Capitolo 18 - La casa di Dama Esmeralda

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La sala di Dama Esmeralda, già nelle prime ore della sera, era affollata di nobili e ricchi borghesi. Cameriere in abiti scollati passavano tra gli ospiti, offrendo rinfreschi e liquori.

Il visconte afferrò un calice al volo, mentre veniva strattonato verso le scale. Non riusciva assolutamente a capire per quale ragione, qualche giorno prima, l'incantevole dama cui avevano promesso obbedienza avesse loro sconsigliato di continuare a frequentare quel luogo dopo il tramonto, quando vi si tenevano gli intrattenimenti più interessanti. Solo per quello si erano ritrovati lì così presto, quando ancora i tetti delle case erano incendiati dall'ultima luce solare. E forse, dato il ritardo del marchese, quella sarebbe risultata già un'ora troppo tarda, per i canoni della loro signora. In ogni caso, speravano caldamente di non venire scoperti, soprattutto perché ciò di cui avrebbero dovuto occuparsi non le sarebbe stato comunque gradito.

"Sarà meglio tu recuperi un po' di lucidità, piuttosto che perderla completamente. Dobbiamo fare dei piani e sarà meglio tu abbia delle idee."

La stanza che la Dama riservava loro era sempre la terza, sul lato sinistro del corridoio. Piccola, ma dotata di ogni comodità, non aveva un letto, a differenza di quasi tutte le altre, bensì quattro ampie poltrone, dagli schienali alti, disposte intorno al camino di pietra serena. Un tavolo rotondo, con sedie dall'aspetto incredibilmente fragile, una vetrina con liquori e bicchieri di cristallo, due tappeti dall'aria appena consunta completavano l'arredamento.

Solitamente i tre amici sedevano intorno al fuoco, rilassandosi con un buon sigaro, mentre discutevano dei loro piani, o attendevano l'ora adatta per raggiungere la signora che aveva rubato la loro volontà e le loro anime.

Ma quella sera il marchese sedeva rigido e impettito su una sedia, vicino al tavolo, le mani intrecciate davanti a sé e lo sguardo torvo.

I rinfreschi, disposti su elaborati vassoi di argento, non erano stati toccati e il sigaro giaceva dimenticato nel portacenere.

Chiudendo la porta alle spalle del visconte, Le Grace si affrettò a sedersi al fianco di Vidal, lasciando l'altro uomo in piedi, a guardarsi intorno con aria stolida.

"Amici, avete due facce da funerale" sogghignò, dirigendosi al mobile coi liquori.

"Non bere altro, Gaillard. Tu più di tutti, stasera, avrai bisogno di utilizzare quel poco cervello rimasto" il marchese aveva parlato sottovoce, ma con un tono tagliente e sprezzante, che fece voltare il visconte con un piccolo balzo, indispettito e spaventato al contempo.

"Siediti" aggiunse, allontanando con il piede la sedia davanti a lui.

"Davvero non vi capisco, stasera. Sembra vi sia morto un cavallo o l'amante. Dov'è il problema?"

"Il problema, mio caro, è che potresti essere tu, a morire."

"Mi stai minacciando?"

"Sto presentandoti una possibilità. Sai bene di aver fallito."

"Non è stata colpa mia, non potevo immaginare..."

"E sai bene" lo interruppe il barone, "quanto la nostra signora odi i fallimenti."

"Sapevamo che poteva andare storto qualcosa, nessuno poteva prevedere che l'Imperatrice sentisse il bisogno di compagnia proprio l'altra notte."

"Ti ho già detto di non fare nomi" sibilò, sbattendo con forza il pugno sul tavolo. "In ogni caso, adesso, l'attenzione è puntata su di te. Per quanto la tua pessima reputazione possa essere un vantaggio, dubito fortemente non prendano in considerazione ipotesi più preoccupanti."

"La mia pessima reputazione?"

"Non indignarti, è l'unico motivo per cui sei stato mandato tu a sedurla."

Il volto stizzito dell'uomo provocò un irrefrenabile attacco di ilarità nel marchese.

"Non potevi davvero credere fosse per il tuo fascino, amico mio."

"Io seducevo donne quando tu eri ancora nella culla" gli ringhiò contro.

"Sì, e questo è ben risaputo, a corte. Proprio per questo, forse, potremo far passare il tuo maldestro tentativo per una follia, dettata dal vino. Ma, anche se riuscissimo a tirarti fuori da questa storia, la nostra signora non sarà contenta di dover rinunciare ai propri piani."

"Rinunciarvi? Perché mai? Posso riprovarci anche stasera."

"Sei davvero uno sciocco, Gaillard." intervenne Le Grace, accendendosi un sigaro e alitandogli il fumo sulla faccia. "Credi davvero che la nostra preda non sarà sorvegliata, adesso? I suoi capricci e la sua vergogna non conteranno più niente, davanti al pericolo corso. Probabilmente sarebbe più facile entrare nella stanza del tesoro imperiale, che nella sua, adesso."

"Senza contare che tutte le persone informate di questa storia terranno gli occhi puntati su di te e, di conseguenza, anche su noi due."

"Allora cosa dovremmo fare?" sbuffò l'uomo, posando il bicchiere ancora pieno sul tavolo.

"Siamo qui per questo. Dobbiamo organizzare un'alternativa e dobbiamo farlo prima che sia troppo tardi, soprattutto se vogliamo tenere la tua inutile testa sul collo. Inoltre è già un'ora troppo avanzata, per rimanere qui a spettegolare; se la dama lo scoprisse, potremmo smettere di preoccuparci per sempre, probabilmente."

"Ti ripeto che non ho commesso nessun errore, è stata solo sfortuna."

"Dubito che la nostra padrona contempli questa possibilità. Sai quanto sia terribile la sua collera."

"Saprò rimediare, mi bastano cinque minuti da solo con lei. Prenderò quella sgualdrinella senza troppi complimenti, con o senza la sua collaborazione."

"Una violenza non è proprio la soluzione migliore."

"Perché no? Basterebbe non farsi scoprire" meditò Le Grace. "In fondo, il nostro unico scopo era privarla del Nome. Il modo non ha particolare importanza."

"E' rischioso. Prima di tutto perché dovremmo riuscire a attirarla lontano dalla corte e da sola, cosa molto improbabile da ottenere. In secondo luogo, perché, adesso, se venisse aggredita, su chi credi ricadrebbero le accuse?" il marchese guardò significativamente l'uomo più anziano, che sedeva scomposto davanti a lui.

"Anche questo è vero. Non dovrebbe essere lui a farlo. Anzi, se decidessimo di agire, dovremmo fare in modo di tenere Gaillard bene in vista, in quei momenti."

"E noi con lui. Dopo un tale scandalo, chiunque ne sia a conoscenza starà sicuramente indagando su tutta la nostra compagnia, poiché, ovviamente, il nostro caro visconte non potrebbe aver agito da solo. Quindi, non avendo particolare voglia di essere imprigionato per alto tradimento, non ho intenzione di correre un rischio del genere. Preferisco giocarmi la testa di Gaillard, piuttosto."

"Che diavolo dici?" proruppe questi, allungandosi quasi ad afferrarlo attraverso il tavolo.

"State calmi, per favore" il barone si mise in mezzo, prima che potessero iniziare ad azzuffarsi. "Tra tutte le sciocchezze che potremmo compiere litigare tra noi è la più assurda. Il marchese ha ragione, Gaillard. La violenza avrebbe potuto essere una soluzione prima che i sospetti di un complotto raggiungessero i diretti interessati. Ormai abbiamo perso il fattore sorpresa, quindi dovremo agire tenendo conto del fatto che, qualunque cosa succeda, anche una disgrazia, verrà imputata a noi, anzi, a te, principalmente. Non mi interessa particolarmente la tua sorte, ma vi ho intrecciato la mia, per compiacere qualcuno che entrambi amiamo e temiamo, quindi devo salvarti per salvare me stesso."

"Comunque, abbiamo le mani legate."


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