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Caleb

«Hey amico, si può sapere che ti prende? Sei così assente ultimamente», Chase mi diede una gomitata, facendomi tornare alla realtà.

Eravamo seduti a un tavolino da Starbucks e stavo bevendo il mio caffè lentamente, era davvero bollente.

«Uhm? Che c'è?»

«Steph ti ha appena chiesto come ti pare Margo, sai, visto che prima a pranzo ci ha detto che frequentate anche un corso insieme. Andate d'accordo?»

«Sì beh era solo per assicurarmi che la trattassi bene» intervenne Steph in tono scherzoso, «non vorrei che ti comportassi da cafone come sempre»

Sorrisi in modo canzonatorio. «Non ti preoccupare, sono stato un vero angioletto.»

Non capivo cosa volessero tutti da me, neanche fossi il diavolo in persona.

Avevo raggiunto gli altri dopo lezione, credendo di trovare anche lei, invece non l'avevo vista, e da quel momento, con mio grande disappunto, mi ero estraniato da tutto ciò che mi circondava chiedendomi il motivo per il quale non fosse venuta assieme a noi.

Quella ragazza era davvero strana, non riuscivo a capirla e questo mi irritava un po' dal momento che ero sempre stato solito intuire i caratteri delle persone, mi piaceva osservare come si comportassero e talvolta riuscivo a captare buona parte degli stati d'animo o dei pensieri che facevano, mi bastava osservarne lo sguardo. Ma con lei non ci riuscivo. A volte mi sembrava di starle simpatico, altre che mi odiasse profondamente. Certo, la mia incapacità di interagire con la gente non aiutava ma il giorno prima, quando avevamo passato il pomeriggio assieme, mi ero sentito come non mi sentivo da tanto. Per una volta in compagnia di una ragazza non ero annoiato ma incuriosito. Aveva un modo tutto suo di pensare e di rispondermi, sembrava non le importasse come appariva agli occhi delle persone e questa cosa mi attirava molto. Ero abituato ad essere circondato da persone vanitose e piuttosto superficiali, escludendo la mia cerchia di amici e pochi altri. Quella ragazza era così autentica e fresca che stare insieme a lei anche solo guardando un film mi aveva fatto stare bene, mi sentivo leggero.

Come diavolo era possibile che mi succedesse una cosa del genere?

La conoscevo da troppo poco tempo per fare delle riflessioni di questo tipo. D'altra parte, sapevo anche che io ero pericoloso: ero tutto l'opposto di lei. Se Margo era così ingenua e vera, io ero scontroso e freddo ed era da tutta la vita che mascheravo i miei reali sentimenti. Avevo dannatamente paura che stando accanto a uno come me potesse perdere questa sua delicatezza che tanto la rendeva bella. Perché sì, era bella. Quando ero andato a prenderla in camera la sera prima non avevo potuto pensare ad altro. Mi ero incantato come un vero cretino a guardarla per qualche secondo. L'unica spiegazione a questi miei comportamenti da idiota era che stavo perdendo la ragione, probabilmente stavo impazzendo. La conoscevo da tre giorni, non era normale che pensassi certe cose.

La voce di Theo mi fece sobbalzare.

«Dov'è Margo, a proposito?»

«È rimasta al Campus» rispose Liz, «ha scritto a Steph che era stanca e che sarà per la prossima.»

Notai un'espressione vagamente delusa sul volto di Theo e la cosa mi diede leggermente fastidio.

«Cambiando discorso, cosa hai intenzione di fare per il tuo compleanno, Chase?» chiese Travis d'un tratto.

«Pensavo di fare una festa a casa mia il prossimo weekend, i miei sono fuori città e così sarebbe una scusa anche per lasciare un po' il Campus. Potrete fermarvi anche a dormire se vi va.»

Chase avrebbe compiuto gli anni il venerdì successivo. Anche l'anno precedente aveva organizzato una festa a casa sua, i suoi genitori non avevano assolutamente problemi economici e la loro casa era davvero enorme. Ricordo che da bambino andavo spesso da lui a giocare e rimanevo sempre sbalordito dalla quantità di giocattoli che possedeva. Nonostante questo era sempre stato un ragazzo umile e semplice, così come sua madre e suo padre, che mi trattavano come se fossi figlio loro.

«Sarà grandioso!» esclamò James.

Tutti noi annuimmo felici, pregustandoci l'arrivo di un'altra festa a casa Reyes.


La settimana successiva fu alquanto tranquilla. Le lezioni avevano ormai preso il via in maniera definitiva e i pomeriggi trascorrevano inesorabili tra biblioteche e aule studio per tentare di stare al passo con il programma.

Non avevo più avuto occasione di passare del tempo con Margo, ci vedevamo a pranzo e alla lezione che avevamo in comune, ma non mi era mai sembrata troppo disposta a intrattenere una conversazione in nessuna di quelle circostanze, il che - decisi - mi andava più che bene. Non avevo alcuna voglia né intenzione di arrovellarmi ulteriormente per pensare ad una ragazza.

Era un pomeriggio estremamente piovoso e come sempre ero in biblioteca intento a fare qualche esercizio che era stato affrontato a lezione quando le mie narici furono pervase da un profumo dolce, delicato ma soprattutto familiare. Mi voltai alla mia destra e notai che Margo si era seduta nel posto al mio fianco e stava estraendo dalla sua borsa il suo libro di Meccanica Analitica.

Alzò lo sguardo e lo incatenò al mio, sorridendo. «Hey, ciao Caleb» sussurrò sottovoce.

«Ciao, Ward.» risposi tornando a guardare il mio libro.

La sentii sbuffare. Con la coda dell'occhio la vidi alzare gli occhi al cielo e iniziare a svolgere un esercizio. Forse ero stato troppo antipatico, ma mi veniva spontaneo, era una sorta di protezione nei suoi confronti, nei confronti di tutti quanti.

«Fai anche tu Analitica? Anch'io sto facendo esercizi, potremmo farli assieme» proposi sforzandomi di mantenere un tono basso ma vagamente gentile.

Lei annuii e si avvicinò per controllare quale esercizio stessi svolgendo.

I suoi capelli mi sfiorarono il braccio e per qualche secondo mi persi a fissarla nella sua concentrazione.

«Ho qualcosa sulla faccia? Smettila di fissarmi sei inquietante, Caleb.»

Distolsi subito lo sguardo tentando di nascondere l'imbarazzo. «Me lo dicono in tanti» scrollai le spalle, «non è poi così male essere inquietanti.»

Mi guardò alzando un sopracciglio, «Se lo dici tu. Dai aspetta a continuare che raggiungo il punto dove sei arrivato tu.»

Passammo tre ore a svolgere quei dannati esercizi e dovetti notare che era davvero una ragazza sveglia e intelligente, dopotutto io ero al terzo anno e lei solo al secondo ma comunque era riuscita a risolvere tutto senza il mio aiuto e senza troppa incertezza.

Ogni tanto avevo notato che mi lanciava delle occhiate curiose, ma avevo fatto finta di nulla.

Quando finimmo di studiare si alzò e se ne andò salutandomi velocemente.

Era incredibile come mi facesse sentire imbranato quella ragazza. Era come se in sua compagnia fossi totalmente un'altra persona, non più Caleb lo sfacciato e sicuro di sé, ma un cretino che si perdeva a fissarla e a cercare di capirla.

Dovevo davvero darci un taglio, non potevo e non volevo assolutamente dipendere da nessuno, ma soprattutto non avevo alcuna intenzione di rovinare anche quella povera ragazza, speravo davvero che avrebbe sempre preservato quella stupenda ingenuità e purezza che tanto mi intrigavano.

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