Quel luogo era magico.
Certo, ero circondata da matti ma, d'altronde, facevo parte di loro.
Forse ero l'esatto opposto degli altri visto che lì dentro mi sentivo libera e tra le persone mi sentivo soffocare, un senso di oppressione che non auguro a nessuno, come se qualcosa non visibile all'occhio umano mi desse così poco ossigeno da poter resistere forse qualche minuto prima di non respirare affatto.
Dopo qualche settimana uscii, salutai tutti e promisi un ritorno ma come ospite (a meno che non abbia avuto prima del dovuto una crisi). L'aria era fredda, si gelava cazzo ed io avevo bisogno di una canna per alleviare l'impatto con il mondo reale. Arrivata a casa vidi quanto Sivar fosse incredibilmente cresciuto, cazzo se non ero lui un lupo non lo era nessuno; posso ammettere che in posizione eretta quel "cane" era alto come me e ciò mi fece sorridere, ero felice di rivedere il mio seguace selvaggio. Misi finalmente qualcosa di caldo, il mio pigiama blu in pile era la cosa migliore che mi fosse mai capitata, intendo proprio in tutta la vita, per me era prezioso.
Scesi ed uscii a fumarmi una canna, benedetta sia! Dopo mesi ne ho assaporato ogni tiro, il suo sapore era tendente al dolciastro ed io ero completamente fatta, mi mancava da morire quella sensazione di tranquillità e di pace che provavo ma, ovviamente, qualcuno avrebbe dovuto rovinarmela. "Fuori dalle palle Sullivan" Sivar rizzò le orecchie ed il ragazzo si fermò "Nervosetta per il tuo amore? Coppia dell'anno O'Connell!" "Cosa diamine stai dicendo?" rise e si avvicinò alla staccionata fino a fermarsi a mezzo metro da essa, più il ragazzo avanzava più Sivar si avvicinava a lui, ringhiando. "Beh, lo sanno tutti tranne te che sei l'amore della sua vita? È in coma, chiedi al tuo paparino che ogni giorno passa a scuola per portare qualcuno da lui, come Natasha" sorrise. Cristo santo, ci vuole tanto a lasciare qualcuno fumarsi una canna in pace?! Mi alzai in preda all'ira che infiammava tutto il mio corpo che fino qualche instante prima era gelido, urlai a Sivar di rientrare e mi avvicinai, credo di aver avuto delle fiamme negli occhi, lui rideva di me. Gli presi il colletto e lo tirai verso di me, avvicinai la mia bocca al suo orecchio "Non puoi sapere cosa sono capace di fare caro Logan, ti consiglio di stare attento e di guardarti le spalle prossimamente. Sono tornata e non avrò pietà per nessuno tanto meno per te". Quando mi allontanai sorrisi mentre vidi la paura nei suoi occhi, la sua pelle era fredda come il suo sguardo, freddo e pallido come un cadavere. Si voltò e se ne andò velocemente.
Rientrai. Il silenzio regnava ma io lo ruppi, di netto "Perché on mi hai detto nulla papà?" mi guardò quasi confuso facendomi posto sul divano dove io non mi sedetti "Non so di cosa tu stia parlando Sama" disse accennando una risata "Ok, riformulo la domanda" dissi nervosa a braccia incrociate camminando avanti e indietro di fronte la televisione per impedirne la visuale a mio padre, mi fermai esattamente davanti essa, parlando "Perché non mi hai detto che Ethan è in coma?!" alzai gradualmente il volume della voce spalancando gli occhi e scandendo bene le parole "Sei appena uscita dal centro psichiatrico e non volevo recarti altre preoccupazioni" "Cercherò di mantenere la calma chiedendoti gentilmente di andare immediatamente da lui" abbassò gli occhi "Quando possiamo andarci?" "Domani alle 9:30 del mattino" e me ne andai nella mia stanza, senza salutare e senza mangiare così, appena toccai il letto caddi in un sonno profondo.
Indossai dei pantaloni della tuta neri stretti alle caviglie ed una felpa larga ma calda, con sopra il giubbotto aperto, una sciarpa ed un cappello, un eschimese a Chicago. Non avevo mai visto la neve, in Italia nel paese dove vivevo non nevicava mai e quando la vidi me ne innamorai, sembrava così soffice. Arrivati all'ospedale dopo un tragitto di silenzio totale, mentre mio padre cercava dove parcheggiare l'auto io scesi ed entrai, chiesi immediatamente in che stanza si trovava Ethan e mi dissero il piano e la stanza dove trovarlo. Cercai un ascensore quando vidi la fila che attendeva l'apertura delle porte, come se fosse l'apertura di un negozio che mette tutta la merce a metà prezzo, così cercai le scale ed inizia a correre finché non arrivai davanti la sua stanza, bussai e mi aprì Boris, i miei occhi si riempirono di lacrime "Boris mi.." mi abbracciò, tenendomi stretta per qualche secondo "Lo so S, è così da qualche giorno dopo che te ne sei andata.." e quella frase mi fece sentire terribilmente in colpa, la mia testa si fece pesante, mi sedetti ai piedi del letto di Ethan "Lo sapevo, è tutta colpa mia" sentii la porta aprirsi "No tesoro, non lo è." mio padre mio aiutò ad alzarmi e scesi alla mensa a fare colazione prendendo una brioches alla crema ed una cioccolata calda. Uscii e cercando un posto appartato dove fumare una sigaretta trovai le scale antincendio dell'edificio di fronte a quello da cui ero appena uscita; esse portavano fino al tetto così le percorsi fino in cima. Mi posizionai su un muretto poco più alto del tetto, da cui vedevo benissimo la stanza di Ethan. Aprii il pacchetto di sigarette e vidi una sigaretta ed una canna, pensai che se Ethan si fosse svegliato avrei potuto fumarmi la canna con lui, così rinunciai ad essa per fumare la sigaretta, faceva molto freddo, cosi per ripararmi il più possibile mi misi per terra, sotto il piccolo muretto almeno per fumare.
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Pack Leader / / Ethan Cutkosky
FanfictionNon capirò mai quanto il genere maschile possa essere impulsivo in ogni gesto. Io sono una banale sedicenne Italo americana che dall'Italia torna in America in un sobborgo di Chicago e timida e troppo matura per la sua età. Lui invece è un ragazzo...