Per colazione mangio un pezzo di cheesecake.
Rosanna è sul letto che dorme: la bocca aperta che lascia cadere un rivolo di bava, il trucco sbavato ed è ancora vestita.
Ma almeno ronfa come un ghiro. Beata lei, io non ho dormito per tutta la notte, non tanto perché l'abbia assistita e neppure perché ero nervosa per la phone interview, per la quale ora ho tappezzato il tavolo di post-it gialli con scritte frasi che a mio parere dovrebbero dimostrare la mia capacità linguistica e potrebbero attirare la loro attenzione.
No.
Non ho dormito perché avevo ancora l'adrenalina che mi circolava in corpo, l'eccitazione della serata, il fuoco che anziché spegnersi è stato attizzato ancora di più ed è rimasto acceso.
Peggio di quando torno dalla palestra. Ma adesso devo pensare all'intervista e ho già l'impressione che mi andrà da schifo. Ho acceso i condizionatori a palla perché indosso il tailleur elegante con tanto di collant e scarpe chiuse.
Dovrebbe servire per rendermi più concentrata, per calarmi di più nella parte. Questo sarà un vero e proprio colloquio di lavoro.
Ma non riesco a pensarci perché penso al sorriso di Edoardo.
Alle sue labbra, alle sue mani, al suo petto contro al mio, alle sue dita che si infilano sotto la mia maglietta.
Oddio come lo desidero. Ho la tentazione di prendere il cellulare e chiamargli ma non posso, devo tenere la linea libera. Non vedo l'ora che tutto finisca, qualunque sia l'esito. Controllo il cellulare e mi accorgo che prende bene, due secondi dopo squilla. Un respiro profondo, sorrido e rispondo.
L'intervista dura quindici minuti come mi avevano avvisato. Per l'agitazione ho strappato tutti i post-it man mano che li andavo leggendo. Penso di aver fatto una cattiva impressione, pazienza. Mentre mi dirigo verso la mia stanza per cambiarmi noto che Rosanna è in bagno e ha lasciato la porta aperta. Sembra che non si sia ripresa del tutto.
«Buongiorno» mugugna mentre fa pipì.
Io ricambio il saluto e mi infilo nella mia stanza non sapendo come comportarmi. Due minuti dopo, mentre sono ancora mezza svestita, Rosanna entra nella mia stanza.
«Ehi» ha la voce impastata.
«Grazie, non ricordo bene che è successo ieri sera ma grazie, suppongo che se non c'è vomito sul mio letto è merito tuo» mi dice.
Dentro di me ho un miscuglio di emozioni: l'eccitazione mista alla paura dell'intervista, la voglia di vedere Edoardo e saltargli addosso, la rabbia si sapere che ieri c'ero molto vicina e per colpa della ragazza appoggiata alla mia porta non è successo alcunché. «Prego» mi limito a rispondere quando in realtà vorrei urlarle contro.
Ma preferisco che si riprenda del tutto per spiegarle con tatto come ha rovinato la mia serata e di come quindi si prende tutti i miei turni, mica scherzavo!
«Ieri dovevo andare via, scusa, ma su duecento ragazzi non abbiamo passato l'esame in centonovanta, siamo andati a bere di prima mattina» mi dice.
«L'esame di statistica?» chiedo.
L'ho vista studiare per giorni e notti intere per quell'esame.
«Sì» mi risponde quasi sul punto di piangere.
Mi avvicino a lei e l'abbraccio cercando di non notare la puzza di vomito, sudore e fumo.
«Lo passerai la prossima volta». E io non ti cedo i miei turni, capisco come ti sarai sentita.
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Limiti matematici e d'amore
Storie d'amore«Ti piace il tuo professore di matematica» sentenziò mentre mi andavo vestendo. «No!» esclamai forse con troppa enfasi senza neppure guardarla in faccia. «Tu non me la dai a bere ragazzina. E poi come darti torto? Non è messo per niente male». Le...