Fünf.

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*Consiglio di leggere il capitolo con sottofondo la canzone nei media.*

***

"La memoria è come il mare: 
può restituire brandelli di rottami a distanza di anni."

-Primo Levi.

2012, New York

Aprì gli occhi lentamente, fu la luce soffusa che traspirava dalle finestre a svegliarla.
Erano le sei di mattina e il quartiere iniziava a diventare rumoroso e caotico come sempre. Amelia si alzò a sedere, prese la solita pillola dal barattolino e la ingoiò senza aver bisogno di un sorso d'acqua.

Si preparò in fretta e corse via da quell'appartamento sudicio e sporco che chiamava casa.
Imprecò quando dopo i primi passi verso la metropolitana iniziò a piovere. Negli ultimi giorni non faceva altro che piovere.

Legò più stretto il cinturino del cappotto, si strinse la borsa tracolla al fianco e ringraziò di aver indossato le scarpe da ginnastica e non le inutilissime Converse.

Arrivò alla centrale con cinque minuti di ritardo. Passando inosservata, si sedette sulla sua sedia e accese il computer e gli altri apparecchi elettronici intorno a lei.

Iniziò a continuare il suo lavoro di ricerca e calcoli che aveva interrotto il giorno prima.

*

Dopo aver finito la scuola superiore, aveva preso una laurea triennale in fisica, riuscendo a laurearsi con i migliori voti. Aveva trovato lavoro come assistente in uno studio di ricerche a Londra, ma Amelia voleva andare via dalla Gran Bretagna, voleva dimenticare quella terra. Era riuscita a riprendersi perfettamente (e anche fin troppo velocemente) dalla sua depressione, non appena uscì dall'Ospedale Psichiatrico si rimboccò le maniche per recuperare i mesi di scuola persi, riuscendo a ritornare a cavallo con gli studi.

Dopo tante difficoltà e problemi, aveva finalmente reso i suoi genitori fieri di lei.

Due mesi dopo aver abbandonato il suo posto di lavoro si trasferì negli Stati Uniti, New York.
Fu difficile trovare lavoro, ma una sera in un pub, dopo varie settimane di ricerche e fallimenti, Amelia si stava concedendo un bicchierino di bourbon quando un uomo si sedette accanto a lei per scambiare quattro chiacchere.

«Che ci fai qui tutta sola?» Le aveva chiesto con un bel sorriso stampato sulle labbra. L'uomo era affascinante, ma Amelia non era una persona che si lasciava abbindolare facilmente.

«Potrei chiedere la stessa cosa a te.» Era di sicuro sulla soglia dei trenta o trentacinque anni.

«Io sto festeggiando.»

«Da solo? Mmh, abbastanza triste.» Commentò piano, prendendo un sorso.

L'uomo rise divertito, nella sua mente stava cercando di capire le origini della ragazza dal suo accento molto marcato. «Beh, meglio soli che male accompagnati, no?»

«Concordo pienamente.» Sperò che se ne andasse via, ma quello continuava a fissarla e Amelia desiderò di affogare negli ultimi sorsi di whiskey.

«Qualcosa mi dice che non sei felice.»

«Tu come fai a sapere se lo sono o no?» Lo guardò mentre posava il bicchiere rumorosamente, non fu una cosa voluta, la condensa le fece scivolare il vetro dalle dita.

«E' da quando sei entrata qui che non sorridi.»

«Forse non mi piace sorridere.»

«A chi non piace sorridere?»

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