Dopo aver passato molto tempo insieme a me, aver sistemato ogni piccolo screzio ed essersi fatto perdonare per le sue cazzate passate, decise di tornare a casa da suo padre, per cercare di sistemare il rapporto sgretolante che aveva con lui.
Boris, suo padre, era rimasto molto deluso dalle sue azioni, da quanta sofferenza mi avesse provocato poiché lui ebbe un unico amore nella sua vita e non accennò neanche per sbaglio a tradirlo: l'amore verso la madre di Ethan.
Mentre presi le mie medicine per quella fottuta depressione bipolare, Sivar scorrazzava per il giardino ed io decisi di preparare il pranzo a mio padre. Non vedevo l'ora che tornasse, avrei avuto così tante cose da raccontargli, così tanto da dirgli e avrei voluto renderlo partecipe della mia vita ma non arrivò così presto. Attesi per ore prima di udire soltanto in lontananza Sivar abbaiare o correre verso il cancello.
Attesi ancora preoccupata, lo chiamai e lo chiamai ancora ma non rispose mai, sembrava che avesse il telefono spento.
Uscii a fumare una sigaretta e chiamai l'unica persona che potessi chiamare, mio fratello.
Composi il numero in velocità e chiamai, squillò e squillò e quando la speranza venne a mancare, finalmente rispose "Sorellina, qual buon vento!" Disse entusiasta "Non so dove sia papà, lo aspetto da stamattina ma non so dove sia" "Okay, salgo in auto e arrivo" mi rispose con affanno, come se fosse già in procinto di correre "Cam, da Orlando?" Chiesi con una risatina nervosa "Sto a Chicago ora, Jeremy ha una ragazza e stanno insieme ad Orlando, quando vado a trovare la mamma passo del tempo anche con lui e ci sentiamo spesso. Io sono venuto a vivere qui, così da starti più vicino. Ora salgo in auto, aspettami in giardino!" Disse chiudendo la chiamata, almeno avrei avuto lui a confortarmi.Attesi circa 30 minuti prima che arrivasse da me, sembrava scosso ed agitato e, aprendogli il cancello, lo invitai a fumarsi una sigaretta in veranda. "So dove si trovi Rob, ho chiamato l'ospedale." Mi disse accendendo una sigaretta "COSA?! DI CHE OSPEDALE PARLI?!" Chiesi in preda al panico "ad Orlando, nostra madre è sotto osservazione, non sta molto bene e lui è corso da lei" ci rimasi male a quelle parole, non mi aveva lasciato nemmeno un bigliettino per comunicarmelo. "Starò qui con te per un paio di giorni e per questo mi sono portato un po' di vestiti e le mie cose insomma" Disse ridendo, ancora impacciato per avermi ritrovata "Potremmo uscire, magari con Ethan e andare da qualche parte, magari fare qualche gita!" Mi disse entusiasta, pieno d'energia ed euforico "Cam, va tutto bene?" Chiesi alzandomi, seguendolo dentro casa "Alla grande!" Rispose lasciando la valigia semivuota in soggiorno "Potremmo mangiare in qualche ristorante costoso in centro città o fare shopping sfrenato!" Continuò, sfornando un'idea dietro l'altra "Cameron, le medicine?" chiesi preoccupata dalla tanta adrenalina che scorreva in lui "A che servono? Sto benissimo così!" Disse lui, prendendo una birra dal frigo ed iniziando a sorseggiarla. "Cameron, che ne dici se andiamo all'Alibi a bere qualcosa e a parlare un po'?" Proposi, pensandola come un'uscita tranquilla, magari si sarebbe calmato.
Così, ci dirigemmo a piedi verso l'Alibi, quando entrammo e sembrò che Cameron vide tutti coloro che sembrò conoscere da anni. "Shanola, Stewe! Cazzo quanti anni che non vi vedo!" Disse attraversando il bancone del bar e andando ad abbracciarli "Oh merda Shana, hai visto quanto è cresciuto questa carota?" Chiese l'uomo muscoloso alla sua compagna di colore "Siamo troppo contenti di vederti e lei chi sarebbe?" Chiese la donna quasi disgustata, volgendo lo sguardo verso di me. "Lei è mia sorella, Samantha O' Connell." Disse presentandomi come se fossi una principessa "LEI È LA FIGLIA DI ROB?!" Disse in coro la coppia di baristi "Tesoro, sei la benvenuta qui! Non c'è nessuno che riesca ad odiare tuo padre da queste parti" Disse la donna esuberante "Nessuno osa mancare di rispetto a Oc!" Udii dal fondo del bar e da quel momento iniziai a pensare al perché mio padre stesse accanto a mia madre, dopo tutto quel tempo. Mi misi davanti al bancone a sorseggiare una Coca Cola e a fumare una sigaretta, i rumori si fecero distanti ed i miei pensieri sembrarono implodere dentro la mia testa, forse infondo non era emersa tutta la verità.
Presa dai miei pensieri, ancora persa nel mio mondo ovattato, vidi la gioia di mio fratello nel parlare con una coppia di vecchi amici, finché non fu necessario chiedergli risposte a domande ancora sospese.
"Scusate ragazzi, posso rubarvi il rosso per qualche minuto?" Dissi prendendolo sottobraccio ed indirizzandomi ad un tavolo "Ti prendo una birra, tu aspettami qua!" Dissi felice e sorridente, un sorriso pressoché preoccupato piuttosto che gioioso.Tornai poco dopo al tavolo con una birra ed una Coca Cola. "Dovrei chiederti altre cose su mamma e papà." Dissi quasi triste ma lui non sembrava considerarmi "Vuoi rattristarti in un'occasione così bella? Ne parliamo in un altro momento!" Disse tentando di alzarsi "Devo sapere adesso la verità" Dissi ribattendo, come se tra tutte quelle voci lontane e confuse, la mia, nitida e vicina, fosse più distante delle altre "Andiamo a chiacchierare d'altro dai" mi incoraggiò alzandosi e mi alzai anch'io, incrociando il suo sguardo "CAMERON MONAGHAN ORA TU PIANTI IL TUO CULO SU QUELLA PANCA E FINCHÉ NON AVRAI RISPOSTO ALLE MIE CAZZO DI DOMANDE NON TI ALZERAI, CHIARO?!" Dissi alzando considerevolmente il volume della voce, ammutolendo tutti e facendolo sedere nuovamente sulla panca parallela alla mia.
Lentamente il frastuono tornò a farsi sentire ed io inizia a chiedere, dando una piccola premessa di quanto fosse facile sapere la verità e nasconderla piuttosto che non saperla, restando nel dubbio.
"Mamma e papà stanno di nuovo insieme?" Chiesi con una morsa allo stomaco "Lui è l'unico che le resta. Io me ne sono andato ed ora è da sola e, probabilmente Rob rimarrà ancora qualche giorno da lei, potresti provare a lasciargli un messaggio in segreteria, magari aveva paura che ti infuriassi con lui.." mi disse sconsolato e sembrò tornare con i piedi per terra per quei pochi minuti "Potresti chiamarlo tu per me? Io non sono arrabbiata con lui, avrebbe soltanto potuto avvisarmi.." gli risposi abbassando lo sguardo "Chiamalo dal mio telefono" disse porgendomelo e così, composi il numero ed uscii dal locale.
Dopo qualche squillò rispose "Pronto, Cameron? Come sta la mia bambina?" Disse tutto d'un fiato, io non riuscivo a parlare, ero bloccata e avevo paura, avevo il terrore che se avessi fiatato avrebbe chiuso la chiamata, non tornando più a casa. "Pronto? Cameron ci sei? Come sta la mia piccola? Ha risolto con Ethan?" Continuò a chiedere come se fossi Io quella fuggita da casa.
Presi coraggio, non avrei permesso che riattaccasse "Ciao papà" Dissi timidamente "Non riattaccare. Volevo soltanto dirti che sto prendendo le medicine e che mi sono preoccupata molto, avresti potuto lasciarmi almeno un bigliettino. Cameron mi ha spiegato tutto e sappi che ti aspetto, tu stai bene? E quando torni?" Chiesi curiosa e preoccupata "Amore della mia vita, sono così fiero di te, tu nemmeno puoi immaginare quanto!" Disse con voce strozzata, stava palesemente piangendo "Io sto bene, purtroppo però temo che questa lontananza durerà ancora a lungo" Rispose dispiaciuto.
COSA DIAVOLO STAVA ACCADENDO?!
"Papà cosa significa? Papà! Papà rispondimi! Non ti sento più! Papà" "Ti voglio tanto bene piccola, avrai presto mie notizie" concluse, chiudendo la chiamata mentre il mio cuore si frantumò.
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Pack Leader / / Ethan Cutkosky
FanfictionNon capirò mai quanto il genere maschile possa essere impulsivo in ogni gesto. Io sono una banale sedicenne Italo americana che dall'Italia torna in America in un sobborgo di Chicago e timida e troppo matura per la sua età. Lui invece è un ragazzo...