Capitolo XII

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Doveri od obblighi?

Tre mesi dopo
Ore 17:45
Medio Oriente, Iran
90 chilometri ad Ovest di Tehran

Ancora non ci credeva che si era fatto incastrare in quella situazione. Ora era con cinque marine americani in marcia verso un campo dove avrebbero compiuto la loro missione e lui era lì come archeologo. Lui, che non aveva mai imbracciato un fucile e marciato per ore sotto il sole cocente, ora si trovava in fila indiana, al seguito di quattro soldati americani, con una carabina in mano ed in attesa di entrare in azione. Cosa era peggio? Aspettare l'azione sotto quelle esaurienti ore di marcia o combattere in mezzo alle sterpaglie, fra delle spoglie colline e sotto il solito ed onnipresente sole? Probabilmente non avrebbe saputo rispondere.

Andrew portò le mani alla vita ed afferrò la borraccia portandola all'altezza del viso. Svitò il tappo e bevve due rinfrancanti sorsate d'acqua. Charlie gli si avvicinò da dietro, poggiandogli la mano sulla spalla.
<<Tutto a posto?>>
<<Starei meglio se fossi in Inghilterra alla ricerca di Camille.>>
<<Ma anche questa è una pista che puoi seguire. Ricorda perché sei qui.>>
<<Perchè il vostro dannato governo mi ha costretto a seguirvi in questa crociata che non è la mia.>>
<<È anche la tua. Ciò che stiamo cercando qui è collegato a quell'ucraino di cui ci hai parlato. Risalendo ad alcune transazioni di Joshua abbiamo scoperto questi collegamenti fra lui e questa società segreta. A cui...>>
<<...Sembra essere al comando Kalia. Me lo hai già raccontato ed io non ho già detto di non voler venire. Eppure, eccomi qua.>>
<<Ci servi Andrew. Conosci il bersaglio e soprattutto puoi esserci utile per quella storia del virus. Ancora non conosciamo le coordinate della capsula contenente il batterio in suolo americano. Tu potresti sapere qualcosa.>>

Andrew sospirò. Tornò a guardare avanti lungo il percorso scosceso che i soldati stavano battendo. Aveva iniziato a conoscere quella squadra di soldati da poco tempo, all'incirca due settimane.
Apriva la fila il capo della combriccola.
Stevenson, americano ma di origini norvegesi, era il caposquadra. Sergente, tiratore scelto e soprattutto un ottimo esploratore.
Era un tipo freddo e distaccato. Non troppo alto o grosso, uno come lui doveva essere agile per ricoprire il suo ruolo. Di poche parole, eccetto che in combattimento. Chiunque fosse stato in coppia con lui come spotter, avrebbe detto che elargiva insulti per ogni colpo sparato. Probabilmente era un suo modo di contenere la tensione.

Stavano continuando a camminare sul ciglio della collina. Andrew continuò a guardarsi attorno. Alcune capre selvatiche scorrazzavano sulle colline vicine. Lentamente si allontanarono, forse disturbate dalla loro presenza. Osservò per un istante il quadro d'insieme di quel paesaggio. Forse sarebbe stato uno dei paesaggi che, soggettivamente, gli sarebbero piaciuti di piú nella sua vita. Questo perché includeva la combinazione di colori che normalmente un apprezzava ma, in un unico contesto, erano la simbiosi piú magnifica a suo parere. Il color oro delle colline ed il profondo azzurro di un cielo sconfinato ed infinito.

Seguiva i passi del comandante in seconda, Shunt. Non era il suo vero nome, quello era irrilevante ma quel nomignolo gli calzava a pennello. Un uomo calmo che preferisce le soluzioni pacifiche e con pochi spargimenti di sangue. Era un vero e proprio mediatore. Giravano alcune storie che dicevano fosse fuggito ad un grosso gruppo di talebani parlando con loro e convincendoli che ucciderlo non sarebbe veramente servito a qualcosa. Poco piú basso di Andrew, era un uomo con cui aveva intrapreso interessanti discussioni durante le nottate trascorse a darsi il cambio per i turni di guardia.

Continuavano a camminare sulla collina quando Shunt e Stevenson cambiarono direzione e iniziarono a scendere in una gola prendendo un percorso piuttosto ripido. Il soldato davanti a lui scivolo perdendo l'equilibrio un istante, ritrovandolo subito dopo.

Si trattava di Sherman. Altro soprannome dovuto alla stazza, imponente come il vecchio modello di carro armato. Il vero nome era Gregor Karridis. I nonni erano di origine greca, ecco spiegato il curioso cognome. Eccellente medico e soldato, portava sempre qualche provvista in più fra munizioni, cibarie medicine. Era un tipo provvidente che credeva poco nella fortuna. Era alto e robusto, la prima volta che Andrew lo vide provò un certo timore, scoprendolo poi cordiale e simpatico.

Un'altro soldato davanti a lui commentò quanto accaduto.
<<Attento Sherman, se cadi da qui ci sentono arrivare.>>ridacchiò il militare.
<<Taci Hinder. Ci sentiranno prima che se continuerai a parlare.>>rispose Sherman.
<<Basta voi due.>>li zittí Stevenson indicando davanti a loro.

Il gruppo si accovacciò. Andrew era affianco ad Hinder. Aveva parlato parecchio anche con lui. Un ragazzo giovane proveniente dalla Florida. Aveva la battuta pronta in ogni occasione, cosa talvolta stucchevole. Andrew lo osservò avrà avuto al massimo ventidue anni. Il viso affilato e definito, bocca piccola, sopra questa brillanti e vivaci occhietti grigi. Capelli neri tagliati corti ed una barbetta ispida lasciata incolta di proposito. Doveva aver successo fra le ragazze prima di partire come militare.

Tornò a concentrarsi sulla scena su cui aveva richiamato la loro attenzione Stevenson.
Una serie di casupole attorno alle quali orbitava un gregge di pecore.

<<Sembra un villaggio di pastori.>>disse Shunt. Il caposquadra alzò il fucile ed osservò l'obiettivo tramite l'ottica dell'arma.
<<A me non sembrano pastori quelli.>>contestò il tiratore.
Sherman estrasse un piccolo binocolo da una delle tante tasche della divisa.
<<Il capo ha ragione. Credo che abbiamo trovato il nostro bersaglio.>>confermò porgendo lo strumento a Shunt.

Andrew osservò Stevenson portare la mano al collo ed estrarre un piccolo rosario. Lo baciò e pronunciò senza suoni quella che doveva essere una preghiera.
Non appena il sergente mise nuovamente al sicuro la collanina si voltò verso di loro.

<<Shunt, tu ed Hinder superate la collina ed accedete al sito da un secondo punto. Io terrò d'occhio la situazione da quassù. Sherman, tu ed i nostri due amici verso il villaggio. Tenetevi a portata di mano le radio, vi daremo tutto il supporto possibile. Tutto chiaro?>>domandò infine il soldato ai sottoposti. Nessuno contestò gli ordini.
<<Bene. Scopriamo con chi abbiamo a che fare, se possibile senza far scoppiare un dannato vespaio in Medio Oriente.>>

Erano al limite del villaggio, chinati dietro un muretto. Sherman stava sbirciando oltre il limite della recinzione nella speranza di scorgere qualcosa di importanza rilevante.

Ed in un attimo un tuono squarciò il silenzio, l'elmetto dell'americano cadde a terra in un latrati metallico mentre il soldato capitombolava all'indietro.
<<Siamo durati tanto sotto questa copertura!>>commentò Andrew scattando verso il marine e trascinandolo verso il riparo.
<<Sherman! Sherman mi senti?>>gridò battendo le mani sulle guance barbute del greco.
<<Ci sono, ci sono. Mi gira solo un po' la testa...>>
<<Diamine amico, l'elmetto ti ha salvato la vita!>>raccontò Andrew fissando il casco incrinato a terra.
Un'altro colpo risuonò nel silenzio mentre le prime urla arrivavano dal campo.
<<Tenete giù la testa per Dio! O quel cecchino ve la fa saltare!>>ordinò agitato Charlie mentre prendeva la radio in mano.
<<Stevenson, mi ricevi?>>
<<Ho sentito gli spari. Fucile di grosso calibro, è un SVD forse. State giù, un colpo di quello ed il giubbotto antiproiettile non basterà a salvarvi.>>consigliò il capitano attraverso il comunicatore.
<<Dimmi che lo vedi.>>
<<Negativo. Nessun riverbero, la lente deve essere oscurata.>>

Le urla provenienti dal villaggio si facevano più intense.

<<Stevenson, dobbiamo levarci da qui, sta per diventare un fottuto inferno!>>lo spronò Charlie.
<<Dovete farlo sparare di nuovo, non posso sapere la sua posizione altrimenti.>>gridò alla radio mentre si gettava a terra col fucile fra le mani.
<<Non vorrai farci fare da esca!>>
<<È l'unico modo.>>ribadì calmo il sergente.
<<Ho un'idea migliore.>>li bloccò il tedesco afferrando il casco infranto di Sherman.
<<Pensi che siamo ad Hollywood? Il cecchino non è un imbecille!>>continuò Charlie mentre il tedesco puntellava il casco sulla cima della canna del fucile.
<<Scommettiamo?>>scherzò l'altro alzando lentamente l'esca.
Trascorsero i secondi ma non vi furono altri spari.
<<Scommessa persa Andrew.>>
<<Ed ora che facciamo?>>chiese questo mentre le urla dei nemici incombenti aumentavano di intensità.

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