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Questo capitolo sarà un po' più lungo degli altri perché sono molto ispirata in questi giorni. Mi scuso per il ritardo.
Jules


3:33 pm

-Come stai, Ash?- mi chiese Jackson, anche se a quella domanda avevo già risposto quando avevamo parlato al telefono mezz'ora prima.
-Te l'ho detto, sto bene. Certo che con tutti i farmaci che devo prendere e che di sicuro aumenteranno, oppure no, cioè potrebbero anche diminuire e io sarei...- non finii la frase nemmeno quella volta. Ma perché continua a interrompermi?!
-No, sul serio. Stai bene?- capii subito cosa voleva dire, intendeva moralmente, ma probabilmente sapeva già la risposta.
-No, non penso di stare bene. Cioè, vivo qui da nemmeno due settimane e già sono stata partecipe della metà delle situazioni che possono capitare durante l'adolescenza, direi quasi tutte esperienze brutte. Lo trovo strano, e poi in ospedale continuavo a sognare questo tizio che mi diceva delle strane cose e poi si suicidava e l'infermiera mi ha detto che un ragazzo di nome Lucas è venuto a trovarmi mentre ero più o meno in uno specie di coma e alla fine tutto è collegato con mio fratello e io non ce la faccio più, Jackson. Aiutami ti prego, non so se fidarmi di te o no, ma per favore tu puoi aiutarmi, so che puoi farlo. Sto diventando pazza.- poi piansi, in silenzio, ma piansi, e Jackson se ne accorse.
-Ehy, Ashley, ascoltami.- disse prendendomi la testa fra le mani. -Tu non sei pazza. Anzi, sei molto intelligente e sai ragionare con la tua testa, quindi magari quello che hai sognato era solo frutto della tua immaginazione, oppure era l'effetto dei farmaci. Stai tranquilla, io sono con te, ti aiuterò.
Poi mi strinse forte al petto, mi abbracciò come solo Lucas aveva saputo fare, con amore; ma non un amore qualsiasi: un amore condiviso tra fratelli. Vedevo Jackson come un fratello in quel momento, e forse fu quel pensiero a distrarmi. Ma non durò per molto, perché poi lui mi prese la mano e si alzò dalla panchina dove eravamo seduti, trascinandomi con lui.
-Dove diavolo vuoi andare?- chiesi. Ma lui non rispose, si limitò a farmi camminare mano nella mano con lui finché non arrivammo in una parte del parco che non avevo ancora esplorato. -Mi hai sentito, Jackson?
-Si, principessa, ti ho sentito.- mi chiamò "principessa", ma non in modo affettuoso, bensì ironico, quasi come in segno di disprezzo. Ma sicuramente era per via del fastidio che gli stavo dando continuando a fare domande, altrimenti non mi avrebbe nemmeno chiesto di incontrarci. -Ma non voglio risponderti.
Sbuffai. Odiavo le sorprese, perché non sapevo aspettare. Odiavo l'attesa, in sintesi.
-Eh dai, sono sicuro che ti piacerà.
Sicuro. Camminammo per dieci minuti all'interno del parco, finché non arrivammo vicino ad un cancello mezzo rotto, probabilmente era l'entrata di una grande villa. Jackson mi fece segno di seguirlo. Certo che ti seguo, se no dove potrei andare?, pensai. Scavalcò il cancello, che ormai era quasi del tutto a terra per tutta la fante che l'avrà spinto in basso, e mi aiutò a fare lo stesso. Nessuno parlò fino a quando arrivammo davanti all'entrata della villa. Per arrivarci ci sono voluti cinque minuti di camminata dentro il giardino enorme che la circondava.
-E adesso?- chiesi curiosa. Jackson disse di fare silenzio e io, stanca dei suoi silenzi, decisi di non seguirlo più.
-Perché ti fermi? Siamo quasi arrivati, Ash.- disse lui.
-Dimmi dove stiamo andando.
-Devo portarti sul retro del giardino. Quel posto è troppo lontano per le altre persone, lo conosciamo solo io e un mio amico, però è un posto magico.
Fantastico, vuol dire che ci sarà da camminare un po', pensai. Ma la strada non fu poi tanto lunga, chiacchierando con la sorella di Jackson, che lo chiamò per avere la conferma di qualcosa, il tempo era passato abbastanza veloce.
Avevamo parlato di molte cose, soprattutto sulla mia vita, di cui non sapeva nulla, non sapeva nemmeno della mia esistenza. Ma per essere venuto in ospedale così tante volte i suoi avrebbero dovuto sapere di me. A meno che abbia detto una bugia.
-Ashley?- disse Jackson.
-Si?
-Ora chiudi gli occhi. Dopo questo angolo saremo arrivati.
Oh, finalmente!, pensai. Mi misi le mani sugli occhi e lui cominciò a dirigermi verso il fatidico posto magico. Girato l'angolo ci fermammo, ma poco dopo capii che non era perché eravamo arrivati, ma perché c'era già qualcuno.
-Emily, ma che ci fai qui?- chiese Jackson. Emily? Mi tolsi le mani dagli occhi e vidi la mia amica, o chiunque lei fosse per me, stesa sul prato. Era favolosa, ma sicuramente si era vestita così per qualcuno. Infatti dai cespugli uscì un ragazzo che non avevo mai visto a scuola.
-Tyler?- Tyler? Allora è lui Tyler! Era dal mio primo giorno di scuola che ero curiosa di sapere chi fossero Tyler e Dylan, i due ragazzi che avevano chiamato e messaggiato Matt Stevenson nella sala lettura. Pensavo che Jackson fosse Tyler, ma poi scoprii che mi sbagliavo, di Dylan però non ho mai saputo nulla. -Posso parlarti un secondo, amico?- continuò Jackson. Tyler annuì e i due ragazzi sparirono dietro un muretto. Io ed Emily restammo sole, ma il silenzio non regnò per molto.
-Come stai adesso, Ashley?- mi domandò.
-Meglio, molto meglio, grazie per averlo chiesto.
-Sai, sono venuta a trovarti una o due volte in ospedale, più quella volta in cui litigai con Jackson, ma tu dormivi sempre. Spero te l'abbiano detto.
-In realtà no, non ne sapevo nulla.- trovavo strano che nessuno avesse detto ad Emily la vera ragione per cui ero all'ospedale, in caso contrario avrebbe accennato al suo bacio con Jackson.
-Mi dispiace tanto, Ash. Una volta ho pure portato America, ti ricordi di lei? Era al tavolo con me alla festa.- si, mi ricordo di lei, ma perché mai si è interessata a me se nemmeno ci conoscevamo? -Ha insistito perché la portassi, così l'ho fatto, spero non ti dispiaccia.
-No al contrario, mi fa piacere.
Non sapevo più cosa dirle, ma per fortuna i ragazzi tornarono in poco tempo, liberandomi dalla sensazione di immenso disagio che si era creata, vista dalla mia parte, tra me ed Emily.
-Bene Em, noi possiamo andare.- disse Tyler iniziando a raccogliere le sue cose.
-Ma come, di già?- sbuffò Emily alzandosi controvoglia. Poi si girò verso di me e Jackson e annuì. -Ma certo ho capito.
Non sapevo cosa avesse capito ma sicuramente aveva frainteso. Forse vedere Jackson con me, o comunque con un'altra ragazza, anche se eravamo solo amici, subito dopo che avevano litigato, non era il massimo della vita, e lo potevo capire. Speravo solo che non fosse arrabbiata con me. Non ci tenevo farmi dei nemici appena arrivata, e poi, sinceramente, odiavo avere dei nemici.
Quando se ne andarono, Jackson mi fece chiudere di nuovo gli occhi, aveva sbagliato angolo, o almeno così disse. Ciò voleva dire che dovevamo ancora camminare qualche metro prima di arrivare nel posto conosciuto solo da lui e da un suo amico che, presumibilmente, era Tyler.
-Bene, ora puoi aprire gli occhi.- acconsentì Jackson prendendomi le mani che mi impedivano di vedere. Mi ritrovai davanti un prato, pieno di fiori e piante di ogni genere, con un sacco di panchine. Le rose erano dappertutto e vicino a noi c'era un ruscello. Sembrava il posto che avevo sognato quando ero in ospedale, solo che il finale non è stato molto lieto.
-È stupendo!- esclamai. -Come hai fatto a trovarlo?
-Beh... Stavo scappando con un mio amico da un tizio per non mi ricordo quale motivo e ci siamo nascosti qui. Il tizio però si era fermato circa vicino alla villa. Era un tantino vecchio e grassottello, direi che si era stancato abbastanza. Però ne è valsa la pena, perché ogni volta che voglio stare da solo vengo qui e nessuno mi può disturbare.
-Credi che adesso che Emily è venuta a sapere di questo posto lo dirà alle sue amiche? Così non sarai più tanto solo.- Jackson scoppiò a ridere. Perché?
-Ma figurati! Quella non sa nemmeno arrivare al cinema, o a scuola, senza che l'accompagni il suo autista piuttosto che suo padre. Dubito che si ricordi la strada.
Sorrisi. Emily mi stava simpatica, ma era anche il motivo del mio litigio con Jackson, e sentirlo parlare così di lei... un po' mi rassicurava, ma un po' ci stavo male. Dopotutto non mi aveva fatto nulla, più o meno.

6:14 pm

Passammo il pomeriggio a parlare del più e del meno; di lui, di me, di sogni, di musica, cose a caso. Mi divertii un sacco con Jackson, non me lo sarei mai aspettato.
Mi chiese anche se facevo sport, nonostante avessimo già parlato di questo argomento in ospedale, quando mi disse che giocava a lacrosse.
-Facevo ginnastica, in California, adesso sono nella squadra delle cheerleader, Emily mi ha fatto fare il provino e sono passata.
-Complimenti! Abbiamo una nuova aspirante capo-cheerleader!- scherzò Jackson, ma l'ironia non era per me, c'era qualcosa sotto che mi faceva pensare ad uno specie di "insulto" al capo delle cheerleader, ovvero Emily.
A quel punto non potevo non chiedergli spiegazioni: -Senti, ma cosa è successo tra voi?
-Chi? Io ed Emily? Nulla, abbiamo solo litigato.- aveva capito subito a chi mi riferivo, e questa era la prova che qualcosa c'era tra loro, non so se era odio o era amore, ma qualcosa c'era.
-Non mentirmi, Jake.- ancora Jake? -So benissimo che c'è qualcosa che non mi stai dicendo.
Il silenzio regnò per qualche secondo, era in trappola, non poteva scappare, mi avrebbe detto tutto, era solo questione di tempo.
-Okay.- oh ecco.
-Bene, in pratica... ho detto ad Emily che sei stata male per il bacio che ci siamo dati, e che sei finita in ospedale per colpa mia, in un certo senso, e le ho detto di starmi lontana, almeno così avrei potuto conoscerti meglio senza che tu pensassi che io sono una persona cattiva. Lei ha accettato, ma non si era resa conto di stare andando incontro a qualcosa più grande di lei. Infatti, subito due giorni dopo abbiamo litigato perché non riusciva a fingere di non conoscermi, in fondo noi siamo amici, ma lei voleva di più. Io le ho detto di no, e quindi... beh poi c'è stata la scenata in ospedale che non era programmata, assolutamente. E oggi, dopo pochi giorni dal nostro litigio, vederla con Tyler... Avevo voglia di picchiare lui e urlare contro a lei.
-Si chiama gelosia. Si prova quando qualcuno possiede qualcosa che tu non hai, e che vuoi a tutti i costi. E tu l'hai provata oggi, magari non per la prima volta, ma di sicuro non ti eri mai sentito così tanto male.- quello che dissi fu vero, ma ci rimasi male. Non mi aspettavo che i suoi sentimenti per Emily fossero così forti, io... sinceramente pensavo l'avesse dimenticata.
Sentii una lacrima scendermi sulla guancia. Jackson se ne accorse e venne ad abbracciarmi.
-Hey, hey. Tranquilla. Non piangere.- continuava a dirmi, stringendomi forte, come mai nessuno aveva fatto. Nemmeno mio fratello. Forse è stato in quel preciso momento, tra tutti i pensieri contorti che fluttuavano tra noi, in quel giardino di rose molto familiare, che mi innamorai di lui.

THE WAY YOU LOVE ME - #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora