9.CAPITOLO: Questione di letti

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VICTOR

Quando sentii l'urlo dell'invasata trapanarmi i timpani, mi resi conto che mi ero addormentato da pochissimo.
A causa dei calci di Faccia da Tatuaggio, i dolori all'addome erano stati atroci per tutta la notte e la puzza della pittura era penetrata nelle narici così a fondo che mi era scoppiato un tremendo mal di testa, impedendomi così di dormire.
Mi stropicciai gli occhi come un moccioso e feci fatica a mettere a fuoco la stanza. Chiazzata di lilla e rosso, sembrava un campo di battaglia. Mi doleva ammetterlo, ma la Ranocchia aveva ragione.
Che diavolo mi era saltato in mente?
Altre grida irruppero la quiete della camera. Mio padre e Julie si stavano accingendo a partire, lasciandomi nelle mani di un'invasata e di un uomo che molto probabilmente mi odiava.
« Inutile. Non scendo » sentenziai più a me stesso che a qualcuno in particolare.
Non mi andava di partecipare alla farsa dei saluti.
Alzai il lenzuolo sopra la testa e richiusi gli occhi.
Se solo quella puzza fosse passata...
Con un moto di zitta, gettai via il tessuto e mi alzai.
Socchiusi la porta e allungai il collo per accertarmi che non vi fosse nessuno in corridoio.
Avevo bisogno solo di un'oretta. Un'oretta di sonno. Non chiedevo altro.
Uscii dalla mia nuova camera, e sgattaiolai fino alla porta degli ospiti. Era semi aperta e all'interno non vi era nessuno.
Ci misi un nano secondo a decidere.
Entrai e mi richiusi la porta alle spalle e inciampai in uno scatolone di cianfrusaglie.
« Maledizione! » imprecai scuotendo il piede per la botta presa.
Quella camera era quasi peggio della mia!
C'erano così tante cose gettate in terra, che il parquet si vedeva a stento.
Le pareti azzurre mi si strinsero addosso in una morsa dolorosa. Un'immensità di ricordi invase la mia mente con una meteora.
Nicole ed io, a rotolarci sul suo materasso scopando fino a sfinirci.
Nicole ed io, a comprare coni del colore dei Puffi.
Nicole ed io, a fare gavettoni a Sébatiene.
Nicole ed io, ad amarci nonostante l'età...
Un conato di vomito mi fece venire le vertigini. Chiusi gli occhi per un momento, prima di trascinarmi sul baldacchino matrimoniale.
Le lenzuola erano tutte aggrovigliate, e il cuscino sapeva di cannella, ma non mi fregava.
Volevo solo dormire e non pensare.
Dormire e smettere di sentire dolore.
Affondai il viso nella fodera profumata e crollai.

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ADÈLE

La mattina della partenza era finalmente giunta.
Mia madre aveva svegliato l'intera casa — non proprio tutta a dire il vero, Victor non si era degnato di uscire dalla mia camera.
Jean era passato a prenderla tutto sorridente, a bordi di un Taxi.
« Victor non scende? » aveva domandato, lanciandomi uno sguardo furtivo. Quasi mi faceva tenerezza vederlo in attesa che suo figlio spuntasse sulla soglia di casa.
« L'ho chiamato, ma evidentemente starà ancora dormendo » mentii spudoratamente.
Quando Julie mi aveva chiesto gentilmente di chiamare il mio caro fratellastro, avevo fatto il mio dovere, e praticamente mi ero divertita come una matta ad urlare contro la porta della mia camera pur di dargli fastidio. Victor aveva borbottato qualcosa e un sorriso mi si era formato in viso.
Ero riuscita nel mio intento: l'avevo svegliato!
Mi ero sentita così soddisfatta!
Un po' meno lo ero in quel momento, quando Mr.Fascino stava aspettando che suo figlio lo venisse a salutare.
« Se puoi, digli che deve comportarsi bene. Che deve fare il bravo » mi chiese Jean, con un sorriso così dolce da far sciogliere perfino un intero ghiacciaio. Quasi mi tremarono le gambe.
"Quell'uomo sì che era affascinante!" pensai sognante, "altro che suo figlio", come diceva Martine.
« Lo farò sicuramente! » risposi.
"Non l'avrei fatto nemmeno morta!" pensai tra me e me con un sorrisetto malefico.
« Fai la brava anche tu! » mia madre mi stampò un bacio sulla guancia a tradimento, prima di abbracciare forte mio padre.
« Grazie » la sentii sussurrare.
"Ma grazie di che?" pensai, furiosa con lei. Al massimo avrebbe dovuto scusarsi!
Mio padre Pierre era un santo. Le sorrise tranquillo e la baciò piano sulla fronte, prima di salutarla definitivamente con la mano.
Quando anche l'ultimo barlume di fumo nero del tubo di scappamento del Taxi fu disperso, rientrammo in casa.
« Adèle, io mi preparo la colazione. Ne vuoi? » mi domandò papà incamminandosi in direzione della cucina.
« No, grazie. Credo ronferò un altro pochetto » ammiccai sorridendo, prima di salire le scale a due a due.
Era domenica, e avevo deciso — cominciando già a disubbidire agli ordini di mia madre — di non aprire la pasticceria per quel giorno.
Volevo che fossero le mie ultime 24 ore libere!
Quando arrivai alla camera degli ospiti, spalancai la porta e rimasi di stucco. Entrai piano, evitando i miei scatoloni poggiati a terra alla bel'e meglio, e raggiunsi il baldacchino.
Al centro di esso, vi era Victor.
Sempre mezzo nudo, con le lenzuola azzurrognole arrotolate alle sue gambe sfilate e mascoline, e un'espressione beata sul viso. Un ciuffo ribelle gli ricadeva tra gli occhi, dandogli l'aria di un cagnolone sciocco ma dolce.
« Ma allora questa è proprio un'abitudine! » esclamai imperiosa, portando le mani ai fianchi.
Il mio fratellastro non si mosse, ed io scossi la testa.
« Non posso crederci! » borbottai infastidita per tutta quella situazione assurda.
Mi avvicinai di più e cominciai a strattonare la stoffa per riuscire a tirarlo giù dal letto.
L'impresa si rilevò più ardua del previsto.
Feci leva sulle gambe e provai a smuovere il suo corpo attorcigliato nelle lenzuola. Con qualche centimetro guadagnato, ero sicura di poterlo far cadere sul pavimento, ma misi un piede in fallo, e scivolai su di un lembo di lenzuolo finito per terra. Il mio di dietro finì per battere sul parquet di legno.
« Maledizione! » urlai digrignando i denti per il dolore sordo.
Mi misi in piedi quasi a fatica, e decisi di cambiare tattica. Alzai un braccio e gli sferrai un ceffone degno di nota. Il suo viso si mosse inclinandosi, e i suoi occhi finalmente si schiusero un pochetto.
Incrociai le braccia al petto guardandolo malissimo.
« Si può sapere perché ti sei appropriato anche di questa stanza? » domandai sarcastica.
Lui mugugnò qualcosa, poi si alzò su di un gomito, e con la mano libera si scostò il ciuffo di capelli dalla fronte, portandolo indietro.
« Puzzava in camera mia » ebbe il coraggio di rispondere.
« Ed io cosa ti avevo detto ieri?! »
« Sei un uccellaccio del malaugurio » replicò lui con voce impastata.
« Ti diverti a paragonarmi agli animali? » sbuffai nervosa, battendo lievemente un piede a terra impaziente.
Victor alzò un sopracciglio confuso, poi si mise a sedere.
« Cosa vuoi? » chiese annoiato.
Strabuzzai gli occhi.
« Cosa voglio?? » urlai « VOGLIO IL MIO LETTO! ».
« Prego » indicò la porta « È nella stanza accanto! » disse.
Rimasi per un attimo interdetta.
« Certo che tu hai proprio una bella faccia tosta! » sbottai di nuovo al limite della sopportazione.
« Che ho un bel viso me l'hanno detto in molti » commentò sfacciato, muovendo le sopracciglia con un sorrisetto malizioso e mordendosi il labbro inferiore. Una scarica elettrica passò per il mio stomaco, ma la ignorai beatamente.
« Sei un imbecille! » esclamai, prima di mollargli un altro ceffone.
« Ma sei idiota?! » gridò Victor furioso, toccandosi la guancia.
« Esci dal mio letto! » ribadii.
« Nessuna donna me l'aveva mai detto! » commentò lui facendo spallucce.
« C'è sempre una prima volta! » ribattei indignata.
A quel punto, Victor scese dal baldacchino e si ritrovò di fronte a me. Solo in boxer. Di nuovo.
« Non capisco perché voi maschi dormite praticamente nudi! » mormorai storcendo il naso, guardandolo però fisso negli occhi
per non perdermi nel suo addome piatto e sodo.
« Ed io non capisco come certe ragazze possano indossare dei pigiami così anti-stupro » disse.
Con la bocca spalancata per lo sdegno, alzai una mano per far partire un ulteriore schiaffo, rabbiosa come non mai. Victor però, bloccò il mio braccio a mezz'aria.
« Basta » disse, improvvisamente serio.
« No » bofonchiai, tentando ancora una volta di arrivare al suo viso.
Il mio fratellastro aveva una presa d'acciaio, e non mi faceva avvicinare a lui nemmeno di poco.
Cercai inutilmente di aiutarmi con l'altra mano, ma lui fermò anche quella.
Con una stretta ferrea ai polsi, eravamo ad un palmo di naso, fissandoci come cani feroci.
« Sei uno stronzo » gli sibilai praticamente in faccia.
« E tu una stronza! » replicò Victor senza remore, avvicinando la sua bocca alla mia. Per qualche istante, il mio cuore perse un battito.
Il suo fiato notturno non era molto gradevole, ma il calore che emanava mi fece avvampare di colpo.
« Lasciami » dissi molto flebilmente, sentendomi improvvisamente molto debole.
« No » gli occhi violacei di Victor mi inchiodarono.
Deglutii impercettibilmente fissando le sue labbra sempre più vicine alle mie.
Avrei voluto districarmi e scappare, ma non riuscivo a reagire.
Fu solo quando eravamo a pochi millimetri distanti l'uno dall'altro, che chiusi gli occhi con il cuore che mi batteva a mille.
Cosa avrebbe fatto?
Poi un solletichino al naso mi fece tirare un grosso sospiro di sollievo.
« Dormirò qui per stamattina, Ranocchia. E questo è quanto! » mi sussurrò all'orecchio sinistro, prima di tirarsi indietro e lasciarmi entrambi i polsi.
Come se avessi ricevuto una scossa, indietreggiai portandomi le mani al petto. Il battito stava rallentando.
Avrei voluto urlargli ancora contro, maledirlo e picchiarlo, ma strinsi i pugni e gli voltai la schiena.
« Dopo questa mattina, se ti ritrovo ancora in questa stanza, ti castro! » detto questo, corsi via dalla camera degli ospiti sbattendomi forte la porta alle spalle.

Una pasticceria per DUE (SOSPESA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora