Chapter twenty-five

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Damon's point of view

Nascondevo la mia frustrazione dietro alle risate, finendo così per sembrare un idiota.
Odiavo questa parte del mio carattere, ma non ci potevo fare niente, era il mio modo per allentare la tensione.

Si, perché quella stupida ragazzina mi agitava, mi inquietava in un modo strano, sicuramente non positivo.
Quando era nei paraggi mostravo il lato peggiore di me, ed ero sicuro che la colpa fosse sua.

Nonostante le avessi sorriso alla gara, mi rodeva il fegato di essermi fatto fregare così da lei.

"Damon! Ehi amico!"
Una voce inizialmente lontana ma familiare mi riscosse dai pensieri.

Ma a che diavolo pensavo?
Stupida Katherine.

"Cosa vuoi Luke?" Sospirai rumorosamente.
"Facciamo una scommessa, cosa ne dici?" Parlava velocemente,  a stento teneva il mio passo, stavo ritornando in casa, dopo l'allenamento.

"Non rimarrai cosi disinteressato quando scoprirai chi riguarda."
Aggiunse inarcando un sopracciglio, ma senza ottenere alcun cenno di interesse da parte mia.

Non fiatai, solo il suo sguardo manipolatore mi faceva ribrezzo.

Lo lasciai comunque parlare, perché ero una persona educata, finché si rimaneva nei limiti della decenza,certo.

"Beh, la piccola Katy è un bocconcino niente male..." rimase vago, ma mi stava già irritando.

Tesi la mascella,nessuno la chiamava così.

"70 dollari a chi per primo se la porta a..."

Quando capii dove voleva arrivare col suo discorso brutale e totalmente privo di un briciolo di dignità e, scoppiai.

"Come cazzo ti permetti?!" Lo presi per la giacca e lo sbattei su un muretto di cemento.

"Ohoo, qualcuno qui tiene ad una ragazza! Ma un cuore ce l'hai quindi!"
si dipinse quel ghigno da spavaldo in faccia, ma sapevo che aveva paura.

"Scommetto che è una ragazza più facile di quello che sembra, fa solo la preziosa"
Rise amaramente mentre io gli sferrai il primo di una lunga serie di pugni.

Brutta faccia da cazzo, gli stavo solo facendo un favore a spaccargliela.

Solo quando a forza mi trascinarono via da lui, mi accorsi del casino che avevo fatto.

Furbo il ragazzo, sapeva che ero estremamente impulsivo e alla fine, per quanto potessi avere ragione, lui passava sempre  come la povera vittima, l'agnello sacrificale e io per il carnefice.

Odiavo quella situazione di perenne sfiducia nei miei confronti, quasi paura a volte, che quasi tutti nutrivano per me.

Ora un folto gruppetto di ragazzi mi aveva accerchiato, guardandomi male.

Ma al diavolo la gente, al diavolo tutti!

Mi feci largo tra la folla, non che ci volesse molto: quando passavo la gente si affrettava a spostarsi, manco avessi qualche forma estrema di lebbra.

Ero una persona molto fredda e solitaria, ma ultimamente soffrivo molto per la mancanza di un qualsiasi cosa che mi facesse sentire meglio di quello schifo.

Katherine's point of view 

Poco prima di rientrare in casa avevo sentito delle urla, ma non ci avevo prestato molta attenzione, forse erano dovute a uno stupido scherzo di qualche ragazzo.

Invece cercai Mar, volevo chiederle se aveva qualcosa da fare per il pomeriggio, magari una passeggiata.

Se fossi stata ancora un minuto in quella casa,  sarei impazzita, e poi non volevo più vedere quel coso.

La trovai nella sua camera, intenta a leggere.
"Ehi Kate"
"Ehi Mar"
Mi buttai sul letto, facendo volare il libro per terra, poi scoppiai a ridere per la sua faccia sconvolta

"Cos'è tutta questa confidenza?" Esclamò, sporgendosi per recuperare il libro dal pavimento ma io, da brava amica qual ero, la spinsi giù dal letto.

Quando sentii il tonfo, ormai stavo già piangendo dalle risate, ma poco dopo mi trascinò anche lei sul pavimento,  ridendo.

"Hai finito?!" Mi aggredì, anche se non riusciva a rimanere seria.

"In verità volevo dire  una boccata d'aria. Non ce la faccio più a stare qua, soprattutto perché poi mi metto a pensare  e..."

"Okay okay" alzò le mani in segno di resa
"Mi arrendo"

E così uscimmo dal cancello principale, inoltrandoci nel bosco.

Discutemmo di varie questioni, tutte superflue, parlammo del più e del meno, ma, dalle occhiate che mi rivolgeva sapevo che  voleva sviare la conversazione altrove.

Sarebbe stato un bene parlarne con qualcuno, questo lo sapevo, tuttavia ero restia a fidarmi della gente.

Ma lei era Mar, non avrebbe mai detto niente a nessuno.

"Non fare la finta tonta e raccontami di voi due" disse all'improvviso, come se mi avesse letto nel pensiero.
In effetti lei leggeva nel pensiero.
Dio. Che stupida.

"Non farlo mai più" la ammonii.

"È contro la mia natura, ma ci proverò" mi accontentò, facendomi poi segno di continuare.

"Io non lo so... è strano."

"Tutto qui?!" Esclamò delusa.

"Pochi giorni fa ci siamo divertiti un mondo, a cacciare. Poi lui mi ha quasi baciato solo che io..."

"LUI COSA?"

Arrossii, nasondendomi la faccia tra le mani.

"Poi però è cambiato tutto, l'ho accusato di essere un codardo,  non ci rivolgiamo più la parola e insomma, fine."

Rimase in silenzio per qualche secondo.

"Che bella storia eh?" Aggiunsi, per allentare la tensione.

"Non cercare di sminuire tutto, lui è un tipo complicato"

Come se non l'avessi già capito, pensai.

"Ha dei segreti che gli pesano sulla coscienza,di questo ne sono sicura.
Jo l'ha accolto per pura compassione,credo."

La guardai con aria interrogativa.

"Ehi, io non so più di così! Ho provato a indovinare cosa gli frulla in testa  ma è come se avesse una barriera che non riesco a sfondare.
Non mi era mai capitato con nessuno."

Scese il silenzio e decisi di cambiare argomento.
Damon era un vicolo cieco.

Un'ora dopo erano le due del pomeriggio e così tornammo a casa per pranzare.

La cucina era deserta e anche la sala.

Dove erano finiti tutti?

 

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