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Victoria mi riferisce che si è fatto un gran parlare della mia uscita con Lucius, tra le ragazze.
Ascolto esterrefatta che alcune di loro hanno addirittura un po' paura per me.
Sto per ribatterle se sanno chi sono, ma poi un gufo plana sul nostro tavolo. Stiamo facendo colazione. Victoria riceve il giornale. Mi manda una mezza occhiata in tralice, come se mi avesse letto nel pensiero.
"Gliel'ho detto che ha pane per i suoi denti, insomma." Non era proprio questo che intendevo, ma lei ha espresso egregiamente il suo pensiero.
Indosso una vestaglia nera con le frange legata in vita ed ho ancora i capelli tirati su alla meno peggio.
Un tempo mi vestivo di tutto punto per scendere a fare colazione, ma poi ho smesso.
Ci sono ragazze che scendono addirittura in maglietta e ciabatte, alcune senza reggiseno sotto la maglia.
Siamo tra di noi, qui, e per quanto a me paia alieno questo 'noi' alla fine mi abituo. Saliamo con calma a prepararci dopo. L'importante è che abbiamo qualcosa addosso, come ci ricorda la tenutaria.
Qui non possono vederci ne' clienti ne' passanti, è un po' come il dietro le quinte di un grosso teatro.


Prima che possa finire il mio caffè, ricevo una lettera da Lucius. Mi scrive che vuole invitarmi da loro, a cena il martedì della settimana prossima. Volto il biglietto che mi ha mandato e scrivo: non ci penso nemmeno.


So che verrà da me, viene sempre almeno un lunedì o un giovedì della settimana, e da quando è iniziata questa nuova settimana non l'ho ancora visto.


Puntuale come la morte, oltrepassa la mia porta verso le due e quindici di quella giornata mite e soleggiata , spazzata da venti freddi.

Sono ancora molto in imbarazzo per quanto è accaduto tra di noi la volta scorsa, e qualcosa mi si contorce nel petto come un serpente. Conosco questo sentimento, l'ho sperimentato in passato, varie volte.


Questa volta non lascio che mi tocchi, vedo le spie accese sul muro e deduco il trattamento che vuole gli sia riservato.
Lui prova a farmi cadere dai seni la vestaglia rossa con cui ho sostituito la mia veste da camera nera, ma glielo impedisco.
A parte lo specchio della toeletta, ho un grande specchio bordato d'oro sulla parete accanto al letto, che riflette una larga porzione del letto, da una angolatura perfetta. Spoglio Lucius gettando di lato quel suo abbigliamento ricercato, lo faccio mettere sdraiato, con il sedere sollevato. Lui mi asseconda, con un sorrisetto enigmatico sulla faccia appuntita.
I suoi lisci capelli biondi gli coprono un po' le spalle. Separo le sue cosce lentamente, poi scivolo tra di esse, semi sdraiata su un fianco e mi dedico a farlo impazzire con la bocca e la lingua come meglio mi riesce.
I suoi testicoli sono piuttosto 'sodi' per come dire e sensibili. Ne vedo di tutti i colori in merito, un po' mi sorprende che la sua pelle sia così ben tenuta nonostante non abbia più vent'anni. Questo pensiero strano mi entra in testa mentre glieli accarezzo con la punta delle dita e la lingua, facendo schiudere quelle sue labbra secche e sottili dalla piega arrogante.

Scendo dolcemente ad accarezzargli il perineo con le labbra asciutte, lui geme qualcosa di inarticolato.
Ha le palpebre socchiuse, così non si rende conto che la mia mano destra nel frattempo si è diretta tra le mie labbra. Mi inumidisco le dita, e le abbasso tenendolo d'occhio.
Potrei anche non aver usato questo piccolo 'aiuto' ma credo che tornerà a mio vantaggio. Ha le palpebre socchiuse, la sua testa è mollemente appoggiata al voluminoso cuscino dietro la sua schiena, non mi guarda.


Gli spedisco l'indice nel corpo con tutta la forza che ho.


Oh ragazzi, ragazzi, sarebbe stato da immortalare.


Le sue lunghe cosce pallide hanno uno scatto, e lo specchio verso il quale mio malgrado lancio una occhiata mi restituisce Lord Malfoy con le guance rosse come papaveri, il bacino intento a contrarsi ritmicamente non so bene se per disarcionarmi o per accettarmi dentro di se' ora, i denti scoperti, quasi serrati in un ringhio.
Ha aperto di colpo gli occhi appannati, disorientati, ma io sono fissa dentro di lui. Ed ho le dita lunghe, sottili ed insinuanti, io.
Ringhia qualcosa, ma la sua erezione, se pure ha dato segni di cedimento, è tornata dura come il marmo.
Mi muovo dentro di lui, facendo forza con il braccio.
Mi maledice, le guance pallide chiazzate di rosso, mentre il suo bacino inizia un dondolio involontario verso di me. Sento il suo calore, il suo dolore, le sue carni si contraggono furiosamente...vorrei dirgli qualcosa per schernirlo, ma non voglio rovinare questo momento. Nel mio petto, il serpente guizza soddisfatto.

Poi, sotto il mio tocco, percepisco qualcosa gonfiarsi dolcemente, in mezzo al suo dolore. So cos'è, non è la prima volta che raggiungo quel punto. Lui è sconvolto, i capelli per metà davanti al volto, ma il suo corpo è fatto come quello di tutti gli altri uomini. Quando riprendo ad accarezzarlo ed a ingoiare la sua eccitazione, non può fare a meno di premersi ancora verso di me, come ad incitarmi.


Mai visto uno esplodere con una tale violenza.


Gli concedo una manciata di minuti, che trascorre immobile respirando forte, con il lungo collo sollevato.
Quando riapre lentamente gli occhi, il suo rossore non si è ancora ritirato del tutto.
"Ma sei matta?"
Gracchia la sua voce roca. Sento la mia risata tagliare in due l'aria immobile della stanza, intanto sono uscita dal suo corpo e mi sono alzata dal letto.
Lucius ha l'aria veramente attonita, sembra reduce di un naufragio. Usa un fazzoletto per togliersi il seme che gli è quasi arrivato ai capelli, noto solo ora.


Poi si alza, oscillando sul bordo del letto, nudo e alto e pallido e sottile, ha di nuovo il suo volto beffardo quando mi chiede se può usare il bagno. Sarebbe proibito per i clienti, ma gli indico la porta di legno scuro in fondo alla stanza. Mi informa con la sua voce di nuovo melliflua, ora anche risentita, che è tutta colpa mia, comunque, se deve usare il bagno di questo posto. Esce dopo una quindicina di minuti, e mi fissa imperterrito. "Comunque, non accetto rifiuti per il mio invito." Scandisce lentamente, in una ombra della sua antica arroganza. Sbuffo. Gli rispondo che se lo può scordare, mi rimanda un 'vedremo' sorridendo beffardo.


Ah, che bella cosa l'amore, no?

The Velvet RoseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora