7.CAPITOLO: È invasata, Ranocchia, Stronza, e pure ingrata!

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VICTOR

D'accordo.
Forse non avevo previsto che la mia cara sorellastra sarebbe inciampata nei suoi stessi piedi, si sarebbe sporcata di vernice e sarebbe finita zuppa nel bagno della mia nuova camera.
Quando l'idea geniale di ridipingere era arrivata alla mia mente, ero corso a comprare l'occorrente senza badare troppo a cosa mi avrebbero detto i coniugi Dubois e la Ranocchia. Volevo solo togliere quel lilla orrendo dalle pareti.
E così avevo preso una tinta viva. Un rosso scarlatto da accecare gli occhi di chi non era abituato.
Amavo quel colore, e da quando avevo memoria, le mie stanze erano sempre state in quel modo.
Messe le cuffiette dell'Ipod nelle orecchie, con la Callas a tutto volume, avevo cominciato a ripensare a tutto quello che era successo in quell'ultima settimana.
Era assurdo come la vita poteva cambiare in così poco tempo.
Intento com'ero a fissare i miei obiettivi per quel prossimo mese, non avevo sentito arrivare Adèle. Era entrata come una furia in camera e aveva cominciato a dare di matto. Si era macchiata con la vernice del mio pennello, era caduta e si era trascinata orgogliosamente in bagno.
Era comparsa anche una ragazza carina, con i capelli castani ed enormi occhi azzurri, con in mano un ombrello a mo' di arma. L'avevo guardata con un sopracciglio alzato incuriosito, prima che fuggisse dalla stanza come una furia.
Avevo seguito poi la Ranocchia in bagno, e volevo essere quasi gentile nell'aiutarla a pulirsi, ma lei aveva messo su quell'espressione arrogante e irritante, che avevo finito per spruzzarla tutta. Il getto della doccia non mi aveva risparmiato, così con la t-shirt attaccata addosso, ero rimasto a sorridere come un ebete quando due agenti di polizia erano spuntati sull'uscio della porta.
« Salve! Qualche problema agente? » chiesi con sfrontatezza. Non ero particolarmente amante delle forze dell'ordine, per un evento passato che aveva compromesso la mia fedina penale per sempre.
« Ci é pervenuta una segnalazione di un intruso a questo indirizzo! » rispose il più anziano dei due. Con baffi a martello neri come la pece e la zazzera bianca.
« Signor agente, lui è l'intruso! » sbottò subito Adèle. Mi voltai leggermente verso di lei trattenendomi dallo scoppiare a ridere. Aveva i capelli arruffati e attaccati alla fronte; la canotta bagnaticcia, attaccata al suo seno francamente troppo piccolo per poter attirare la mia attenzione, e la vernice rossa strascicata sulle guance.
Il poliziotto ci fissò entrambi, poi si voltò verso il collega, e dopo si sporse per incontrare li sguardo della sconosciuta che aveva brandito l'ombrello poco prima.
« Agente, io sono Adèle Dubois, questa è casa mia. Lui non so chi sia! » aggiunse storcendo quel suo naso a patata, lanciandomi un'occhiataccia.
Il poliziotto alzò un sopracciglio evidentemente scettico.
« Facciamo così » cominciò, afferrando il braccio della Ranocchia. Un'improvvisa scarica di adrenalina, arrivata da nulla, mi fece alzare una mano involontariamente. Con un buffetto, scacciai la presa dell'agente sulla pelle di Adèle e lo guardai in cagnesco.
« Manteniamo la calma! » s'intromise l'uomo più giovane « Seguiteci in centrale, solo per un controllo » disse pacato fissandomi intensamente.
« Io non vado da nessuna parte! » ribadii piazzandomi di fronte ai due poliziotti, facendo in qualche modo da scudo alla Ranocchia.
Sentivo una rabbia sopita ribollirmi nelle vene. Dietro di me, percepivo lo sguardo pressante della mia sorellastra.
« Agenti, lei non centra niente » la voce della sconosciuta mi riportò per un momento alla lucidità.
Ma cosa diavolo stavo facendo?
Avevo giurato a me stesso e a mio padre che non avrei più avuto a che fare con la legge, perché avevo reagito? Per quell'invasata poi!
« Signorina, un controllo é dovuto » gli rispose l'uomo più giovane invitando, con lo sguardo, Adèle a seguirlo. La Ranocchia sospirò rassegnata, poi mi fissò in cagnesco superandomi e raggiungendo l'agente fuori dal bagno, e quindi fuori dalla camera.
Il più anziano aspettava me.
« Io non mi muovo » piantai bene i piedi a terra, impuntandomi.
Una mano nodosa e dura, mi afferrò malamente per la nuca trascinandomi fuori a forza.
Avrei voluto dibattermi, ma ripensai all'accaduto di qualche anno prima, e ci ripensai.
I poliziotti condussero me e Adèle nella loro auto, che ancora mandava bagliori bluastri.
Quando sedetti dietro, con le sbarre che ci dividevano dagli agenti, un dolore bruciante invase il mio petto. La sudorazione sembrò aumentare, e il battito del mio cuore prese ad impazzire frenetico.
« Sei solo un imbecille » mi sentii sussurrare all'orecchio.
Mi girai di scatto verso la Ranocchia.
« Chi è la stronza che ha chiamato la polizia? » dissi gelido.
« Stronza?! Ed io che cavolo ne sapevo che eri a casa! Quella é casa mia! Non tua! » urlò furiosa.
« Ora é anche mia » risposi piano sottolinenando quella parolina e tornando a guardare davanti a me, cercando di calmare le pulsazioni.
« NO! » due pugni leggeri, mi si piantarono nel petto. Voltai il collo alzando un sopracciglio.
« Sai che non mi fai niente, vero? ».
Uno schiaffo partì prima che finissi di parlare, stampandosi sulla mia guancia destra. Il pizzicorio arrivò indifferito.
« Tu sei matta! » sibilai avvicinandomi al suo viso con disgusto. Il suo fiato caldo che sapeva di cannella, arrivava alla mia bocca solleticandomela.
Ero furioso.
Non solo in centrale avrebbero scoperto che la mia fedina penale era macchiata, ma se la Ranocchia mi avesse denunciato, avrei passato grossi guai. E per cosa poi?
Per una riverniciatina!
« E tu sei un imbecille! » ribatté ancora Adèle, soffiandomi in faccia.
« E tu non conosci altre parole per insultarmi, giusto? » la presi in giro.
La mia sorellastra mi guardò come se volesse uccidermi.
« Silenzio là dietro! » ci intimò l'agente con i baffi a martello.
« É la Ranocchia che non riesce a tener la bocca chiusa » replicai facendo spallucce e tornando al mio posto, allontanandomi per quel che potevo, da lei.
« Giuro che ti renderò la vita un inferno » borbottò Adèle incrociando le braccia al petto e rinchiudendosi in un muto silenzio.
Sulle mie labbra spuntò un sorrisetto beffardo. Se era convinta che quella minaccia serviva con me, aveva sbagliato a valutare la situazione.

Una pasticceria per DUE (SOSPESA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora