosa eccitazione. I miei genitori continuavano ad aggiungere voci alla lista "Cose da comprare per NY" appesa al frigo, come se a New York non avessi mai potuto trovare una coperta o un pigiama in più, tralasciando il fatto che sarei stata in un dormitorio, quindi molte delle cose che stavano comprando per me erano vagamente inutili. Provai a dirglielo tante di quelle volte che alla fine mi resi conto che non mi avrebbero dato ascolto in alcun caso e, sorridendo al pensiero che si sarebbero trovati con una casa piena di calzini, lenzuola, quantità industriali di dentifricio, shampoo e sapone - dal momento che non avevo la benché minima intenzione di mettere in valigia 30 flaconi di shampoo o 45 paia di calzini - rimasi a guardarli in quegli ancestrali preparativi che tanto li rendevano allegri e agitati. Sembravano aver trovato un nuovo punto di svago. Quando mia madre non era al lavoro, spesso mi trascinava per negozi a buoni prezzi cercando di convincermi a comprare una gonna, una maglietta, un paio di jeans nuovi. «Non ho bisogno di nulla, davvero mamma.», le dicevo esasperata dopo che mi obbligava a provare l'ennesimo vestito, ma lei sembrava non sentirmi, e mi scorrazzava nel negozio successivo.
Cercai di passare più tempo possibile con Adam durante le ultime settimane a Gainesville. Lui si comportava come se non fossi dovuta partire da lì a poche settimane, non parlavamo mai della mia partenza. Ogni tanto gli raccontavo del brio che aveva invaso casa mia, o meglio i miei genitori, e lui mi rispondeva con qualche frase indispettita, al che cercavo subito di cambiare argomento, vedendo che quello non lo aggradava molto.
Devo ammettere che anche io provavo una strana sensazione, forse nuova, che non avevo mai provato prima. In effetti era comprensibile, dopotutto avevo trascorso tutta la mia vita in quella casa, avevo percorso quelle strade centinaia di volte. Conoscevo il profumo inconfondibile di pane appena sfornato che inebriava la piazzetta antecedente il piccolo panificio della signora Clark, le urla dei bambini che si rincorrevano nel parco vicino al supermercato, l'atmosfera familiare e rilassata che si percepiva al pub il venerdì sera. A New York sarebbe stato tutto diverso.
Trascorsi quelle ultime settimane assaporando appieno la vita che mi aveva accompagnato per 20 anni, e che stavo per lasciare, passai molto tempo con i miei genitori, andai al cinema con Adam e iniziai a fare ordine in quel caos che era camera mia.
L'estate passò così in un'atmosfera di attesa mista a una piccola dose di impazienza. Ormai settembre si avvicinava.
Il venerdì prima della mia partenza - sarei partita il giovedì seguente - andai per l'ultima volta al lavoro. Arthur mi salutò con il suo solito sorriso allegro. «L'ultima giornata qui, eh? Tra qualche mese ripensando a questo bar ti farai una gran risata. Chissà come saranno i bar a New York! Di sicuro la gente non ci andrà vestita da meccanico o da idraulico» e rise di gusto. Arthur rideva sempre, per qualsiasi cosa, ecco perché era così bello averlo attorno: metteva il buon umore. Era un uomo sulla sessantina d'anni, basso e un po' paffuto, i capelli lo avevano abbandonato quasi del tutto ormai e questo era per lui sempre un buon argomento su cui scherzare. Aveva quel bar da anni, ricordavo di averlo sempre visto fin da quando ero bambina, e tutti in città lo conoscevano personalmente o quantomeno erano stati da lui almeno una volta. Ogni tanto sua moglie passava di là per prendere un caffè o per fare colazione. Entrava, salutava tutti con un gesto della mano e un sorriso, si avvicinava al marito e gli dava un bacio affettuoso sulla guancia. Poi si voltava verso di me e Brent - l'altro ragazzo che lavorava da Arthur's - e ci diceva con un finto tono di lamento: «Ormai per vederlo devo venire fino a qui. Se fosse per lui ci dormirebbe pure qua dentro», allora Arthur la abbracciava e rispondeva sorridendo: «Lo so che non puoi vivere senza di me, Mary. Ecco perché comunque ancora torno a casa per dormire», così Mary gli tirava un piccolo pugnetto sul torace e tutti scoppiavamo a ridere.
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Ció che è necessario
RomanceMargo, una ragazza di 20 anni che vive in Georgia, si trasferisce a New York per frequentare la NYU. L'incontro con Caleb, un ragazzo strano, misterioso, introverso e sfrontato cambierà tutta la sua vita. Dapprima i due non riusciranno a capirsi, pe...