1

42 0 0
                                    




Margo

Ero seduta in riva al lago, adoravo la sensazione di pace e silenzio che caratterizzava quel posto, soprattutto in un caldo pomeriggio di Luglio come quello. Quando avevo bisogno di riflettere andavo sempre là, prendevo le chiavi del motorino, salutavo mia madre con un bacio sulla guancia e raggiungevo quella roccia, la nostra roccia, all'ombra di un vecchio albero deforme. Quello era decisamente il mio posto preferito.

Era passato esattamente un anno da quella notte.

I giorni successivi alla morte di Josh erano stati dannatamente strani. Era come se vivessi in una bolla, che continuassi la mia vita per inerzia, senza pensare a nulla, né a quello che stessi facendo né a quello che stavano facendo gli altri. Avevo dato l'ultimo esame - non ricordo neanche se fosse stato difficile, l'avevo fatto e basta - ero tornata a casa e avevo preso il mio biglietto aereo e le ricerche sulle città che avrei visitato in Europa, li avevo messi in una busta di carta, l'avevo chiusa e vi avevo scritto sopra "Megan". Ero salita sul mio motorino ed ero andata a casa sua, ma non volevo entrare, non avevo voglia di vedere nessuno, né tantomeno di sentire Meg che mi implorava di ripensarci. No! Non avevo voglia di fare più niente. Non volevo viaggiare né passare il tempo con altre persone, volevo solo che il tempo tornasse indietro, ma sapevo che era l'unica cosa che nessuno avrebbe potuto darmi.

Tornai a casa e vidi che avevo due chiamate perse e tre messaggi sul cellulare. Sapevo di chi fossero.

Margo, ho saputo quello che è successo, mi ha chiamato tua madre questa mattina dall'ospedale! Perché non mi hai chiamato? Posso vederti? So che sarai distrutta ma magari può farti bene avere qualcuno vicino. Ti amo, lo sai.

Un altro ricevuto un'ora dopo:

Piccola ti prego dimmi qualcosa, voglio solo starti vicino.

E l'ultimo, arrivato qualche minuto prima che lo leggessi: 

Sto venendo da te, non puoi rimanere da sola.


Adam era un bravo ragazzo, lo sapevo ormai. Stavamo insieme da quasi un anno e mezzo e, nonostante fosse sempre stato un po' distratto quando si parlava di sentimenti o relazioni, sapevo che mi voleva bene. Ma in quel momento non avevo proprio voglia della sua presenza, volevo rimanere sola e non pensare, non parlare.

Presi il cellulare.

Sto bene. Scusa se non mi sono fatta sentire prima ma dovevo pensare all'esame. Ci vediamo in un altro momento, okay? Ti amo anch'io.

Premetti invio e mi sdraiai sul letto. Poi realizzai che probabilmente sarebbe venuto lo stesso, nonostante il mio messaggio, quindi andai in cucina, presi le chiavi del motorino, lasciai un biglietto sul tavolo "Sono al lago, sto bene." per non fare preoccupare i miei genitori nel caso fossero tornati, e uscii di casa.

Era stato proprio Josh a portarmici la prima volta, tanti anni prima quando ero ancora una bambina, mi aveva fatto vedere quella piccola roccia nascosta dai rami e io ne ero rimasta affascinata, non tanto perché fosse una roccia particolarmente bella - non lo era per niente - ma per la vista che offriva da quell'angolazione. Era come se la luce fosse più viva da quel punto, e il riflesso delle foglie del vecchio albero nell'acqua aveva dei colori che mi rapivano ogni volta.

Avevamo parlato molte volte là. Mi raccontava delle favole quando ero più piccola, poi, a poco a poco, era diventato il luogo delle confessioni, dei consigli, era il nostro piccolo rifugio. Tutto ciò che ci raccontavamo su quella roccia restava su quella roccia.

Quella mattina avevo ricevuto una lettera da New York. La stavo ancora stringendo tra le mani, rileggendola per la decima volta.


Gentile Signorina Margo Ward,

Ció che è necessarioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora