Zehn.

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*Consiglio di leggere il capitolo con sottofondo la canzone nei media*

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"Il dolore che sento ora è la felicità che avevo prima. Questa è la storia."
- CS Lewis.

La sentì arrivare. Conosceva il rumore dei suoi passi, l'andatura leggera e un po' goffa. Affinando il suo udito, riuscì a sentire il suo respiro sempre più vicino, fino a quando non percepì la sua presenza all'interno di quella stanza. Adesso riusciva anche ad ascoltare le palpitazioni accelerate del suo cuore, così veloci e frenetiche che parevano vibrazioni che si disperdevano nell'aria, particelle che vibravano sulla pelle ghiacciata di Loki.

«Allora,» iniziò a parlare, mentre Amelia rabbrividì al suono di quella voce così vicina a lei, anche se un po' ovattata dalle pareti di vetro della cella. «pensi ancora che tutto questo sia un sogno?» Si voltò verso di lei, inchiodandole gli occhi in uno sguardo pieno di provocazione.

La rabbia, mista a un dolore acre e sconosciuto, la spinse inizialmente a ribattere a tono, ma dalle sue labbra schiuse in un'espressione offesa, uscì solo un «no.»

«Strano, dicesti così anche quella sera

L'irritazione che aveva tentato di reprimere, riemerse con ardore. Si avvicinò alla cella velocemente, fermandosi proprio davanti al vetro verdastro.

«Non sono qui per parlare di questo. Ti conviene non farmi arrabbiare, sei nelle mani dello S.H.I.E.L.D, adesso.» Nelle mie mani. Lo provocò ai suoi stessi toni di voce e lui ne rimase stranamente compiaciuto e divertito, sorprendendo Amelia.

«Oh, questo è quello che pensa l'uomo da un solo occhio.» Si avvicinò a lei fino a quando rimasero un metro e uno spesso vetro a dividerli. «Ma non tu. Sai che potrei uscire di qui in un batter d'occhio.»

«E allora perché non lo fai?» Sibilò a mascella contratta, con le braccia intrecciate e i pugni stretti si faceva forza per mantenere quel contatto di sguardi.

Sporse il busto in avanti, quasi sfiorando con la fronte il vetro. «Perché non lo voglio.» Sussurrò un po' troppo forte. Si allontanò e si sedette comodamente, proprio come se lui fosse l'unico fra tutti i passeggeri ad essere così felice di trovarsi su quell'Helicarrier.

Amelia ingoiò un fiotto di saliva. Tutta quell'ansia le dava la nausea. «Perché sei qui, allora?»

«Oh, non sono mica scemo, bambina del quadro.» Le fece male quando lui la chiamò in quel modo. Come se lei, per lui, non fosse stata altro che quello: "la bambina che attraversò il dipinto". «So che Fury ti ha mandata qui con l'incarico di farmi l'interrogatorio.»

Le ci volle un momento per articolare una risposta. «Perché non spegni le telecamere, allora?»

«Potresti farlo tu, che ne dici?» Amelia perse un battito. Sapeva a cosa si stava riferendo e lui non tardò a farne parola subito dopo: «Proprio come hai fatto ieri sera, con la mia testa.» Cadde un silenzio in cui lei distolse lo sguardo da lui, mentre Loki restava immobile e inespressivo, privo di quel sorrisetto di qualche momento prima, a studiare la sua reazione. «Cos'hai fatto in questi anni? Ti sei allenata senza di me?»

«Io non mi sono mai allenata con te, Loki.» Pronunciò il suo nome con tono sprezzante, infastidita. Gli diede le spalle, voltandosi. Nick Fury stava ascoltando quella conversazione e sicuramente anche il resto degli Avengers tramite tablet o apparecchi elettronici personali.

«Far lievitare oggetti, vaporizzare e congelare l'acqua, leggere nelle menti... queste erano le lezioni che ti piacevano di più, non ricordi?» Fece una pausa, in cui osservò con più attenzione le curve delle sue spalle alzarsi e abbassarsi con più foga. «Oppure in quel manicomio ti hanno resettato la memoria come fanno con i computer?»

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