Nathan Cordol

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1.

220 anni. Ho 220 anni, cammino su questo mondo da troppo e mai una voltami e capitato di imbattermi in un profumo più buono, più dolce, meravigliosamente doloroso. Perché? Perché è l'odore che ha la figlia del mio migliore amico.

Ho forse specificato che è appena nata? No? È appena nata. Suo padre la sta tenendo in braccio per la prima volta, mentre Merie, sua madre tiene in braccio il suo nuovo figlio. Sono gemelli. Una casa eccezionalmente rara. Noi vampiri riusciamo a malapena a procreare, avere dei gemelli è praticamente un miracolo. Ma loro ce l'hanno fatta. Ed io me ne sto in piedi, dietro Mark, il mio amico, fratello e compagno di viaggio e regno per tutta la vita e l'unica cosa che voglio fare, a cui riesco a pensare è di strappargliela dalle braccia e dichiarare il mio diritto di possederla. La cosa più stupida al mondo. Come se avessi un qualche diritto. Non sono nulla per lei, se non forse un futuro zio acquisito, eppure ogni cellula del mio corpo mi dice che quel profumo, che quel piccolo essere con gli occhi nocciola e la pelle candida ora è la mia unica ragione di esistere. Che è mia. E peggio ancora che le appartengo, che può fare di me quello che desidera, distruggermi, amarmi, farmi a pezzi e ricostruirmi. Tutto. Non le negherei niente. Ma non mi muovo, me ne sto li, come un idiota, incredulo e spaventato. Non ho mai voluto nessuna nella mia vita, se non per una notte o due, ed ora voglio una bambina.

Maledizione. Smettila.

《Nate?》

Non pensarci. Ma non riesco. L'unico pensiero che riesco a pronunciare è: "Mia! Mia! Mia!"

《Nathan!》 La voce di Mark, mi riporta alla realtà e mi costringe a distogliere lo sguardo dal bozzolo che tiene tra le braccia. Cosa faccio ora? Non posso.

《Stai bene?》

《Si.》 E mentre il mio cuore va a mille, comincio a pronunciare le parole che avrebbero cambiato la mia vita per sempre.

《Lei. Lei è.》 mando giù il boccone più amaro in assoluto. 《Io devo..》

《Vuoi tenerla?》 mi dice Mark sorridendo, avvicinandosi e cominciando a sporgerla verso di me.

E non riesco, non riesco a trattenermi, il suo odore mi investe come un fiume in piena, ed è la cosa più bella e buona, come l'odore dell'aria dopo un temporale estivo, che mi dà sollievo dopo il caldo torrido che è la mia vita.

《Io, Nathan Cordol, figlio di Adrien Cordol, qui e oggi di fronte a te, ti dedico la mia vita, la mia anima e il mio corpo fino al mio ultimo respiro.》 Ecco. L'ho fatto. Ho mandato a puttane l'unica relazione sana della mia vita. Mark è sbiancato e mi fissa con occhi spalancati ed increduli. Tanto vale finirla.

《Sono tuo.》 Lo dico quasi sussurrando e la bambina fa un suono tipico dei neonati, come se avesse capito. Lo sa. So che lo sa. Mark indietreggia e so cosa sta arrivando, tutto il mio corpo s'irrigidisce aspettando la sua ira. Non ho nessuna intenzione di contrastarlo, mi merito qualsiasi cosa voglia farmi. Dio solo sa come reagirei se fosse figlia mia. Ed eccomi di nuovo li, come un idiota. Invece di preoccuparmi del male che potrebbe farmi, penso a lei e mi chiedo se mai vorrà avere dei figli. Lei è la mia fine. Ha messo fine a tutto il resto, nulla esiste più. È il mio inizio.

《Cosa?! Nate..》 Merie mi sta fissando incredula. E il suono gutturale che fuoriesce dal petto di Mark mi fa capire che sta arrivando.

《Vattene. Esci fuori da casa mia!》 Il suo tono deciso ed arrabbiato.

E non deve dirmelo due volte, mi giro ed esco dalla porta. E non potrei tornare indietro nemmeno a volerlo, perché è questo il dono di Mark. Quando ti ordina una cosa, la fai, il tuo corpo lo fa e basta. Potrebbe dirti di buttarti da un precipizio, darti fuoco ed infilzarti un paletto nel cuore e lo faresti senza battere ciglio. È stata la sua manifestazione, il suo potere da quando aveva 18 anni. E non l'aveva mai usato su di me. Nemmeno una volta, fino ad oggi.

E me ne vado, mettendo un piede davanti all'altro con ogni fibra di me che urla, e la testa che mi dice di combatterlo e il cuore che sanguina implorandomi di non lasciarla. Però devo farlo, il suo bene prima del mio, sempre, e lui è suo padre. Sono fottuto.

Una volta fuori dalla casa mi fermo e mi siedo sui gradini davanti alla porta. È una villa vittoriana enorme, con un gran giardino racchiuso da un cancello in ferro battuto. Potrei starmene qui fino ad impazzire per la fame, ed oltre. Lui lo sa, perché farebbe la stessa cosa per Merie. Ma il loro incontro è stato decisamente più consono. Lui sessantenne affermato, e lei di appena 30 anni. Eravamo andati insieme alla sua iniziazione, la cerimonia che si tiene tutte le volte che le donne della famiglia compiono 30 anni, quando smettono di prendere le pixie, pillole che oltre a bloccare l'olfatto, nascondono il profumo del sangue al genere maschile. Tanto primitivo quanto efficace. È il rimedio giusto perché ti permette di vivere un'infanzia e un adolescenza normale. Di crescere ed allenarti, concentrandoti sulla tua manifestazione senza perdere la testa per qualcun'altro.

Che cosa ho fatto? Lei si merita 30 anni normali. Maledizione, io ne ho avuti ben 210. Ora che mi sono concesso, non c'è pillola che nasconda il mio odore. Mark mi ucciderà.

La porta si spalanca alle mie spalle facendomi sobbalzare e scattare in piedi. Un cazzotto in piena faccia mi fa girare la testa ed indietreggiare, mentre un altro allo stomaco mi aiuta a guardare la terra da vicino. Per un attimo mi manca l'aria, ma resto a terra. Non rispondo ai colpi, lo guardo e aspetto, ma non ne arrivano più. Mark in piedi di fronte a me, con la solita postura ritrovata non mi guarda nemmeno mentre si aggiusta la camicia. È sempre stato il sovrano più composto ed elegante, mentre io coi miei capelli medio lunghi e spettinati, la maglietta nera e i jeans non reggo il confronto.

《Nel mio ufficio. Ora.》

L'ho combinata grossa. Sono riuscito a fargli perdere la calma e la compostezza. Arrivare alle mani è un concetto sconosciuto al "re pacato". questo perché di solito non deve alzare un dito per ucciderti. Non ho mai visto nessuno che fosse riuscito a farlo incazzare cosi e fosse vissuto per poterlo raccontare.

Saremo ancora amici? Mi rivolgerà ancora la parola? Maledizione. Quando entriamo nell'ufficio si siede sulla poltrona di pelle nera, al di là della scrivania. Come se si trattasse di lavoro. Siamo alle formalità. Un'altra novità per me.

Mi fa cenno di sedermi. ovviamente alla debita distanza, sulle maledette sedie vittoriane scomode. Sa che odio stare seduto eppure lo faccio. Non oso contraddirlo.

Il silenzio mi sta mangiando vivo. Forza Nathan, se hai avuto le palle di concederti a sua figlia neonata puoi anche aprir bocca e dire qualcosa.

《Mi dispiace.》 Mi fissa e basta, con i gomiti appoggiati sulla scrivania, le dita sotto il mento e i capelli neri e lunghi dietro le orecchie. Eccoci li, il razionale e l'impulsivo.《Nemmeno in 1000 anni avrei potuto pensare che sarebbe successo.》

《Però è successo. L'hai fatto.》 mi risponde in tono glaciale.《Hai appena avanzato pretese su mia figlia.》

《Io...》Beh si. Cos'altro devo aggiungere?

《Che non ha nemmeno un giorno.》Questo.

《Se l'avessi saputo, non sarei mai entrato in quella stanza.》

《Oh sappiamo entrambi che l'avresti fatto.》

Ha ragione, si. L'avrei fatto. E come se l'avrei fatto. Sapendo come mi avrebbe fatto sentire probabilmente avrei persino assistito al parto. Che cavolo, l'avrei tirata fuori io a mani nude. Deglutisco e stringo i denti. Mi prenderei a pugni da solo.

《Bene. Ora io parlo e tu ascolti senza interrompermi.》 Un'altro ordine. Cominciamo bene, dovrò starmene buono e zitto.

《Ammetto di aver riflettuto sul argomento mentre Merie era incinta. Mi è capito di pensare alla cerimonia di mia figlia e al momento in cui avrebbe proclamato un vampiro. Ma nemmeno nei miei peggiori incubi avrei pensato a quello che hai appena fatto. È imperdonabile. Non me la porterai via, non hai questo diritto. Non te lo permetto. Ammetto che ti avrei fatto molto più male se Merie non fosse intervenuta.》

Non gliela porterei mai via. O forse si? Non so più di cosa sono capace. Riesco a sentire il suo odore, anche se ci separa un piano intero. Il suo pianto improvviso mi fa irrigidire. Per fortuna smette e sento Merie che la consola. Ha sempre avuto un istinto materno formidabile, discendente da una lunga famiglia di donne molto fertili, essere protagoniste di un parto gemellare è straordinario. Metterà sempre i suoi figli prima di tutto. Forse ha evitato la mia morte.

《Quindi faremo le cose per bene, perché hai completamente cambiato le carte in tavola. Mia figlia avrà un'infanzia felice, e un adolescenza e persino una cerimonia come tutte le altre del suo rango. Non cambieremo nulla. Prenderà il pixie prima del dovuto per ovvie ragioni e questo ti impedirà di sentire il suo odore visto che lei non si è concessa.》 No! No, no ti prego, sarà come togliermi l'aria. Fammi parlare maledizione!

《Ma visto che tu lo hai fatto pienamente, il pixie non servirà a niente. Non potrà più nascondere il tuo odore, quindi dovrai andartene. Lontano. Capisco che per i tuoi impegni regali dovrai restare nel paese ma sarai sempre ad una distanza debita da lei. Mi assicurerò che ciò accada.》 Vedendomi impallidire e spalancare gli occhi aggiunge:

《Ovviamente non sono così folle da tenervi lontani per sempre, anche se credimi, lo vorrei con tutto il cuore. Come ho già detto avrà una cerimonia e sarai invitato. Dovrai mantenere le tue distanze fino al suo trentesimo compleanno. E ho intenzione di ordinartelo. Non potrai contattarla o raggiungerla in nessun modo, e qualora lei dovesse spostarsi ti contatterò e ti darò nuovi ordini.》

È pazzo. Sono stato salvato dalla morte sicura solo per essere torturato per trentanni. Il cuore mi fa già male, il mio corpo si arrende sulla sedia. Mi sta facendo a pezzi. Io non posso più starle lontano. Non voglio!

《Non ti è permesso parlare perché la decisione è mia soltanto. E l'alternativa è la guerra.》 Questo mi fa scattare e porgermi in avanti.

《Si hai capito bene. Tu porgi pretese su mia figlia neonata e non ho intenzione di permettertelo, se non fino a che avrà raggiunto l'età adatta. Quindi se non accetti le mie condizioni, ho intenzione di separarmi da te e Crystal e scatenare una guerra civile pur di impedirti di averla.》

E la cosa peggiore è che non sta scherzando. Trent'anni. Tutto mi fa male ad ogni respiro, il suo profumo mi provoca piccole fitte allo stomaco mentre il mio cuore sta già sanguinando. Mi piego in avanti, prendendomi la testa tra le mani. Si. Sono fottuto. Questa è ufficialmente la mia fine.

《Puoi parlare.》 Grazie. Per dirti cosa? Si, voglio fare la guerra? Perché cazzo lo farei. Ma lei mi odierebbe poi? In fondo le lascerei passare trent'anni con la sua famiglia. Crescere, manifestarsi.

《Mi dispiace che non ci sarai a vedere crescere i miei figli. Ci sei sempre stato e mi mancherai. Ma devi capirmi.》

Ah. Quindi sono isolato non soltanto da lei. Ma anche da lui e Merie, e Clara. La testa mi sta per esplodere. Solo. Odio stare da solo. Ed i tanti altri che vorrebbero uccidermi pur di regnare al posto mio non renderanno le cose più facili. Lo guardo negli occhi e vedo anche il suo dolore. Mi alzo lentamente e mi giro per andarmene.

《Non hai risposto.》 Già.

《Accetto.》 Riesco a dire senza che mi si spezzi la voce. Non ho intenzione di crollare davanti a lui. Con un lungo sospiro carico di dolore e forse sollievo aggiunge:

《Ti ordino di allontanarti da mia figlia di almeno 100 km e di non cercare in alcun modo di contattarla.》 È l'ultima cosa che sento prima di uscire da quella stanza, e da quella casa. I miei piedi non si fermano se non fino a che raggiungo la distanza debita.

Sono stato li tre giorni. In mezzo a una foresta a guardare nel punto da dove sono arrivato, ed ho capito che le hanno somministrato il pixie quando ho smesso di voler tornare indietro. Fu come perderla di vista, come se il mio corpo avesse improvvisamente dimenticato perché me ne stavo li. Il mio cuore ha smesso di battere, e la mente mi ricorda in ogni istante quello che ho provato. Ogni giorno,ogni ora, ogni secondo per trent'anni.

L'inferno dipinto di bluDove le storie prendono vita. Scoprilo ora