*Consiglio di leggere il capitolo con sottofondo la canzone nei media.****
"I ricordi battono dentro di me come un secondo cuore."
- John Banville.
L'istinto le portò le braccia a proteggersi la testa al momento dell'impatto contro il pavimento. Si voltò verso lo specchio e si alzò in piedi. «Riportami indietro! NO! NO!» Prese a pugni il suo riflesso con tutta la forza che aveva nelle braccia, fino a quando il vetro non si crepò e si spezzò in mille pezzi.
Sangue colava dalle sue ferite alla moquette di quella sala abbandonata del museo.
Doveva correre. Doveva andare a casa e provare a ritornare dal dipinto, non aveva altra scelta. Doveva sapere di più. Doveva salvarli.
Corse via, verso l'uscita, incurante di tutti gli sguardi preoccupati rivolti verso la camicia della divisa piena di macchie scarlatte e dei richiami degli addetti alla sicurezza.
Non prese alcun mezzo di trasporto pubblico, continuò a correre fino a casa, rischiando più volte di essere investita, mentre i battiti cardiaci aumentavano insieme ai suoi pensieri e alle sue preoccupazioni.
La sua testa era affollata, ma ogni cosa si ricollegava a una singola domanda: "Perché lo ha fatto?" Non si sapeva spiegare il perché. Aveva notato giorni prima come fosse cambiato, ci aveva dato importanza fino a quando lui stesso si era seccato dei suoi tentativi di capire cosa fosse andato storto durante il suo periodo di assenza.
Fece un volo di circa due metri quando attraversò senza guardare, investendo una bicicletta. Altre ferite, l'asfalto le aveva sbucciato via la pelle, altro sangue. Ma non aveva il tempo di sentire dolore, o di scusarsi con il ciclista.
Non c'era tempo da perdere.Arrivò davanti alla porta di casa, ci vollero più secondi del dovuto per aprire la porta, la mano insanguinata e piena di frammenti di vetri era così tremante che fu un miracolo quando la chiave entrò nella serratura.
Chiuse la porta con un calcio, provocando un colpo così potente da far tremare i muri dell'ingresso. Dalla cucina arrivò la voce spaventata della madre, ma Amelia era già al piano di sopra.
Amaya salì le scale in fretta con un coltello da cucina ben affilato in mano. Trovò la figlia in ginocchio, con il quadro, quel maledetto quadro, a terra sotto di lei.
Il cuore da madre le si strinse in una morsa soffocante quando vide tutto quel sangue.
«AMELIA!» Urlò Amaya, ma quella non le prestava attenzione. Agitava il quadro, imprecava e poggiava le mani sulla tela, sporcando anche quella di sangue ancora fresco. Buttò il coltello a terra e prese la figlia dalle spalle, la spinse via con violenza e gettò il quadro giù dalle scale.
«NO!» Urlò Amelia con tutto il fiato presente nei suoi polmoni. Si precipitò alla ringhiera e con terrore constatò che il quadro si era spezzato in tre parti al momento dell'impatto, la tela colorata che raffigurava il bel paesaggio era strappata in vari punti.
«Cosa diamine sta succedendo?!» Non si era nemmeno accorta che suo padre era arrivato in casa dopo il turno di lavoro e aveva salito le scale, affiancando la moglie in preda al panico, spaventata fino al midollo delle ossa.
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Wahnsinn | Thor FanFiction
Fanfiction27th Court Road, Edimburgo, 1996. E' proprio qui che tutto ha inizio, è proprio in un freddo giorno d'inverno che Amelia Helbinger, una bambina timida e codarda, trova un passaggio segreto che la conduce in un mondo completamente diverso da quello...