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Margo

Avevo un bisogno incredibile di fare una doccia e dormire un po', dopotutto quella notte sul treno non avevo dormito molto. Continuai a camminare, ripensando a quello strano ragazzo che mi aveva così tanto destabilizzata - in tutti i sensi - quando finalmente mi ritrovai di fronte alla stanza 326. Non ci credevo, l'avevo finalmente trovata. Inserii la chiave e la girai, facendo scattare la serratura. Entrai e, mentre mi aspettavo di trovare le mie nuove compagne, realizzai di essere da sola: la stanza era vuota. Notai comunque che c'erano dei bagagli, quindi le due ragazze sarebbero potute tornare da un momento all'altro. Mi diedi un'occhiata in giro. La stanza non era eccessivamente grande, ma comunque più grande di quanto mi aspettassi. Sulla sinistra, attaccato al muro c'era il primo letto, con una valigia ai suoi piedi, appoggiato alla parete di fronte alla porta, dove c'erano due finestre, stava un altro letto, sul quale era stato scaraventato in malo modo un enorme borsone, mentre sulla parete destra c'era l'ultimo e unico letto libero, dove appoggiai le mie cose. Dal modo in cui erano stati lasciati i bagagli e dall'ordine che regnava là dentro, pensai che nemmeno le mie compagne dovevano essere arrivate da molto. Tra i primi due letti, sulla sinistra, c'era poi una porta che portava in un piccolo bagno. Nella doccia vidi già posizionati un paio di flaconi di shampoo e doccia schiuma, mentre sul lavandino notai un bicchiere contenente due spazzolini e un dentifricio. Dietro la porta invece, appesi a dei chiodini, c'erano due accappatoi. Tornai nella stanza e vidi che tra i vari letti erano posizionati dei comodini e degli armadi, non troppo grandi, mentre nell'angolo destro in fondo alla camera era stata messa una scrivania con tanto di lampada e sedia girevole. Era organizzata in maniera un po' strana, pensai, ma tutto sommato mi piaceva quel modo un po' bizzarro di sistemare le cose. Dovevano essere state le mie due coinquiline ad aver allestito il tutto, dal momento che, da ciò che aveva detto la signora Philipps, erano state in quella stanza anche l'anno precedente. Chissà se erano state da sole o se avevano avuto un'altra compagna al posto mio.

Decisi che era davvero arrivato il momento di una bella doccia calda, così presi il necessario dalla valigia e mi catapultai in bagno. Ero davvero felice di essere arrivata sana e salva e di non essermi persa - o non troppo almeno -. Uscii dalla doccia e ricordai di aver promesso ai miei genitori che li avrei avvisati una volta sistemata, così presi il cellulare e inviai loro un messaggio, per rassicurarli. Aggiunsi che ci saremmo sentiti nei giorni successivi su Skype. Poi scrissi un messaggio anche ad Adam, simile a quello che avevo appena inviato ai miei.

Tornai in bagno, indossai un paio di jeans e una maglietta blu notte, appesi il mio accappatoio accanto agli altri due, quindi tentai di asciugare il più possibile i capelli con il phon che trovai nel mobiletto del bagno, pensando che alle altre non sarebbe dispiaciuto se l'avessi usato.

Infine, stremata dal lungo viaggio, mi sdraiai sul letto. Sentii le palpebre appesantirsi sempre di più, finché, con solo il rumore delle gocce di pioggia contro la finestra come sottofondo, mi addormentai.


Sentii inizialmente delle voci lontane, poi sempre più forti e vicine, finché aprii gli occhi di scatto. All'inizio non capii dove mi trovassi, ma appena mi guardai attorno realizzai di essere ancora nella mia camera. Le voci provenivano dal corridoio e appartenevano, apparentemente, a due ragazze.

Mi misi a sedere sul letto e diedi un'occhiata al cellulare: segnava le 6 p.m., il che significava che avevo dormito sì e no tre ore.

D'un tratto la porta si spalancò e due ragazze apparvero davanti ai miei occhi, ancora intente a parlare animatamente fra loro.

Una delle due aveva dei lunghi capelli biondi, due occhi di un verde smeraldo e una carnagione chiara ma non troppo, era alta e aveva un fisico magro ma formoso al punto giusto: era davvero una bella ragazza, anche se, almeno a primo impatto, non sembrava proprio un tipo vanitoso o pieno di sé come di solito erano le persone belle come lei. Indossava dei semplici jeans, una maglietta bianca e sopra ad essa una camicia blu che portava aperta. Parlava allegramente con la ragazza alla sua destra, anch'essa molto carina. A differenza dell'altra, quest'ultima aveva i capelli castani scuri, quasi neri, che le cadevano oltre le spalle, occhi scuri ed era un po' più bassa della prima ragazza, a occhio e croce doveva essere alta più o meno come me. Anche lei stava ridendo mentre rispondeva all'amica, sembravano molto affiatate, tanto che non si accorsero subito di me.

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