Non è un addio

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I giorni passarono velocemente, diventammo delle pazze stressate per gli esami e alla fine fummo tutti maturati. Quello che mi fece più piacere era aver preso 14 nella seconda prova. Ero felice di potergli sentire dire che era orgoglioso di me.

Festeggiammo la fine del liceo nella casa in campagna di Cesare. Casa mia era più grande, però, dato che sarebbero state invitate anche persone al di fuori della classe, non mi andava di avere sconosciuti per casa.

In fondo la casa sarebbe servita per tenere le cose in frigo e riscaldare il cibo. Saremmo stati tutti fuori seduti nei tavolini di plastica. Da mangiare c'era un po' di tutto: insalata di riso, bruschette, salsiccia, sottocosto, gelato, marshmallows. Da bere c'era principalmente birra, poco o niente bevande non alcoliche.

In mattinata aiutai a cercare la legna per il falò dove abbrustolire i marshmallows, dopo pranzo con Paola improvvisammo un duetto al karaoke. Giocammo al gioco dei mimi, a Taboo, al tiro alla fune e alla corsa coi sacchi. Fino a quando il livello di alcol nelle vene non fu troppo alto, la giornata trascorse tranquilla. Parlai pochissimo con Coco. A dire il vero, parlai pochissimo con Coco dalla sera che mi venne incontro semi ubriaco. Anche agli esami parlammo pochissimo e i nostri argomenti verterono esclusivamente sulla matematica. Mi aveva mandato solo un sms per complimentarsi della mia prova di matematica.

A metà pomeriggio rimanemmo meravigliati del professore Lombardi che si mise a suonare la chitarra e la Salanicco ci venne a fare un saluto insieme al figlioletto.

Quando l'alcol iniziò a annebbiare molte menti e certe persone iniziarono a non avere più pudori, la maggior parte dei professori andò via.

Lui no. Era seduto sul divano e parlava con una ragazza che non faceva parte della classe. Una bionda. Ok, gli piacevano le bionde. Tra il disgusto e il dispiacere presi la quinta bottiglia di birra della giornata e andai a cercare Paola. La trovai distesa nel divano di un'altra stanza. Non era ubriaca ma neppure troppo lucida.

«Ti va di fare una passeggiata nel boschetto?» Le chiesi.

Lei si voltò verso di me. «No, non mi sento benissimo in questo momento, ti raggiungo dopo».

«Ok».

Andai fuori e inspirai l'aria che cominciava a riempirsi di umidità. C'era ancora luce. Stavo per inoltrarmi in un boschetto, ma era recintato e non troppo grande. Non c'era alcun pericolo. Per una maggiore sicurezza presi il cellulare e notai che avevo campo, ok ero piuttosto lucida.

Passo dopo passo- l'alcol non mi aveva annebbiato il cervello ma mi aveva rammollito le ginocchia- mi misi a camminare nel bosco.

Non so per quanto tempo camminai, mi misi a guardare le ombre degli alberi calare e scomparire, stava per fare buio e decisi era meglio tornare dagli altri.

Mi appoggiai per un attimo ad un albero, scolai l'ultimo sorso di birra e chiusi gli occhi.

«Può essere pericoloso girare la sera tardi».

Avrei riconosciuto quella voce tra mille altre. Aprii gli occhi e lui era proprio di fronte a me.

«Sì, magari incontro un ubriaco che sta per provarci e poi non mi considera più per settimane» sbottai io.

Lui sollevò le sopracciglia rimanendo in silenzio.

«Non mi dire che non ricordi, non ci credo» dissi io vedendo che non aveva intenzione di parlare.

«Ti chiedo scusa Alice...non so che mi sia preso quella sera». Io sbuffai. «Ti assicuro che non è il comportamento di quella sera che mi ha dato fastidio, ma quello che hai avuto in seguito».

Limiti matematici e d'amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora