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Un ritmo insistente riempiva l'aria, era quasi meccanico, senza un minimo cambio, mai, era un ritmo continuo e straziante, l'ultimo dei tuoi pensieri, ma era anche l'unica speranza che avevano.

Lacrime scendevano incessantemente da ore, erano una sorta di presenza impossibile da cacciare, non si fermavano mai, avevano un percorso tutto loro, lacrime di paura, terrore e colpa.

La paura si faceva strada come il più brutto degli incubi, si insinuava nella mente e la faceva da padrona, regnava su ogni altra emozione, dettava le regole di un gioco troppo difficile da affrontare, eppure tutti giocavano, costretti dalla sua presenza costante.

Il grande chiuse gli occhi, si mise una mano nei capelli e li tirò leggermente, un piccolo singhiozzo abbandonò le sue labbra "è colpa mia, è solo colpa mia, sapevo che non dovevo lasciarlo solo, non di notte, io.." venne pressato contro il petto del suo ragazzo "non lo pensare nemmeno, non potevi saperlo" il moro scoppiò in un pianto quasi isterico "si che lo sapevo, sapevo che di notte ha questa cosa, io.. è colpa mia, è solo colpa mia".

Strinse le labbra con forza, si passò le mani sul viso in gesto nervoso, guardò i due ragazzi seduti sulle sedie di plastica poste nel corridoio, sospirò e si avvicino al grande "non è solo colpa tua Brendon, è colpa di tutti, potevamo rimanere tutti con lui, invece non è rimasto nessuno, non è solo colpa tua" alzò una mano e la passò fra i capelli del grande.

Il dolore presente in quel corridoio era qualcosa che non si poteva gestire, ti avvolgeva e bloccava a se, ti faceva sua preda, ti consumava, era come un leone con la preda, la mangiava boccone dopo boccone.

Una porta si aprì e un medico uscì dalla piccola porta blu, si precipitarono subito verso l'uomo "La prego, ci dica qualcosa" li guardò, nessuna traccia di emozione sul suo viso, nulla, scosse la testa e li superò sgraziatamente, urtando la spalla del ragazzo "ALMENO COME STA, LA PREGO" non si girò alla voce del grande, semplicemente continuò a camminare senza mai voltarsi.

Cadde a terra, si lasciò andare come se tutto fosse finito, come se fosse la fine di ogni cosa, il pavimento grigio a contatto con i pantaloni neri "vi prego..." si portò le mani sul viso e singhiozzi più forti dei precedenti si fecero strada in quel piccolo tratto di stanza.

Si girò quasi a rallentatore, quasi non volendo farlo, guardò il vetro trasparente poco più avanti di loro e si avvicinò lentamente, una piccola lacrima lasciò il viso del rosso.


"Il vostro amico ha gravi ferite indotte da arma da taglio, 

non crediamo siano state fatte da qualcuno di esterno" 

il moro si avvicinò leggermente "che.. che intende dire?"

un sospiro "che quelle ferite se le è procurate da solo"

fece una leggera pausa, lanciò una breve occhiata al vetro e poi riguardò i ragazzi 

"il vostro amico ha tentato di uccidersi. 

Ora è in coma"


Le piccole tende grigie erano totalmente spostate da lato a lato, permettendo la visuale della stanza, il tutto in un bianco e grigio, una combinazione quasi maniacale.

Si passò una mano fra i capelli rossi, li strinse con forza, singhiozzi sonori lasciarono le sue labbra perdendosi nell'aria, risuonando forti e pieni di dolore, alzò gli occhi dal pavimento, portandoli poi sul letto dove molti, decisamente troppi tubicini vi erano appoggiati, garze prima bianche ora imbrattate da un rosso troppo evidente.

Poggiò una mano sul vetro, la strinse a pungo e chiuse gli occhi, strinse i denti con forza e riguardò dentro la stanza, le coperte bianche ricoprivano Tyler come piccole nuvole.

Il suo Tyler.





FRENS.


ok, non so che dire.

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