15. L'ultima missione

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4 Marzo 2027, 14:18, Alaska, base SHIELD

Nessuno la degnava di uno sguardo. Né lei, né Nathaniel. Erano tutti troppo occupati ad addestrare Miriam. Non è giusto, pensò lei, non è giusto che lei possa dare ad addestrarsi e io no! Abbiamo solo due anni di differenza, dopotutto!

Si buttò sul divano, cominciando a fissare la porta. Si ricorda di quando suo padre tornava a casa dal lavoro e giocava con lei, le insegnava qualcosa a volte. Le aveva insegnato come piazzare bene un pugno, e, alla prima occasione, aveva ne aveva dato uno a Walter Foster. Lo aveva mandato in ospedale. Rise al ricordo di quella volta.

«Che fai?» la distrasse una voce che conosceva bene. Volse la testa verso l'origine del suono e vide Nathaniel. Balzò a sedere e scese dal divano, sorridente. Le piaceva stare con lui, era tranquillo e la ascoltava senza troppe pretese, diversamente dai due fratelli maggiori.

«Pensavo a mio padre.» disse lei, scrutandolo con i suoi occhi azzurri. Anche quelli del ragazzo erano dello stesso colore, ma erano più cupi, più blu. Erano diversi da quelli dei suoi genitori, e da quelli dei nonni e dello zio paterno. Forse erano di un qualche bisnonno lontano. In quegli occhi, però, a Julia pareva di vedere un oceano in movimento.

Lui si sistemò i capelli color pece e fece un sorriso incoraggiante. Sapeva quanto era dura vivere senza padre. «Tornerà.» disse soltanto, distraendo la bionda dai suoi occhi. Lo guardò in viso, e lui le appoggiò una mano sulla spalla. «Deve tornare.» aggiunse, sottovoce.

Lei si sentì motivata, e gli sorrise. «Grazie Nate.» disse, con uno sguardo tenero. Lui la abbracciò, e lei affondò il viso sulla sua spalla, senza dire nulla. Assaporò l'odore che emanavano i capelli corvini del ragazzo, che si era lavato poche ore prima. I suoi vestiti, invece, sapevano di polvere e carne abbrustolita. Era una strana sensazione: non aveva mai dipinto il suo Nate con morte e distruzione, ma ormai si era convinta che doveva cominciare a farlo.

I due si separarono non appena sentirono i passi veloci di qualcuno nella loro direzione. Era Sharon che, con sicurezza e risolutezza, era venuta a prendere garze e disinfettante. Non appena se li ritrovò tra le mani, tornò di sotto ad addestrare la rossa.

«Tu pensi che... che dovremo farlo anche noi?» chiese tentennante Julia all'amico. Lui la guardò in modo strano. «Dovremo addestrarci?» domandò, facendogli capire di cosa stava parlando. Nate prese un grosso respiro ed espirò lentamente e silenziosamente.

«Sì.» rispose lui, con sguardo triste. Non voleva una vita così, non voleva una guerra. «Quasi sicuramente.» si corresse lui. Aveva visto lo sguardo palesemente preoccupato di Julia, e provò a rimediare. «Sinceramente, mi sono stupito che non me l'abbiano imposto come hanno fatto con Miriam.» confessò, sorridendo e alzando le spalle.

«Io voglio farlo con voi. Perlomeno con te.» disse lei, sorridendogli. Lui ricambiò, guardandola con occhi soffici. «Voglio essere in grado di proteggermi, e proteggere gli altri a cui tengo. Non voglio veder morire nessun altro.» spiegò Julia, per poi guardare la porta attenta.

Nate guardò dove stava guardando lei, ma non sentì né vide nulla. La ragazzina, invece, si avvicinò alla porta con cautela e passi felpati. Quando fu abbastanza vicina, dette un pugno alla porta, e sentì che la persona dietro di essa di era spostata di qualche centimetro.

«Chi è?» chiese, con voce ferma. Sentiva dall'altra parte che l'individuo si stava avvicinando, e non aveva paura. Per niente. Anzi, era rilassato. Forse persino felice di sentirla così. Che fosse suo padre? Forse. Ma era meglio pensare al peggio. Pensare che Ultron avesse mandato un essere umano a cercarli. Era molto più probabile, sì.

La porta si spalancò in un secondo, con un botto. Julia saltò indietro, e così fece Nate. La persona che entrò non era certamente dalla parte di Ultron, ne erano sicuri entrambi. Era un Avenger, uno dei fondatori, e stava lì di fronte a loro, guardandosi intorno. 

Quando il suo sguardo e quello di Julia si incontrarono, lei gli corse incontro. «Papà!» gridò lei, saltandogli in braccio. Lui la afferrò e la tenne tra le braccia, accarezzandole i capelli biondi e sentendo l'odore dei suoi vestiti.

La lasciò per un momento e si inginocchiò per guardarla negli occhi cristallini. «Julia, stai bene?» chiese, facendo passare le mani sporche di polvere -e chissà cos'altro- sulle guance. «Dio, stai bene.» ripeté, abbracciandola ancora.

Lei immerse il viso pulito sulla tuta piena di polvere e macerie del padre. «Mi sei mancato, papà.» disse, talmente piano che sentisse solo lui e non il compagno alle sue spalle. 

Steve la sollevò e la fece sedere su una sua gamba, costringendola a guardarla negli occhi. «Sono qui ora.» la tranquillizzò, spostandole una ciocca bionda fuori posto dietro all'orecchio destro. «Tranquilla. Sono qui.» sorrise, facendo ridere anche la bambina. La baciò poi sulla fronte e la poggiò per terra, alzandosi in piedi. «Dov'è tua madre?» domandò, aspettando una risposta dai due ragazzi.

«Di sotto con Pietro e Miriam.» rispose con calma e serietà Nate, con le mani dietro la schiena e le gambe divaricate. Steve lo guardò per un attimo, e gli ricordò di lui, di come si posizionava per prendere ordini dai suoi superiori.

«Venite,» disse ai due ragazzi facendo cenno di seguirlo con la mano, «dovrò parlare con tutti voi.» 

I due fecero come ordinato dall'uomo e lo condussero dove Miriam si stava addestrando con Pietro. Sharon, invece, li stava solamente guardando. Non appena entrarono, Steve si avviò verso sua moglie e lei, non appena lo vide e furono abbastanza vicini , gli dette uno schiaffo.

Il biondo non si oppose, né si massaggiò la pelle rossa che la bionda gli aveva procurato. Invece, le sorrise. «Me lo meritavo.» disse infine, procurandole uno sguardo soffice e calmo. Gli sorrise anche lei.

«Steve!» esclamò, abbracciandolo. Lui ricambiò, accarezzandole i capelli. «Dio, cos'è successo?» chiese, preoccupata come non mai. Non sapeva nulla di cosa avevano fatto il marito e il suo compagno arciere, né se i bambini con loro fossero ancora vivi. «Clint e i bambini stanno bene?» domandò allora, preoccupata ancor di più, questa volta per le persona che erano con il marito.

«Tranquilla Sharon, stanno tutti bene, ma dobbiamo andarcene da qui. In Russia, Bucky, Sam e Nat possono ospitarci. » rispose lui, guardandosi intorno. Se Sharon non lo conoscesse, direbbe che sembrava preoccupato. In realtà sapeva benissimo che le stava nascondendo qualcosa. Nonostante questo presentimento, lo lasciò continuare. «Sharon, ti prego. Non voglio perdere te e Julia.» la pregò lui, con gli occhi lucidi. Lei lo guardava seria, ma dentro di sé voleva abbracciarlo, ascoltarlo e sfogarsi con lui, ma non poteva. Non poteva perdere il controllo in quel momento, davanti a Julia. Davanti a lui e Pietro. Doveva essere forte, doveva essere come Peggy. «Ti prego.» ripeté lui, con un tono flebile e leggero, quasi come del vetro fragile che sta per spezzarsi.

Lei sospirò e gli sorrise. «Ti seguirò, ma per nostra figlia. Solo per lei.» disse, chiaro e tondo. Aveva il tono di una persona stanca di tutto e di tutti, ma non voleva suonare in quella maniera. Steve lo sapeva bene che le importava di tutto. «E mi devi promettere che andrà tutto bene. Che nessuno morirà per questo.» aggiunse sottovoce Sharon, in modo che potesse sentire solo Steve.

Lui annuì. «Promesso.» rispose, prendendo la mano della donna e guardandola malinconico. Gli mancavano i tempi in cui andavano in missione loro due, nessun altro. Adesso, quella era la loro ultima missione: proteggere i bambini. Steve non era pronto a quel giorno. La sua ultima missione. Non riusciva a crederci.

Lo distrasse Sharon che lasciò la sua mano e cominciò a camminare verso l'uscita. «Beh, cosa fai lì fermo?» domandò, con un sorrisetto, seguita dai tre ragazzini. «Muoviti!» gridò, facendo sorridere sia il soldato che il velocista. I due si guardarono negli occhi e la seguirono.

Dio, sono fortunato ad avere una donna del genere, pensò Steve, sorridendo a sé stesso. Certo, sarà la sua ultima missione, ma passarla con lei sarà fantastico.

AN: Potete uccidermi. Sono passate tipo due settimane, e io me ne vengo fuori con un capitolo-cagata come questo. Cioè, non è possibile. Va beh. Comunque, la Staron ci sarà adesso e anche dopo, quindi spero di farvela gradire! Julia e Nate non si fidanzeranno, no... Guardate, non ho già progettato la loro vita in ogni singolo dettaglio, pffft. Che dite?

Nel prossimo capitolo spiegherò Bruce e come caspio è andato là. E anche come Sam farà la donna di casa u.u, alla prossima!

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