Senza tabù

1K 46 11
                                    


Ora

«Uhh...aria di cambiamenti, ci sono quattro ragazzi nuovi» aveva detto Luisa, la mia collega, entrando nel pub subito dopo di me e vedendo il gruppo di uomini che comprendeva il prof.

Per la filosofia di Lara, l'altra mia collega, in sei eravamo troppe ed avremmo spaventato qualsiasi possibile avventore, così ci eravamo divise in due gruppi di tre e ora stiamo aspettando il cameriere.

Il professore, appoggiato al bancone, mi viene quasi di fronte però non mi ha ancora visto.

Ho due opzioni: andare da lui, ma non sono così audace, o aspettare che Luisa beva un poco e con la sua risata attiri l'attenzione.
Mi riconoscerà? Più precisamente: si ricorderà di me?

Ho fatto allungare i capelli, per il resto nessun cambiamento. Ah, sì, adesso porto i tacchi di dodici centimetri senza problemi.
Chissà se mi ha pensato pure lui in questi anni.
Arriva il cameriere per prendere le ordinazioni e ci porta frattanto degli stuzzichini. Salatini, patatine, pizzette mignon. Mentre addendo un mini arancino mi sento osservata. Non c'è bisogno di domandarmi chi mi stia guardando. Lo posso percepire.

È come se io fossi un magnete e lui una calamita. Alzo lo sguardo e lui mi sorride. Mi ha riconosciuta.
Ho ventitré anni, ho avuto il ragazzo fisso per due anni e per altri due ho avuto qualche storiella. Non è che si può dire che non sia abituata ad avere le attenzioni di un uomo. Ma essere guardata da lui in questo modo mi fa scombussolare dentro. Mi fa sentire speciale. Ci sono decine di donne dentro questo locale e l'attenzione di molte di loro è rivolta a lui. Ma lui sta guardando me, sta sorridendo a me.
Dimenticavo: è da due mesi che dico alle mie colleghe, amiche, coinquiline, che per ora ho smesso di uscire con gli uomini, perché voglio dedicarmi completamente ai colloqui di lavoro.

Luisa si sistema la maglia ad altezza del seno.

«È proprio un peccato che non sei interessata agli uomini in questo periodo. C'è uno degli uomini del gruppo nuovo che ti sta guardando». Mi sorride maliziosa.

«No!» esclamo alzando un po' il volume della voce.

Poi mi calmo. «Volevo dire, oggi credo che farò uno strappo alla regola». Le mie colleghe ridono, sento vari commenti come "furba la ragazza".

«Però, il patto è che devi essere tu ad andare da lui» mi dice Luisa.

«Che patto?» domando.

«Il patto che te lo lasciamo dopo che sono mesi che dici che non vuoi ragazzi, altrimenti vado e ci provo io».

Mi alzo di botto. Ok. Ci posso riuscire. No, non posso perché non l'ho mai fatto, non sono mai andata ad attraccare un ragazzo, ho sempre aspettato da loro la prima mossa. Anche se c'è da dire che ora non stavo andando né ad attraccare, forse, né era un perfetto sconosciuto.

Nonostante tutto sono convinta che arriverò lì, mi metterò a balbettare un poco, mi farò prendere per stupida e tornerò a sedermi. Fortunatamente lui mi viene incontro. Ha posato la bottiglia di birra, detto qualcosa agli amici e adesso viene verso di me.

«Alice».

E il mio nome mi sembra bellissimo. Non tanto perché è pronunciato da lui ma perché mi fa capire che non solo mi ha riconosciuta, ma si ricorda di me, anche se vagamente.

«Prof...»

«Non ti azzardare, sono Edoardo». Mi poggia le guance sulle mie e mi lascio inondare della sua fragranza. Cuoio, dopobarba, l'odore della sua pelle. Ha la pelle liscia, appena rasata.

Il cameriere con le ordinazioni mie e delle ragazze ci passa accanto e posa il vassoio sul tavolo.

«Ci sediamo io e te in un tavolino a parte?» mi chiede.

Limiti matematici e d'amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora