Capitolo 8- Il banchetto

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  Godwyn passò quasi tutto il giorno seguente alla manifestazione del suo dono in una specie di trance: il suo corpo si muoveva in automatico, ma la sua coscienza era come racchiusa in una bolla lontana dal mondo, che i suoni e le immagini di quest'ultimo non riuscivano a penetrare. In quella bolla, Godwyn viveva e riviveva lo scontro con Rufus, nel tentativo di credere che fosse accaduto sul serio. 

La contentezza di Fraxinus era chiara, ma il ragazzino non sapeva quale sarebbe dovuta essere la sua reazione alla comparsa della sua attitudine. Parte di lui era terrorizzato da questo suo dono così selvaggio e violento, che aveva messo i suoi fratelli apprendisti in pericolo e devastato il suo corpo; l'altra parte di lui era incredula, su di giri persino, all'idea che il potere del Drago stesso gli circolasse nelle vene e gli permettesse di comandare i venti, volare, far levitare gli oggetti e chissà che altro. 

Con delle capacità del genere, l'aspirazione di diventare un Maestro Custode come Alfred Lamalesta era finalmente alla sua portata, finalmente possibile, ma il suo cervello non se ne capacitava: era come se Godwyn stesse vivendo l'ultimo, eterno istante di un sogno senza fine da cui non riusciva a svegliarsi.  

A stento ricordava di aver assistito, e non partecipato a causa delle ferite, alla lezione di scherma di Maestro Igor di quella mattina, o della lezione di storia di Maestro Fraxinus nel pomeriggio. Dopo ciò, si era ritrovato nel cortile di Castel Neve, che era ancora sottosopra a causa del suo dono, a osservarsi le catene ai polsi nel tentativo di associare le due cose. 

A quell'ora della sera, il sole era in procinto di tramontare tra le conifere nella parte occidentale della Foresta d'Alabastro e i raggi rifratti dalla neve sulle fronde si spandevano in ogni direzione, dando l'impressione che il bosco fosse, per l'appunto, di alabastro scolpito. Godwyn ne seguì uno che toccava un abete spezzato a metà, che probabilmente versava in quelle condizioni a causa sua. Doveva assolutamente imparare a controllarsi il prima-

«Ah!» sbuffò Idunn, alle sue spalle, bucando la bolla. «Ecco dove ti eri cacciato. Che ci fai lì fuori al gelo?»

Godwyn aprì la bocca, ma la nana non gli diede modo di rispondere.

«Non è importante!» asserì, piegando la mano affinché lo raggiungesse. «Il banchetto sta per iniziare e io ho urgente bisogno di aiuto!»

«Banchetto?»

«O Grifone, prestami la forza per sopravvivere a questi marmocchi.» Idunn sospirò, stringendo lo scollino bianco legato attorno al suo collo nerboruto. «Per Fraxinus e Kalika! Hai dimenticato che stasera Kalika diventa un'apprendista a tutti gli effetti?» 

«Ah, giusto» mormorò, ancora intontito.

Tra la lite e la scoperta dei suoi poteri, gli era scappato di mente che la tradizione della Gilda della Fenice imponeva grandi festeggiamenti per l'acquisizione di nuovi membri.

«Sì, zuccone! Ora vorresti sbrigarti?»

«Vengo, vengo, non c'è bisogno di scaldarsi.»

Idunn sbuffò mentre Godwyn sgusciava attraverso il portone d'ingresso socchiuso. «Con voi sciagurati c'è sempre un motivo per scaldarsi!» Sbatté la porta e si avviò a destra dell'atrio, inoltrandosi nei corridoi che portavano alle cucine.

L'apprendista la seguì, riuscendo a stento a mantenere il passo nonostante la donna fosse più alta di lui di a malapena una spanna.

«Ho perso tempo prezioso a cercarti!» si lamentò, allargando le narici del grosso naso. «Cosa credevi, che i piatti avrebbero camminato da soli verso i tavoli? Che il vino e l'acqua si sarebbero versati da sé nei calici in preda a uno slancio di cortesia? Le tue ferite si sono rimarginate, non hai scuse per poltrire!»

Le Cronache di Phoel - Il Risveglio della FeniceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora