Famiglia...?

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-Stiamo camminando da ore.- Mi lamentai. Il Sole torrido di quella mattina  bruciava eccessivamente sulla mia pelle.
La camicia rossa era legata con un nodo sulla vita, proprio sopra il bordo chiaro dei jeans.
Degli stivaletti neri mi arrivavano fino alla metà del polpaccio, la cerniera si abbassava ogni tre per due ed ero costretta a fermarmi per richiuderla, ma Alex non si fermava, non si accorgeva nemmeno della mia presenza o delle mie lamentale.
Camminava imperterrita attraverso i giardini, con la mano e gli occhi chiusi accarezzava i recenti in legno come se volesse riportare alla memoria ricordi troppo sbiaditi per poter essere considerati ricordi.

Mi ero fermata davanti ad una casa con la porta in legno rosso, sul catenaccio in oro c'era una scritta "bussa" e per quanto accogliente fosse, dava l'idea che nessuno l'usasse più da tempo.
Dovevo appunto richiudere la cerniera degli stivali, quando rialzai lo sguardo Alex era in piedi davanti ad un'altra porta, due case più là.
Il giubbotto in pelliccia senza maniche era legato con una cintura sulla vita, arrotondava le sue curve e le attribuiva un'immagine completamente diversa, più rude rispetto al suo solito aspetto.

La raggiunsi a grandi passi, avvicinandomi alla casa scrutai la facciata bianca, era puntellata da persiane dello stesso colore. Salendo gli scalini, per raggiungere il patio, le assi cigolarono fastidiosamente al che Alex si voltò di scatto impaurita. Incontrando i miei occhi le sue spalle si rilassarono, il respiro tornò a calmarsi. Si era davvero dimenticata che fossi lì.

-È questa?- Chiesi indicando la porta scattata e con i cardini arrugginiti. La corvina annuì, le mani scesero lungo i fianchi e poi le infilò nelle tasche del giubbotto e tornò a fissare davanti a se come se stesse guardando l'orizzonte, ma desiderasse vedere oltre.

-Bussiamo allora.- Scrollai le spalle, feci due passi avanti e chiusi la mano a pugno. La mano di Alex strinse con forza il mio braccio fermandomi prima che potessi fare qualsiasi cosa.

-Dietro a questa porta potrebbe esserci mia madre Piper.- Allentò la presa sul polso, ma il suo sguardo diventò più freddo e insicuro -Non possiamo semplicemente bussare.- Ingigantì la faccenda, ma comprendevo il suo stato d'animo così cercai di sdrammatizzare

-Che si fa allora? Entriamo volando, usiamo l'invisibilità, oppure hai il dono del teletrasporto e io non lo sapevo?- Portai le mani sui fianchi mettendo in evidenza quanto stupida fosse la sua incertezza.
Alex sospirò annuendo, si sistemò il giubbotto e nello stesso tempo asciugò le mani contro il tessuto di camoscio.

Protese il pugno verso la porta e con oscillante indecisione bussò.
Una voce femminile provenne dall'interno della casa, le spalle di Alex si irrigidirono nuovamente e le mani si strinsero entrambe in due pugni serrati.
La guardai indecisa sul da farsi, seguì l'istintivo e le mie sensazioni scaturirono in un gesto spontaneo. Afferrai la sua mano stringendola nella mia, le sue dita si intrecciarono alle mie cercando coraggio, come se il mio corpo fosse un conduttore di temerità.

La porta si aprì, le dita di Alex strinsero con più forza la mia mano, un'ombra indefinita apparì dietro l'anta in legno, le sue unghie si puntellarono dentro la mia pelle ed uscì un sussulto soffocato dalla mie labbra che venne immediatamente dimenticato quando la figura di fronte a noi si confermò essere una donna, ma sicuramente non sua madre.

Era una ragazza giovane, più o meno aveva l'età di Alex, forse qualche anno in meno, forse di più. Aveva le sopracciglia marcate, le labbra grosse e rosse, il naso un po' in fuori, ma in fondo aveva dei bei lineamenti, definiti.

-Tu devi essere Alex.- Disse sorridendo e aprendo maggiormente la porta dietro la quale si nascondeva il suo corpo. La corvina guardò prima me e poi la donna sconosciuta davanti a lei. Non l'aveva mai vista prima, ma lei sapeva chi fosse Alex, le parlava come se si conoscessero da sempre.

-Si sono io.- Ripose con la sua abituale freddezza, sciolse la mano attorno alla mia e avanzò un passo invitata dalla ragazza. Io la seguì all'interno della casa, ci sedemmo su un divano blu coperto con una coperta a fiori, mentre la ragazza serviva due tazze di tè.

-Chi sei tu?- Alex era diretta e sicuramente non le piaceva essere presa in giro, se c'era quella ragazza dietro allo scherzo telefonico, non so di cosa sarebbe stata in grado, o meglio lo so, ma voglio far finta di non saperlo.

-Ah si..- Finì di versare il tè nelle piccole tazze di porcellana e si sedette sulla poltrona davanti a noi, a qualche centimetro di distanza -Mi chiamo Char. E credo che tu ed io dobbiamo parlare.-

Seguì un lungo e pesante silenzio. Nessuno proferì parola, non ci furono spazi rumorosi, solo silenzio nel quale le sue si scambiarono occhiate curiose da una parte e diffidenti dall'altra.
Interruppi il silenzio con un colpo di tosse, Alex si mosse sul divano, Char accavallò le gambe. La ragazza seduta sulla poltrona sfruttava la sua sicurezza, la corvina non conosceva l'argomento del quale avrebbero dovuto parlare e questo la metteva in svantaggio, una posizione nella quale non era solita trovarsi.

-Io non ti conosco. Non capisco di cosa dobbiamo parlare.- Incrociò le braccia al petto come per proteggersi e la guardò con aria altezzosa, dura, per far vacillare la sicurezza che Char stringeva fra le mani.

-Io conosco te Alex Vause e credimi anche tu vorresti sapere chi sono.- Appoggiò i gomiti sul bracciolo della poltrona e si sporse in avanti, verso Alex.
Mi feci più vicina alla corvina, se quella ragazza si fosse azzardata a fare qualsiasi cosa mi sarei intromessa.

-Non credo di essere interessata.- Si alzò  lasciando l'impronta del suo corpo sul divano e camminò verso la porta, Char la seguì e di scatto io camminai verso Alex, alle spalle della ragazza.
La mano di Char afferrò il braccio di Alex, un gesto che non fu per niente apprezzato. La corvina si liberò dalla presa e si pose su una posizione di difesa, io afferrai Char per le spalle e la trattenni all'indietro, quando la ragazza urlò a pieni polmoni

-Sono tua sorella!-

-Questo è impossibile.- Disse Alex avvicinandosi a me e prendendomi per il polso, poi mi portò dietro di se, anche se io scalpitavo per restare davanti a lei per poterla proteggere.

-Tua madre è anche mia madre.-

-Non è vero, stai zitta.- Le fece segno di restare in silenzio e per qualche secondo calò la calma, ma pochi secondi dopo scoppiò la bufera.

-Questa era la vostra casa, quella dove passavate l'estate e nostra madre l'ha lasciata a me. Io sono tua sorella.- Si avvicinò sorridendo, come se quello di cui stava parlando potesse davvero convincere l'invalicabile fiducia di Alex.

-Non esiste nessun "nostra." Era mia madre, solo mia madre.- Puntualizzò Alex con estrema freddezza, ma Char non si diede per vinta.

-Ti ricordi di quell'anno in cui tua madre se ne andò di casa per "lavoro"? Ero io il suo lavoro. Tua madre venne qui, per partorirmi di nascosto. Io sono tua sorella.-
Ero intrappolata fra non una, ma due Vause.

-Ho bisogno di alcol.- Commentai guardando Alex totalmente scioccata.

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