1 - Guai sul vialetto di casa

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Matt guardò l'amico in volto per dei minuti incapace di metabolizzare appieno quanto avesse appena detto. Damian stava tornando in città, si sarebbe trattenuto per tre lunghi mesi e, cosa peggiore, sarebbe partito tra sole due settimane.
«Viene a passare le vacanze qui!? Cos'è, all'improvviso gli è venuta la nostalgia?» domandò in un misto fra ironico e adirato, sentendo già l'ansia salire.
L'altro continuò ad evitare il suo sguardo, decidendo se fosse il caso o meno di fare accenno anche alla seconda parte della faccenda.
«In realtà... sta pensando di ritrasferirsi qui. Definitivamente.» confessò.
Matt sgranò gli occhi incapace di formulare un qualunque pensiero sensato.
«Ascolta, lo so che non è facile per te. Ma non è che per pacifica convivenza riusciresti a mettere una pietra sopra all'accaduto?» chiese il biondo, sperando di poter evitare tragedie greche.
«Non vedo il motivo per doverlo fare.» sputò Matt acido «Basterà fare attenzione e riuscirò ad evitarlo facilmente. Mi rinchiuderò in casa e uscirò solo per andare all'Università. Voglio vedere se riesco o meno a non beccarlo in giro!» concluse convinto.
«Ecco, a proposito di questo, lo sai che i miei stanno ristrutturando la casa quindi non hanno stanze libere per gli ospiti... vero?»
«No, no, no! No! Assolutamente no! Non se ne parla! No! Non ci provare nemmeno!» saltò in piedi l'altro minacciandolo puntandogli contro un dito, capendo dove il discorso sarebbe andato a finire.
«In realtà è già tutto fatto.» ammise colpevole, mordendosi il labbro.
L'altro divenne rosso con gli occhi iniettati di sangue in una maschera d'ira. «Ma come cazzo ti salta in mente!? Hai mai pensato di chiedermi se fossi d'accordo prima di dirgli di sì! Fino a prova contraria le bollette e l'affitto li pago anche io, quindi questa è anche casa mia e quello, qui dentro, non ce lo voglio!» sbottò completamente fuori di sé.
«Adesso però ti stai comportando da egoista. Non mi pare di aver mai fatto storie quando ti intrattenevi in camera tua con qualche conquista e questa restava anche a colazione, pranzo e cena!»
L'altro alzò il sopracciglio talmente tanto che avrebbe potuto benissimo sfiorare il soffitto. «Io sarei l'egoista? E poi spiegami che c'entra il fatto che qualche volta uno dei ragazzi con cui stavo si é fermato qui, con il fatto che quello vivrà in casa nostra per tre mesi. No dico tre mesi, non tre giorni!»
«In realtà quattro.» puntualizzò Steven, ottenendo un'altra occhiataccia allibita come risposta. «Tu non ti rendi proprio conto eh?»
«No Matt, sei tu a non rendertene proprio conto. Io ho il diritto di vedere mio cugino e siccome, come hai detto tu, la casa è anche mia, non rinuncerò a passare del tempo con lui perché sei ancora qui, dopo sette anni a pensare alle stronzate che avete fatto quando eravate dei piccoli deficienti!» Detto questo Steve se ne andò sbattendo la porta senza attendere una risposta, decidendo per entrambi.
Quando il battente si chiuse Matthew non poté fare altro che gettarsi a peso morto sul letto sentendo il bisogno di calmarsi. Il cuore batteva impazzito e lo stomaco era annodato dal nervosismo.
Se c'era qualcuno che non capiva, quello era Steven. Non capiva che, se dopo tutto quel tempo ancora ci pensava, era perché le cose erano molto più complicate di quello che gli aveva dato a credere tempo addietro.

Maggio stava volgendo al termine, così come le lezioni universitarie, poi sarebbe stata la volta della sessione estiva degli esami e Matt era già sotto stress per conto suo senza bisogno di dover aggiungere altri motivi.
Era passata una settimana da quella maledetta telefonata che lo aveva fatto precipitare in uno stato di apatia mista ad irritabilità senza precedenti e le cose non sembravano proprio voler andare per il verso giusto. Cedric non si era ancora fatto vivo e non lo aveva neppure mai incrociato per i corridoi. Tutto quell'essere schietto e diretto e poi non lo aveva calcolato minimamente? Fanculo anche a lui! Il lavoro lo stava uccidendo e la litigata con Steve non accennava ad una tregua.
Il suo umore in pratica era più nero di una nube temporalesca.
Ad aggravare le cose ormai ci si metteva pure il fatto che mancavano solo sette giorni e poi avrebbe rivisto la sua nemesi. Chissà se era cambiato in tutto quel tempo. Sicuramente, se aveva passato la pubertà lui, perché anche Damian non avrebbe dovuto?
Con fare annoiato si incamminò verso la fermata dell'autobus per tornare a casa. Non vedeva l'ora di stare sotto il getto tiepido della doccia a sciogliere un po' di quella tensione che ultimamente si era accumulata a tonnellate sulle sue spalle.
Guardando fuori dal finestrino inevitabilmente si ritrovò a pensare a come avrebbe reagito alla vista della sua vecchia conoscenza o a come avrebbe dovuto comportarsi.
Avrebbe dovuto ignorare tutto facendo la persona matura che aveva deciso di passare sopra agli eventi? Doveva trattarlo con distacco? Come un suo ex? Ex che poi ex... ex divertimento personale! Più ci pensava più il suo cervello gli diceva invece di comprare del cianuro e scioglierglielo nel bicchiere appena avrebbe messo un piede in casa sua. Tutto quello era decisamente troppo.
Arrivato alla sua fermata scese dal bus, percorrendo poi a piedi gli ultimi cinquecento metri che lo separavano da casa.
Il leggero vento primaverile gli scompigliò i corti capelli castano chiaro tenuti più lunghi sul ciuffo, accarezzandogli delicato la pelle del viso facendogli socchiudere gli occhi verdi ed inducendolo ad inspirare a pieni polmoni l'odore di fiori ed erba appena tagliata che ebbe il potere, misterioso, di calmarlo almeno per due secondi.
Quando però svoltò la curva, che immetteva nel nucleo abitativo, il suo cuore si fermò del tutto vedendo parcheggiata nel vialetto di casa sua una macchina nera che lui non aveva mai visto prima.
Sentendo una strana sensazione alla bocca dello stomaco si avviò a passo spedito verso la porta trovandola già aperta. Fermi nel piccolo corridoio due ragazzi erano stretti in un abbraccio fraterno che non sciolsero nemmeno quando videro il più piccolo affacciarsi all'interno.
Matt rimase imbambolato sulla soglia squadrando da capo a piedi quell'individuo che, se possibile, era diventato ancora più bello e sexy. I corti capelli neri erano esattamente come li ricordava, il resto invece era completamente diverso: era diventato ancora più alto e decisamente più muscoloso. La maglietta bianca a maniche corte faceva intravedere un bellissimo tatuaggio floreale nero su una spalla e l'ombra di un altro sul basso ventre, mentre ai polsi risaltavano dei braccialetti di cuoio sulla pelle abbronzata.
Il più piccolo si morse inconsapevolmente il labbro inferiore mentre lo squadrava da capo a piedi e quando riportò il suo sguardo verso l'alto venne colto in flagrante da quello scuro e malizioso appartenente all'oggetto delle sue attenzioni.
Rimanendo immobile, totalmente incapace di compiere qualsiasi azione, anche respirare, riuscì con fatica ad abbassare lo sguardo, imbarazzato.

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