Ritorno a casa

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«Tu non capisci Piper!» Alex stava facendo le valigie il più fretta possibile. Sapevo che l'attacco hacker la metteva sotto pressione, però non capivo il motivo di tanta agitazione.
«Che cosa?! Spiegamelo.» Scosse la testa con forza facendo volare i capelli corvini sopra le guance e nascondendo il suo sguardo, il quale cercai di recuperare sedendomi sul letto davanti a lei a gambe incrociate.
«Non c'è tempo. Te lo dirò sull'aereo.» Mi afferrò per la mano e con l'altra tirò dietro la sua valigia, arrivate alla porta mi porse la mia borsa e poi in fretta e furia uscimmo dall'albergo e una macchina ci scortò all'aeroporto.
Un jet privato ci attendeva sulla pista, Alex diede le indicazioni al pilota e ordinò di partire il prima possibile.
Ci sedemmo sui sedili, io vicino al finestrino, avendo sempre avuto paura di volare, guardare fuori mi faceva sentire meglio, più rilassata.
«Allora vuoi dirmi perché stiamo scappando?» Domandai prendendo la sua mano nella mia, cercando di convincerla a parlare sfruttando l'intesa che si accendeva fra di noi.
«Non stiamo scappando, stiamo andando a caccia Piper.» I suoi occhi sgranati mi fecero paura, mantenni la calma respirando profondamente e schiacciandomi contro il finestrino.
«Coloro che hanno hackerato la mia azienda devono pagarla cara.» Strinse la mano in un pugno saldo che successivamente sbatté contro il bracciolo e con un leggero ghigno aggiunse «Non sanno contro chi si stanno mettendo.» La sua ferocia mi spaventava, c'era qualcosa che scorreva sotto la sua pelle, una chiara vibrazione arrivava al mio corpo ogni qualvolta che il suo respiro diventava irregolare, o i suoi occhi si annebbiavano di vendetta.
«C'è qualcosa della quale dovremo preoccuparci?» Chiesi guardando fuori dal finestrino, incapace di posare il mio sguardo sulla donna.
L'aereo intanto stava prendendo il volo, lentamente si alzava dalla pista e sorvolava la piccola città per scomparire fra le nuvole in un battere d'occhio.
«Perché... perché dici così?» Balbettò in difficoltà. Mi voltai verso di lei, la scrutai a fondo, cercai ogni dettaglio che potesse indirizzarmi a capire, tentai di squadrare la sua espressione, di memorizzare la rigidità delle sue labbra, di captare i tremolii delle sue mani, un battito irregolare delle ciglia, o un respiro fatto a mezzo fiato, ma più provavo a trovare un particolare fuori posto, più la mia mente evitava di vedere.
Non volevo sapere se Alex mi stava nascondendo qualcosa, perché in fondo mi avrebbe fatto male realizzare di essere ancora all'oscuro di qualcosa.
«Non lo so, ehm... non importa.» Feci un gesto veloce con la mano spostando l'aria verso di lei, poi riabbassai il braccio sul suo e intrecciai le nostre dita.

Dormii per tutto il resto del viaggio, Alex mi svegliò quando atterrammo.
Una macchina nera ci accompagnò al suo ufficio, per quanto avesse insistito per farmi aspettare a casa sua, non volevo lasciarla fronteggiare da sola quella brutta situazione, così chiese al suo autista di riportare le valigie a casa e di lasciarci davanti all'azienda.
Salimmo in ascensore e presto fummo dentro il suo ufficio dove trovammo due azionisti, il manager di Alex e l'uomo che stava tentando di capire quali danni avessero fatto gli hacker.

«Vi lascio l'agenzia per una settimana e guardate cosa succede! Che diamine avete combinato?» Urlò Alex su tutte le furie sedendosi sulla sua poltrona e servendosi un bicchiere di rum.
Il manager fu il primo a tentare di parlare, ma venne subito interrotto dalla voce rauca e fredda di Alex che gli ricordò di essere un buon a nulla, che non solo aveva fallito come marito, ma da oggi poteva anche considerarsi disoccupato.
Gli azionisti, anche se avrebbero voluto dire qualcosa, restarono in silenzio, terrorizzati dalla bella donna corvina.
«Credo di avere delle informazioni.» Si fece avanti il ragazzo occhialuto sistemando il computer sulla scrivania di Alex e indicando qualcosa sul desktop del suo portatile.
«Questi sono i file che hanno rubato.» Alex allontanò il ragazzo spingendolo per la spalla e facendolo barcollare via, poi mise il pc davanti ai suoi occhi e con estrema attenzione lesse tutte le cartelle.
Inizialmente non sembrava tanto preoccupata, anzi ad un certo punto si chiese che diavolo di hacker fossero, ma arrivata in fondo alla lista i suoi occhi si sgranarono, il fiato le si spezzò in gola e con la mano tremolante indicò un punto preciso sul desktop e balbettando chiese
«Anche... anche questo?» Il ragazzo si avvicinò, sistemò gli occhiali sul naso e guardò da vicino, infine annuì e con voce professionale ripose
«Tutto miss Vause.» Alex ricadde sulla poltrona, si prese la testa fra le mani e imprecò sottovoce. Poi, evidentemente in preda al panico, gridò di uscire a tutti e nessuno se lo fece ripetere due volte.
Si stava versando un altro bicchiere di rum, quando la mia mano fermò la sua e con uno sguardo sgradevole la sua mano si riabbassò sul tavolo e lasciò andare la bottiglia di rum.
«Alex vuoi dirmi cosa succede? Per favore.» La implorai. Non ce la facevo più ad essere tenuta all'oscuro di tutto, mi sentivo esclusa ed ero partita con lei proprio per far parte della sua vita, non volevo che le cose tornassero come prima, desideravo essere tenuta al corrente dei suoi problemi, sentirmi utile per lei.
«Non posso Piper, mi odieresti, non mi guarderesti più negli occhi.» Si alzò dalla poltrona lasciandomi a sedere sulla scrivania con lo sguardo perso nel vuoto.
Sentii i suoi passi dietro di me allontanarsi verso la libreria, quando non udii più alcun rumore mi girai verso di lei e la trovai in piedi appoggiata allo scaffale, con la testa all'indietro, come se stesse pregando per un miracolo che tardava ad arrivare.
«Alex non c'è niente che potrebbe farmi cambiare idea su di te.» Avanzai dei passi verso di lei raggiungendola. Appoggiai la testa sulla sua spalla e le sussurrai nell'orecchio la stessa frase tentando di convincerla.
«Smettila Piper!» Urlò improvvisamente facendo saltare all'indietro. I suoi occhi si soffermarono su di me per qualche istante, erano così cupi, neri, sembrava che qualsiasi cosa la stesse tenendo prigioniera adesso spingesse con tutte le forze per uscire.
Stavo guardando negli occhi il suo mostro.
«Alex io ti amo! Niente cambierà quello che provo io...»

«Nemmeno se avessi ucciso una persona?» La sua frase spezzò la mia voce, il mio respiro si bloccò in gola. Le sue parole si ripetevano nella mia mente come pungenti spiriti. Inizialmente non volevo crederci, lo negai con tutte le mie forze, anzi credo perfino di aver sorriso sotto i baffi, come se mi avesse appena raccontato una barzelletta e non rivelato un atroce segreto, ma poi ripensai a quella notte, la notte nella quale mi aveva raccontato dell'incidente di quella ragazza. Il suo dolore era palpabile, si era riversato sulla sua pelle macchiandola di rimorso e sicuramente non era l'amarezza di aver perso un amore, perché lei non aveva mai amato. Quell'inchiostro che aveva inciso la sua pelle era la vergogna del suo gesto.
Come avevo fatto a non capirlo prima? Come?!

«Il mio avvocato era riuscito a farlo passare per un incidente e seppellire tutte le prove, ma io ho voluto tenerle, non so nemmeno perché dannazione! So solo che erano protette da una password, ed erano archiviate nel mio computer, quello che hanno hackerato!» Le si accese una luce negli occhi, camminò velocemente verso la scrivania e controllò il pc ancora aperto sopra di essa «Ma certo è tutto chiaro! Non stavano mirando ai soldi, hanno preso solo le cartelle con i nomi più strani, come se stessero cercando proprio quello dove si nascondevano le prove.» Sospirò gravemente e si rimise in posizione eretta con una freddezza inimitabile

«Piper qualcuno sapeva esattamente cosa cercare. Non solo stanno cercando di sabotare la mia azienda, loro vogliono anche me.»

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