Ch.3

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Approfittando delle due ore dell'operazione, esco dall'ospedale e salgo sulla moto alla ricerca di un fioraio nei paraggi. Senza scendere dalla moto,chiedo gentilmente all'uomo di darmi dei girasoli,i fiori preferiti di mia zia. Pago,e ritorno a casa. Mia zia ha sempre messo i fiori in un vaso da lei dipinto, così decido di svuotarlo dai vecchi fiori ormai morti, e di cambiare l'acqua. Dopo aver messo i girasoli all'interno del contenuto, vado a fare la pasta alla carbonara,un piatto italiano che ama tanto Anne. So che potrebbe non farcela, ma io credo in lei,dopo tutto ha solo 45 anni,è ancora giovane per morire. Io credo in Dio,e so che non me la porterebbe via se mi ama così tanto come ogni persona di questo mondo.

Mancano 20 minuti alla fine dell'operazione. Così decido in fretta di andare in qualche negozio cinese a comprare dei palloncini, e a un super mercato a comprare una torta al cioccolato. Torno a casa,lascio la torta sul tavolo. Lego i palloncini sulle sedie,in modo che possano stare fermi. Lascio il piatto di pasta davanti alla torta,che sarà il dessert. Tutto questo sarà per Anne,quando ritornerà, perché lei ritornerà.

Prima che io possa nuovamente montare sulla mia moto,mi arriva un messaggio dalla stessa persona che mi aveva scritto ieri sera.

Sconosciuto:
Pomeriggio alle 16.00 al parco.

Ma chi diavolo è questo? Lo ignoro. Anche se continuo a chiedermi come faccia ad avere il mio numero,visto che non ho amici. Decido di lasciar perdere, e raggiungo nervosamente l'ospedale. Corro verso i corridoi,e mi siedo fuori dalle porte con ansia.

Ce la farà.
Ce la farà

Il rumore di una porta cattura la mia attenzione, e io mio sguardo cade proprio su quella porta.  La sua porta. Esce un dottore,cercando con gli occhi qualche parente del paziente per comunicare qualcosa. 

"Allora dottore?" Chiedo nervosamente. Ho davvero paura. Ma so che ce l'ha fatta. Lo sento. Lei ha vinto. Tornerà a casa e vedrà con i suoi stessi occhi la sorpresa che le ho fatto,non vedo l'ora di poterla riabbracciare. Ma i miei sogni vengono interrotti dal dottore. Mi guarda dispiaciuto, attimi di silenzio. Dimmi che non è quello che sto evitando di pensare.

"..mi dispiace"

NO.
NO.
NO.

Il dottore mi volge uno sguardo comprensivo,si toglie i guanti,e se ne va. Non può fare sul serio,non può  darmi una notizia del genere senza provare compassione nei miei confronti. Capisco che sia il suo lavoro e che sia abituato,ma io non ho nessuno con cui potermi sfogare e piangere. E mentre penso tutto questo,sento una rabbia e un dolore potente che mi fa crollare. Non solo emotivamente,ma anche fisicamente. Cado in ginocchio,piangendo e urlando.

"Noo! Nooo!  Lei non è morta,lei è ancora viva,sta lottando, voglio vederla! Fatemela vedere! Noo!". Molte persone mi guardano comprensive,altre mi guardano male,altre dispiaciuto, ma nessuna di loro disposta ad aiutarmi. Mi sento così sola. Mi rialzo in piedi e in preda alla rabbia esco fuori e salgo sulla moto.  Sono le 16.00,ma non me ne frega niente.
Forse dovrei andare a quella sorta di 'appuntamento segreto'? Decido di ignorare l'opzione e me ne torno a casa. Scoppio i palloncini, rompo il piatto di pasta, e rovescio la torta a terra. Lancio il vaso di girasoli contro il muro. La rabbia ha preso controllo. Più che rabbia, è dolore. Ho perso tutto. Tutto quello che di più caro avevo. Non ho più niente.

Accendo la tv,e mi addormento sul divano.

Mi sveglio,sono le 22.43 e anche nonostante sia pericoloso, esco di casa e vado a correre. So che correre a quest'ora non ha molto senso,mi sono dimenticata di nuovo la giacca,ma non mi importa, non è un problema. Finché soffro,non sento più niente. Non sento il freddo,non finché sono distratta. Continuo a correre arrivando di fronte al parco. Dubito che ci sia qualcuno a quest'ora, e siccome voglio stare da sola,entro e mi siedo su una panchina.  Non ho idea del perché ma improvvisamente mi rialzo in piedi e mollo un pugno contro un muro,facendomi male le nocche sanguinanti. Faccio una smorfia di dolore,ma niente è peggio di quello che sto passando moralmente.  Comincio a piangere a dirotto,e continuo singhiozzare,finché qualcuno mi afferra dal braccio mi abbraccia.

"Sel" Sento dire. Riconosco il suo profumo, lo sento dalla felpa su cui sto piangendo.  È lo stesso ragazzo con cui ho parlato ieri al bar. Lo stesso che mi ha detto di non voler avere più niente a che fare con me. E oddio,odio quando mi chiama Sel . Ma adesso questo non mi importa. Sono tra la calorose braccia di questo ragazzo dagli occhi di cioccolato e i capelli biondi platino.

Justin.

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