18 - Quanto ancora vuoi aspettare?

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Damian rimase a bocca aperta, pensando da dove potesse essere saltata fuori una cretinata di quelle dimensioni. «Impossibile!» esclamò scioccato. «Avrai preso di certo un abbaglio! Non l'avrei mai fatto!» affermò sicuro.
«Oh ti prego!» urlò l'altro alzando gli occhi al cielo, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi. «Quanto stupido pensi che possa essere? So perfettamente cosa ho visto!» continuò, mentre quell'immagine, vivida nella sua mente, affiorava di nuovo in tutta la sua durezza. «Che senso ha mentire? Adesso poi!»
«Non sto mentendo!» insistette l'altro. «Non. Ho. Baciato. Nessuno!» scandì.
«E allora che ci facevate tu e quel biondino avvinghiati sul tuo letto?» gridò il piccolo avvicinandosi minaccioso.
«Ma quale biondino? È assurdo, io non...» poi si bloccò rammentando un piccolo particolare che aveva cercato di relegare in un angolino della sua mente. «Mark!» esclamò. «Stai parlando di Mark Hoogan! Te lo ricordi? Quello del quarto anno con una strana fissa per me.» rammentò con disgusto.
«Eccome se me lo ricordo... era terrificante. Si appostava dappertutto, una volta me lo trovai anche sotto casa.»
«Appunto, terrificante è la porla giusta... era lui! È l'unica cosa che tu possa aver visto e sono pronto a giurarlo.» affermò sicuro. «Non ricordo esattamente tutti gli eventi o cosa sia successo prima o dopo, so solo che me lo trovai in camera, mentre mi diceva che voleva almeno un assaggio prima che me ne andassi! Ti rendi conto?» raccontò rabbrividendo al solo pensiero. «Ovviamente lo rifiutai, prima gentilmente, dicendogli che da me non avrebbe avuto niente... che ero già impegnato e che non l'avrei mai e poi mai ricambiato. Lui non rimase molto contento della cosa e... e poi successe tutto in un attimo. Me lo trovai praticamente addosso con le sue labbra attaccate alle mie. È stato disgustoso. Ci ho messo un attimo a capire quello che stava facendo, perché, andiamo! Chi pazzoide potrebbe arrivare a tanto!? Era così insistente che alla fine l'ho dovuto cacciare a pedate fuori da casa, urlando poi a madre che se lo avesse visto di nuovo, avrebbe dovuto chiamare la polizia!» Damian fece una pausa, ricacciando indietro quell'episodio vomitevole, prendendosi qualche minuto per scrutare il profilo dell'altro che, ora, sembrava perso completamente fra i suoi pensieri. «Ci sono voluti anni per cancellare quell'avvenimento... insomma, Mark Hoogan!» ripeté con espressione nauseata.
«Se solo avessi saputo che avevi assistito a quella scena! Adesso penso di avere chiaro il perché mi odiassi, ma credimi, non c'è mai stato nessuno. Dopo di te, non c'è mai stato veramente qualcuno.»
Il più piccolo rimase ancora qualche secondo in silenzio, meditando su quelle ultime parole.
Era riuscito a trovare le risposte che cercava, a dare un senso a tutta quella storia che, solo ora, si era reso conto essere stata una gigantesca sagra di cose non dette e circostanze sfavorevoli. Voleva credere a quello che il più grande gli aveva appena detto, non perché cercasse un pretesto per riaverlo vicino, ma semplicemente perché era convinto che fosse la verità.
Matt si sedette accanto al compagno, continuando a far scorrere nella sua testa il discorso appena concluso, ritenendosi finalmente soddisfatto. Ogni dubbio era stato chiarito, ogni incertezza spazzata via e ogni rancore, alla fine, era stato razionalizzato. Ormai non aveva bisogno di lasciarsi alle spalle più niente, non doveva più lasciarsi condizionare da avvenimenti mai successi e, soprattutto, poteva ricominciare da capo un qualcosa che in realtà non era mai finito.
Alzò i suoi occhi verdi in quelli cioccolato di Damian, per poi, improvvisamente, scoppiare a ridere buttandosi indietro sul letto, mentre quella lacrime di frustrazione trattenute per troppo tempo, si liberavano in rivoli sulle tempie.
«Che hai da ridere scemo?» chiese l'altro accigliandosi.
«È che... che... cielo! "Un assaggio"!? Ce lo vedo Mark a dire una cosa del genere!» esplose completamente tenendosi la pancia «E... oddio, mi immagino la tua faccia! Addirittura chiama la polizia
Damian mise su un finto sguardo bieco, iniziando a sorridere. «È stato orribile, non dovresti ridere delle mie disgrazie. Sei pessimo.»
«Lo so! Ma non posso farci niente... più ripenso a quello che ho visto... e più mi viene da ridere.»
L'altro gli salì sopra, puntellando le ginocchia sul materasso ai lati del suo busto, sorreggendosi sulle braccia tese. «Significa che mi credi?» domandò speranzoso guardandolo dall'alto. «Perché se non sei convinto possiamo anche telefonargli, convocarlo, inviargli una lettera... o chiamare mia madre e chiedere a lei, sicuramente si ricorderà...»
Matt cercò di tornare serio e, guardandolo negli occhi, gli passò leggere le dita lungo la guancia. «Sì, ti credo.» lo rassicurò.
«Anche quando ti dico che non è passato giorno, nel quale non ti abbia pensato o non abbia desiderato averti accanto?» gli chiese asciugandogli con il pollice un'altra lacrima caduta sul suo viso.
«Sì, ti credo.» gli soffiò il piccolo sulle labbra, prima di baciarle dolcemente.
«Non riesco ancora a credere di aver buttato via tutto questo tempo per niente.» mormorò il più grande accarezzando la guancia di
Matt. «Avrei dovuto chiamarti... o almeno farmi vivo.»
«La stessa cosa vale per me.» replicò l'altro spostando le mani sulle spalle del compagno. «Avrei dovuto parlare con te prima... anche solo per darti la possibilità di spiegare. Invece mi sono chiuso in me stesso e nella delusione del momento senza fare niente.»
«Direi che abbiamo entrambi una buona dose di colpe.»
«Già.»
«Matt, io...»
«Dimmelo dopo.» gli sussurrò il ragazzo all'orecchio prima di mettersi seduto iniziando a sfilare la maglia.
«Che fai?»
Il piccolo gli sorrise malizioso «Non è ovvio? Rimedio alle mie colpe...»
«Sì, ma credevo... ora?»
«Non ti pare di aver aspettato anche troppo? Ma se vuoi possiamo fare finta di niente per altri... che so... cinque o sei anni?» lo provocò facendo segno di rivestirsi.
«Non ci pensare neanche!» ringhiò Damian, prima di afferrare il ragazzo per i fianchi, portandoselo addosso.

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