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Quando ero piccola avevo una vicina di casa molto anziana, si chiamava Mary Smith. Il marito le era morto pochi anni dopo il loro matrimonio e il figlio abitava in Europa e non veniva spesso a trovarla per via del lavoro, o almeno così diceva lui. Prendevo il tè tutti i pomeriggi con lei, e mi parlava dei viaggi che aveva fatto con suo marito e con il suo figlioletto Cal, mi raccontava della vita di quando era bambina e di tutto quello che combinava da adolescente. Aveva una memoria strabiliante, si ricordava tutta la sua infanzia, dall'età in cui è possibile ricordare. Mi diceva sempre che raccontare la aiutava a ricordare, e io le ho sempre creduto. Ma non era per le sue incredibili storie che andavo sempre a trovarle, bensì per il suo cagnolino Jack. Non mi ricordo di che razza era, ma aveva un pelo così morbido e soffice e passavo le ore ad accarezzarlo. La signora Mary non si lamentava mai di quanto pelo perdesse, ma se fosse stato per mia madre avrebbe cacciato fuori di casa Jack da tempo. La prima volta che lo vidi era piccolo come il cuscinetto di un divano e l'ultima volta era grande tre volte tanto. Fu amore a prima vista, ho amato i cani solo dopo aver conosciuto quello della signora Mary, prima mi facevano paura.
Ed è proprio un cagnolino che mi regalò Isabelle quel giorno.
-Dio, è... Te ne sei ricordata?- ero entusiasta, non riuscivo a smettere di ridere. Quasi quasi mi veniva da piangere.
-Come potrei non ricordarlo? Ogni giorno cercavi di convincere la mamma a comprartene uno; sfortunatamente non l'ha mai fatto, ma adesso è ora di cambiare. Ho parlato con la mamma e anche lei è d'accordo: adesso sei in grado di tenere un cagnolino.
Perché, prima non lo ero? Ero troppo felice per fare domande, ho sempre desiderato un animale domestico. Dopo il gatto che è scappato quando avevo quattro anni non ho più avuto nessun animaletto, mia madre temeva che sarebbero scappati come aveva fatto Melodie (il nome non l'avevo scelto io, io l'avrei chiamata Stella. Non sapevo perché ma quel nome mi piaceva per un gatto).
-Come si chiama?- chiesi a Isabelle.
-Non ha un nome, per adesso. Devi deciderlo tu.
-Cosa? Davvero? Cioè io... posso farlo?- di solito i cani che si prendono ai canili hanno già un nome. Aspettate... Ma lei non ha detto di averlo preso al canile! Dio, che stupida che sei Ashley! -Si, voglio dire, okay. È un maschio o una femmina?
-È un maschietto.- rispose mia madre, che entrò in camera all'improvviso. La porta era aperta, doveva aver ascoltato la conversazione da fuori.
-Mamma!- ero felice di vederla fuori dall'ospedale. Lei sorrise e dalla porta entrò un'altra persona: mio padre. -Papà! Quando sei tornato?
-Quando è tornata tua sorella, caramellina.- disse venendo mi in contro per abbracciarmi. Lui mi chiamava sempre con un nomignolo diverso. Zuccherino, miele, bambina mia, cioccolatino, tesoro...
-E perché nessuno mi ha detto nulla?- questa volta mi rivolsi a mia madre e a Isabelle.
-Volevano farti una sorpresa, cara.- rispose mio padre per loro. Ero davvero felice di vederlo.
-Beh, in questo caso, sarà meglio decidere il nome del cagnolino, non pensate?- esclamai.
-Va bene tesoro, ti ascoltiamo.- mia madre era quella più nervosa, lo si notava dalle mani tremolanti e dagli occhi lucidi e spalancati.
-Mmh... Penso che Max sia un bel nome. Voi che ne pensate?
-Io, in nome di sorella maggiore, dichiaro che questo cagnolino carino d'ora in poi porterà il nome di Max.- disse Isabelle in modo un tantino esagerato.
-Isabelle?
-Si?
-In che film dicevano questa frase?
-In nessuno, perché?
-Dai, lo sai, rubi le battute ai film emblematici e poi le pronunci nelle diverse situazioni in cui ti trovi. Non è una novità per noi.- mamma e papà mi guardarono e poi annuirono. Era sempre stato così, Izy guardava così tanti film che paragonava la vita normale a uno di essi. Però da quando se n'era andata non sapevo più se lo faceva ancora.
-Questa è cattiveria!- sbottò arrabbiata.
-Scherzavamo, biscottino.- intervenne papà salvando la situazione.
Seguì una risata da parte di tutta la famiglia, cosa che non succedeva da tempo, e mi mancava un momento del genere.

3:22 pm

Più tardi ritornai in camera mia. Isabelle dormiva, papà era fuori con mamma e io mi stavo annoiando. Avevo dormito abbastanza all'ospedale, di sonno non ne avevo nemmeno un po', e sarei dovuta essere pazza per uscire con i miei genitori, loro mi avrebbero trascinato nei negozi più disgustosi d'America, in questo caso, della Florida, e non avrei voluto rischiare. Così mi misi a leggere, finalmente iniziai Hunger Games, libro che desideravo sin dal mio primo giorno a Fort Pierce. Ma non feci in tempo a leggere un capitolo che mi squillò il telefono.
-Pronto?- dissi non guardando chi mi stesse chiamando.
-Ashley, sono Jackson.
-Oh, ehm, ciao Jackson. Cosa c'è?- in quel momento non avevo voglia di vederlo, nemmeno di sentirlo se era per questo.
-Si, beh, volevo sapere come stai. Sono venuto a trovarti in ospedale e mi hanno detto che ti hanno dimessa. Tutto bene?
-Si, sto bene. Grazie per averlo chiesto.
-Perfetto.- poi fece una pausa. -Senti, so che magari non puoi uscire ma... ti va di trovarci al parco dove ci siamo incontrati la prima volta fra venti minuti?- la prima volta? Non era mica in un bagno?
-Si, cioè, no. Jackson ascolta, io non voglio che tra noi ci siano problemi. Se vogliamo essere amici...- non feci in tempo a finire la frase che lui mi interruppe.
-Ma io intendevo andare al parco "come amici". Senti, io voglio conoscerti meglio. Le cose nuove, in questo caso le persone nuove, mi incuriosiscono, e finché non le conosco bene non posso decidere se mi piacciono o no. Dammi la possibilità di scoprire qualcosa di più su di te, per favore.- sembrava sincero, quindi confermai l'appuntamento.
Innanzitutto mi cambiai i vestiti, quelli che avevo puzzavano ancora di ospedale. Poi chiamai Lucy per farmi dire a che ora era la festa.
-Perché, ti hanno hi rilasciata dalla prigione?- quando parlavamo chiamava l'ospedale "prigione", non so per quale motivo. Annuii. -Oh grandioso. Vuoi che passo a prenderti adesso?
-No, guarda Lucy, grazie ma adesso ho da fare. Mi dispiace.
-Oh, okay. Allora vieni verso le sette.
-Alle sette? Non è presto per una festa?
-Ovvio che è presto. Ma tu sei la mia migliore amica e quindi vieni un po' prima.- giustamente...
-Okay allora a dopo.- attaccai e uscii di casa.
Camminando verso il parco è tutto diverso. La prima volta stavo correndo, e non mi accorsi di molti dettagli affascinanti che popolavano la città. Per esempio i disegni sui muri di alcuni edifici, oppure le forme di alcuni alberi, oppure anche gli outfit di certa gente. Era tutto così diverso dalla California. Immersa nei miei pensieri arrivai al parco in soli cinque minuti, e la prima cosa che vidi fu la sagoma di Jackson seduta su una panchina. Sorrisi istintivamente. Lo raggiunsi e gli coprii gli occhi con le mani.
-Chi sono?- dissi con il sorriso sempre sulle labbra.
-Uhm... fammi indovinare... Cameron Diaz?
-Magari!
Ridemmo entrambi. A casa avevo detto che non avevo voglia di vedere Jackson. In quel momento, però, sentivo che desideravo solo quello.

THE WAY YOU LOVE ME - #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora