14.CAPITOLO: Perché voglio sapere di più?

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ADÈLE

Era passata una settimana da quando mamma e Mr.Fascino erano partiti per le Bahamas.
Le cose con il mio caro fratellastro non erano migliorate granché.
Dopo aver conosciuto la sua pseudo-amica e averle permesso praticamente di fare sesso con lui nel mio letto, i nostri battibecchi non erano cessati.
In pasticceria e a cena, discutevamo sempre.
Dorothèe e Didier cercavano di placare i nostri animi — soprattutto davanti alla clientela — ma poche volte ci riuscivano davvero. Per il resto, li ignoravamo.
Quella mattina era di nuovo lunedì, e già non ne potevo più di quell'estate.
Eravamo arrivati a "La Bonne Vie" poco dopo l'orario di apertura. Avevamo sistemato i tavoli, e aiutato i due gemelli con i preparativi per la colazione.
Alle 9:00 in punto, tutto era perfettamente in ordine.
« Non c'è ancora nessuno » commentò Victor guardandosi attorno scettico.
« Mr.Ovvietà » borbottai, uscendo da dietro il bancone e scegliendo un tavolo accanto alle grandi finestre a vetri, da cui si poteva guardare fuori in strada.
Il mio fratellastro decise di ignorarmi.
Tirai fuori dalla borsa enorme che mi ero portata dietro, un volume di seicento pagine di Diritto di famiglia, e cominciai a sfogliarlo mal volentieri.
Non ero dell'umore per studiare, ma dovevo pur iniziare da qualche parte.
In quella settimana non ero riuscita a toccare libro, e non so come avrei potuto fare altrimenti negli altri tre mesi, visto che la pasticceria restava aperta tutti i giorni fino a sera.
« Che noia » sentii dire, eppure non alzai gli occhi dalla scrittura fitta fitta del mio manuale.
Lessi si e no due pagine, poi il rumore di una sedia trascinata, mi distrasse.
Mi ritrovai l'imbecille seduto di fianco.
Per poco non caddi all'indietro, visto che mi stavo dondolando.
« Cosa studi? » mi chiese incuriosito, sporgendosi sul mio libro e quindi avvicinandosi spaventosamente alla mia guancia.
Cercai di ritrarmi e rispondere normalmente.
Da quando mi aveva ringraziato per Monique, non riuscivo ad essere più tranquilla in sua presenza.
Mi agitavo per un no nulla, soprattutto quando invadeva il mio spazio vitale.
« Credo di avertelo già detto. Diritto » sbuffai spostando il libro dalla parte opposta a Victor.
Il giovedì precedente, l'imbecille mi aveva visto raccogliere i libri dal soggiorno e andare nella stanza degli ospiti. Mi aveva seguito mentre salivo di sopra, chiedendomi a cosa mi servissero.
Per una volta, gli avevo risposto in maniera educata, spiegandogli brevemente di Cambridge.
Non sapevo perché l'avessi fatto. In fondo erano fatti miei e lui era un estraneo.
Eppure avevo preferito dire la verità che liquidarlo come sempre. Ma lui aveva fatto una battutaccia sugli avvocati — che poi non era nemmeno ciò che io volevo fare — e sull'Inghilterra, ed io mi ero eclissata disgustata.

Victor alzò lo sguardo inarcando un sopracciglio.
« Sei davvero convinta di volerti trasferire? » buttò lì poi, riportandomi a quel momento.
Per un attimo credetti di essermi immaginata quella domanda.
Perché mai voleva saperlo? Cosa gliene fregava a lui?
« Ovvio che sì! » ribattei guardandolo malissimo.
« Parigi é così...perfetta » mormorò lui distogliendo i suoi occhi dai miei, fissando fuori dalle grandi finestre.
Notai il suo sguardo calmo e lontano, e mi domandai del perché quell'affermazione.
« A me piace Parigi » dissi dopo un po' « Solo che non posso perdere quest'opportunità. E poi, voglio vedere il mondo! » aggiunsi sciogliendomi in un piccolo sorriso.
Il mio fratellastro tornò a guardarmi con un'espressione curiosa ed enigmatica.
« Cosa credi ci sia lì fuori? » prorruppe.
« Il mondo? La vita? »
« Non c'è bisogno di andar via per vivere! » sbottò Victor. Poi si alzò di scatto, facendo persino ribaltare la sedia su cui era seduto.
« Ehi! Ma che ti prende? » urlai.
Lui aprì così forte la porta della pasticceria, che il campanello a pendolo tintinnò due volte prima di calmarsi.
« Successo qualcosa? » Didier che in quel momento era rientrato dal retro, mi lanciò un'occhiata interrogativa.
Scossi la testa irritata.
« È imbecille! » dissi semplicemente tornando al mio libro.
Alla quinta pagina, digrignai i denti e maledii il mio fratellastro.
Non riuscivo a concentrarmi. Non dopo il suo comportamento assurdo.
Chiusi il volume di Diritto di botto, e mi alzai diretta fuori dalla pasticceria.
Lo trovai poggiato ad un auto parcheggiata sul vialetto, tanto per cambiare.
« Vedo che non hai perso il vizio » dissi avvicinandomi.
Non mi ero accorta che in bocca aveva una sigaretta.
« Fumi?! » esclamai troppo sorpresa. In quei giorni che ci eravamo frequentati, non l'avevo mai visto una sola volta fumare, ne puzzare di nicotina.
« No » rispose.
« Allora quella cos'è? » alzai un sopracciglio scettica.
« Un antistress » disse, e se la tolse di bocca mostrandomela.
« È tutta mangiucchiata, vedi? La uso come antistress » mi spiegò.
Spalancai gli occhi per lo stupore.
« Tu devi farti curare! » mi uscì prima di bloccare la mia linguaccia petulante.
Victor però, senza preavvisi, scoppiò a ridere.
« Lo so » ridacchiò guardandomi in un modo particolare.
Per un attimo mi parve di sentire il cuore accelerare.
« E...Monique? Che fine ha fatto in questi giorni? » domandai un po' impacciata.
« In giro » rispose lui vago.
Corrugai la fronte.
« Abbiamo una relazione libera. Siamo sciolti. Possiamo fare quello che vogliamo » spiegò staccandosi dall'auto su cui era appoggiato e stiracchiandosi. Posò la cicca spenta nella tasca del grembiule verde che avevo tanto faticato a costringerlo a mettersi in quella settimana, e se lo slacciò.
Me lo gettò tra le mani, poi alzò le braccia e un lembo della sua t-shirt si sollevò, scoprendo un pezzo di pelle bianca proprio sotto l'ombelico.
Distolsi lo sguardo automaticamente.
« Perché mi hai seguito fuori? » mi domandò poi a bruciapelo, cogliendomi alla sprovvista.
« Io...emh »
« Non stavi studiando? » replicò l'imbecille incrociando le braccia al petto.
« Sì » mi affrettai a rispondere.
« Cioè no. Cioè...perché hai detto quelle cose? ».
Non riuscii più a trattenermi, e glielo chiesi.
Cos'era successo da indurlo a dire che non c'era bisogno di abbandonare Parigi per vivere?
Victor sciolse la stretta sulle sue braccia e si passò una mano tra i capelli, scompigliandoli tutti.
Quel gesto avevo imparato a conoscerlo in quella settimana.
Lo ripeteva ogni qualvolta era nervoso o stanco, oppure rassegnato.
« Lascia stare quello che ho detto » disse « Non mi ascolti mai, perché ora dovresti? ».
« Non è vero che non ti ascolto! » protestai facendo un passo avanti verso di lui.
« Davvero? E allora perché per una volta non ti vesti come una ragazza ventenne e non come una quindicenne?! ».
Lo schiaffeggiai prima di rendermene effettivamente conto.
Il suo viso si spostò così velocemente da sinistra a destra che immaginai avesse girato lui stesso la faccia.
La sua mano raggiunse la guancia massaggiandola piano.
« Sei anche manesca! » esclamò fissandomi però con un sorrisetto sghembo.
« Non è vero! » replicai mettendo su il broncio « Sei tu un maleducato! ».
« Se la verità è diventata maleducazione, allora siamo tutti educati a questo mondo! » disse sarcastico.
Storsi la bocca e lo canzonai con un'occhiata.
« Perché cambi argomento? Chi è scappato da Parigi lasciandoti solo? » gli chiesi seria.
Victor mi guardò come se gli avessi appena sparato.
« Questi non sono affari che ti riguardano! » sbottò livido, pestando i piedi a terra con forza.
Evidentemente avevo fatto centro.
« Allora rispondimi...» insistei.
Il mio fratellastro fece un passo avanti inchiodandomi con lo sguardo.
Con la testa reclinata all'indietro, gli fissavo i miei stessi occhi, curiosa di saperne di più sulla sua vita.
« Fatti gli affari tuoi, Ranocchia » sibilò.
Un sospiro agitato, mi uscì dalle labbra accorgendomi di quanto fosse vicino.
Di nuovo.
« Io...»
« Ragazzi! È in arrivo un cliente! » la voce possente di Dorothèe ci riportò alla realtà.
L'imbecille interruppe il contatto visivo, e mi diede una spallata, oltrepassandomi con indifferenza.
L'impatto era stato più lieve di quello che mi era sembrato; eppure sentii dolore alla spalla sinistra, e un nodo alla bocca dello stomaco mi fece domandare perché quell'improvviso interesse per la precedente vita dell'imbecille.
Che stessi prendendo la febbre?

Una pasticceria per DUE (SOSPESA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora