capitolo 13

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Stava correndo da oltre 20 minuti e più le sue gambe non rispondevano agli ordini, più veniva tartassata da quelle bestiacce!
Facevo fatica a vedergli il viso, perché la sua testa era fasciata da un pezzo di tela (in origine bianco) poi diventato rosso per via delle ferite che portava.
Un soldato si avvicinò a lui.
Era sfinito e le guance gli andavano a fuoco!
Ma questo non fece pietà a nessuno.
Senza fare movimenti bruschi, girai leggermente la testa per sentire meglio i suoni che provenivano dalla mia destra.
Una donna stava singhiozzando. Stringeva a se un braccialetto.
E ogni tanto serrava quelle piccole labbra screpolate per evitare di emettere qualsiasi tipo di suono che avrebbe potuto peggiorare la situazione!
Puntó la sua mano tremante nella mia direzione e mi fece segno di guardare di là.
La donna aveva ragione: i soldati non tolleravano alcuna distrazione.
Per fortuna gli occhi di tutti quanti erano rimasti fermi sul ragazzo proprio come 5 minuti prima.
Io però non ero messo meglio ne del ragazzo che delle donna, le mie paure in quel momento erano forti quanto le loro.
Alzai gli occhi al cielo. Volevo che quell'azzurro coprisse i miei occhi grigi e spenti e calmasse quella lacrima che si stava alimentando.
Un uccello si intromise nel blu di quel cielo.
Quel volatile ottenne l'attenzione dei miei occhi, che in un secondo momento tornarono più spenti di prima.

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