Dopo aver finito di sgomberare la stanza di Fraxinus il più in fretta possibile per allontanarsi da quell'idiota di Rufus, Kalika vagò un po' per il castello senza sapere bene dove si stesse dirigendo, ma alla fine riuscì a raggiungere il portone d'ingresso di Castel Neve. Da lì, attraverso l'arco intarsiato sul lato meridionale dell'atrio, giunse nella Sala Comune e si accomodò sul divanetto davanti al camino per godersene il calore.
Avrebbe creduto che per un'Ishk il gelo del Nord non sarebbe stato poi così male, considerando che il suo popolo era originario di quella regione, ma trovò molto più difficile del previsto affrontare le temperature da brividi della Gilda. D'altronde, nonostante i suoi avi avessero vissuto lì per millenni, Kalika era nata e cresciuta a Marvìa, dove non cadeva mai neanche un fiocco di neve, e un freddo così intenso era una novità per lei.
Aveva saltato il pranzo a causa della stupida punizione congiunta e, nel suo vagare, era incappata nelle cucine dove aveva rubacchiato qualche dolcetto e del succo di curish. Maestro Igor le aveva detto che a breve ci sarebbe stata la lezione di scherma pomeridiana, a cui lei era invitata a partecipare da spettatrice, dato che non era ancora un'apprendista ufficiale, quindi approfittò di quegli istanti di libertà per gustarsi un pranzo non convenzionale e prepararsi psicologicamente ai diversi strati di neve e ai venti gelidi che l'aspettavano fuori dal castello. Aveva appena addentato la crostatina di azuta quando la Dul che aveva incontrato all'arrivo, che le pareva si chiamasse Idunn, entrò nella sala.
«Ah, eccoti qui! Ho una cosuccia per te» ghignò, con gli occhi bronzei che le scintillavano, porgendole una scatola di legno con lo stemma della Fenice inciso sul lato superiore.
«Questo regalo non potrebbe aspettare? Sto mangiando» si lamentò lei, osservando con desiderio la crostatina.
«Credimi, tu non vuoi aspettare.»
Kalika poggiò il bottino recuperato dalle cucine sul basso tavolino davanti a sé e prese la scatola, aprendola di malavoglia. «Questa è...»
«La tua divisa!» esclamò Idunn, saltellando sul posto per l'eccitazione. «Sono così contenta che finalmente ci sia un'altra Custode, o futura Custode, in questo castello!»
Kalika condivise l'entusiasmo con un gran sorriso, però poi un dubbio glielo smorzò. «Ma non potrei indossarla, giusto? Non sono un'apprendista vera e propria, non fino al giuramento.»
«Non lo sei già perché ci hai colto alla sprovvista. Se Fraxinus si fosse preso la briga di avvisarci ieri sera, avremmo organizzato la cerimonia e il banchetto di benvenuto e a quest'ora lo saresti. Invece dovrai aspettare stasera o, il Grifone non voglia, domani.» Idunn si cinse la vita con le mani robuste e callose. «Sempre con la testa tra le nuvole, il nostro Frax, non è cambiato di una virgola.»
«Una volta è andato a lavoro in vestaglia, un fuoco-fatuo non inviato è il minimo.»
«E questo è nulla. Quante storie potrei raccontarti, ma non abbiamo tempo. Ti porto nella tua stanza così potrai metterti questa divisa, Igor vi chiamerà per l'allenamento pomeridiano tra pochissimo.»
«Fate strada!» esclamò.
«Dammi del tu, tesoro» le disse, sorridendo.
Con Kalika dietro, Idunn salì la magnifica scalinata di legno intarsiato che si trovava alla fine della Sala Comune e a destra della titanica porta della Sala Grande, che l'Ishk aveva solo intravisto. Svoltarono a destra una volta in cima e poi a sinistra dove le crepe nella parete avevano allentato l'anello di ferro che reggeva una torcia. Memorizzò quei dettagli e aguzzò la vista per trovarne altri mentre camminavano, così come anni prima aveva fatto per raccapezzarsi in quel labirinto urbano che era Marvìa; era convinta che, grazie al suo spiccato senso dell'orientamento, presto avrebbe conosciuto Castel Neve meglio di chi l'aveva costruito.
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Le Cronache di Phoel - Il Risveglio della Fenice
Fantasy(Primo libro delle Cronache di Phoel) Da qualche parte, perso nell'oceano del tempo e a cavallo del confine tra mito e realtà, esiste un titanico continente: Phoel. Leggende arcaiche, bestie fantastiche e misteri fitti quanto il pelo di un Pium...