Il mio nome è...

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-Questa stupida cerniera non vuole collaborare...- Tentavo arduamente di tirare su la zip, osservavo i movimenti della mano attraverso lo specchio, ma il problema era nel vestito, perché si era incastrata la stoffa nella cerniera.
Quelle erano le mattine in cui desideravo qualcuno con cui convivere, una persona che sarebbe apparsa dalla porta con una tazza di caffè in mano e mi avrebbe guardata sorridente, mentre impacciata provavo e riprovavo ad agganciare la zip, poi con disinvoltura mi avrebbe salvata dal ritardo.. nel quale adesso stavo lentamente sprofondando.
Odiavo essere in ritardo, preferivo arrivare in anticipo, ma la puntualità era tutto per me e quella mattina, una delle più importanti della
mia vita, avrei fatto tardi.

-Andiamo Piper. Non hai studiato cinque anni di marketing per combattere con una dannata zip!- A volte le autocritiche aiutano, ed io ero una persona molto severa con me stessa. Trovavo nelle critiche, il modo di migliorarmi. Era una cosa che mi aveva insegnato mia madre.

Finalmente la cerniera si chiuse, ma il tessuto venne leggermente strappato sulla schiena, una smagliatura quasi invisibile e comunque era troppo tardi per potermi cambiare, afferrai velocemente la borsetta e corsi in auto.
I sedili in pelle della mia decappottabile nera mi tranquillizzarono. Quando mi sedevo al posto guida della mia macchina e il motore strepitava sotto di me facendomi tremare le gambe, mi sentivo esaltata, ma allo stesso tempo calma, come se niente potesse andare storto quando impugnavo il volante fra le mani.

Una cosa che invece mi faceva saltare il sistema nervoso, era il patetico traffico di New York.
Giorno e notte, le strade non dormivano mai.
Era sempre luminosa, affollata e in ogni vicolo si respirava ambizione.
Mi ero trasferita a New York un anno prima, quando avevo iniziato il tirocinio alla York&Co. Avevo terminato e mi era stato offerto un posto, al quale non avrei mai rinunciato.
Così ho affittato un appartamento economico in città, ho lasciato la mia famiglia a Melbourne ed eccomi qua: giovane, speranzosa e dipendente dal caffè di Starbucks.
Una vera e propria newyorkese.

Lavoravo già da un anno per la York, ma quel giorno era diverso, speciale, come quando avviene un evento eclatante e milioni di telespettatori restano con il fiato sospeso a guardare lo schermo della televisione.
Ecco io quella mattina non avrei avuto addosso milioni di occhi, ma semplicemente due e contavano più di qualsiasi altro sguardo.

Arrivai con dieci minuti di ritardo, gli altri assistentati erano già impegnati a fare i leccaculo con i grandi capi, indossavano vestiti firmati, smoking di marca e scarpe italiane, il mio era un semplice vestito sul viola, con una rifinitura nera sullo scollo, ammorbidiva le mie curve e non stringeva esageratamente sulle cosce. Era il vestito che avevo indossato per il matrimonio di qualche parente lontano.

-Finalmente sei arrivata.. Non avrei mai creduto di dirlo, ma sei in ritardo!- Lorna, la mia migliore amica. Avevamo trascorso cinque anni in classe insieme, compagne di banco e amiche per la vita, era la frase che ripeteva sempre e ormai era entrata in testa anche a me.
Lorna era una ragazza allegra, sempre sorridente, sapeva cogliere il bello della vita senza scoraggiarsi mai, nemmeno nelle situazioni più difficili.

-Ho avuto dei problemi con il vestito.- Risposi e ci incamminammo fianco a fianco verso l'ascensore. Quel piccolo aggeggio mi dava sui nervi, era sempre pieno di persone e quella mattina pullulava di accanimento e competizione.
La York&Co ci offriva di visitare una delle aziende più famose  di New York, la Company.
Erano tutti così eccitati di entrare nel regno più proficuo di tutta la città, di poter camminare sui tappeti dove avevano messo piedi consiglieri della Casa Bianca e attori, cantanti, sceneggiatori e registi famosi.
Se avessimo fatto una buona impressione sui capi dell'azienda, probabilmente saremo stati ingaggiati per un posto lavorativo e ovviamente chiunque puntava a quello.
Un lavoro alla Company era il massimo dell'ambizione.

Le porte dell'ascensore si aprirono e venni accecata dalla lussureggiante ricchezza che brillava davanti ai nostri occhi.
Pavimenti in marmo bianco, accompagnati da pareti dello stesso colore, ma abbellite da foto di personaggi famosi che erano stati lì.
Uffici in vetro si espandevano lungo tutto il corridoio e i dipendenti dell'azienda camminavano da una parte all'altra, come se non si accorgessero che tutti noi avremo voluto essere al loro posto, li guardavamo come fossero loro gli attori e quello il più bello show mai visto prima.

-Non voglio più vivere sapendo che non faccio parte di quest'azienda.- Mi confidò Lorna all'orecchio, abbagliata tanto quanto me, da quel sogno intoccabile, che si stava materializzando davanti ai nostri occhi.

Alle nostre spalle si faceva viva una certa agitazione, quando i grandi capi dell'azienda girarono l'angolo e si presentarono in tutto il loro splendore.
Erano tre uomini dall'aria distinta, camminarono verso di noi con un sorriso sulle labbra e ci squadrarono uno ad uno, prima di presentarsi.

-Salve a tutti. Innanzitutto voglio dirvi di quanto siamo fieri di poter lavorare con un gruppo di giovani ragazzi come voi. Io sono Tyler, il direttore delle risorse umane. Loro sono Danny e Charlie, entrambi azionisti.- Fece una pausa, dando il tempo agli altri due uomini di presentarsi a dovere, poi riprese il suo discorso -Adesso vi suddivideremo in quattro gruppi e vi scorteremo a fare il giro dell'azienda. L'ultimo collaboratore deve ancora arrivare, sarà qui a momenti.-

Mentre aspettavamo l'arrivo del ritardatario, ci divisero in quattro gruppi. A Lorna capitò l'uomo con i capelli bruni e i gemelli in oro ai polsi, Danny probabilmente.
Mentre gli altri gruppi iniziarono il loro giro turistico, io, una ragazza e un ultimo ragazzo, aspettammo l'ultimo operatore.
Presi un caffè durante l'attesa, mentre gli altri due passarono il tempo a baciarsi.. evidentemente erano fidanzati. È una scelta molto rischiosa mischiare lavoro e sentimento, ma loro ci riuscivano alla grande.
Mi raccontarono che erano fidanzati da cinque anni e lavoravano insieme da cinque anni. Sapevano sperare il lavoro e l'amore: le divergenze lavorative restavano in ufficio, quelle sentimentali nella camera da letto.

-Scusate il ritardo, abbiamo avuto dei problemi.- Una voce inaspettata ci sorprese a tutti e tre, mentre eravamo intenti a parlare dei loro progetti futuri.
Quando alzai lo sguardo, non trovai davanti a me un altro di quegli uomini impostati e vestiti in giacca e cravatta, davanti a me si ergeva una donna formosa dai capelli corvini e lo sguardo magnetico.
Non avevo mai conosciuto nessuno in vita mia, con due occhi come i suoi. Ero rimasta letteralmente paralizzata dalla scossa che aveva attraversato il mio corpo, quando i nostri sguardi si erano incontrati, prima di qualsiasi altra cosa.

-Doveva esserci un mio dipendente, ma c'è stato un piccolo contrattempo.- Disse sorridendo e noi l'assecondammo

-Comunque saltiamo i convenevoli. Sono Alex Vause e dirigo l'azienda, o meglio l'ho fondata io perciò..- Quando ci rendemmo conto che avevamo davanti ai nostri occhi la regina dell'impero, ci guardammo a bocca aperta e ognuno di noi perse almeno dieci anni di vita, in quei venti secondi.
Gli altri due ragazzi si presentarono e strinsero increduli la mano della donna davanti a noi.

-Piper Chapman.- Dissi stringendo la mano tesa verso di me.
Quando i nostri palmi si unirono e le dita si sfiorarono ingenuamente, fu come se per tutto quel tempo non avessi mai saputo cosa significava toccare. Quella stretta salda racchiudeva l'immenso potere di una mente brillante e quella donna mi fece perdere il controllo di me stessa, mentre le nostre mani si toccavano per la prima volta.

-Bene. Vogliamo iniziare?- Chiese infine. Aveva la voce scossa, forse fu solo un mio presentimento, ma era come se quella sensazione non avesse percorso soltanto il mio corpo, ma anche il suo.

Ci incamminammo verso gli uffici, seguendo la donna che tutto può.

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