Godwyn si destò di soprassalto, grondante di sudore e dolorante, con un incubo morente che serpeggiava tra i suoi ricordi. Si tirò a sedere con lentezza, boccheggiando, e si portò una mano alla fronte nel tentativo di impedire che il suo cervello continuasse a vorticare come un diavolo di neve.
Era buio pesto e aveva la strana sensazione che qualcosa fosse fuori posto. Allungò la mano sul comodino di fianco al suo letto, cercando la candela che si curava di lasciarvi ogni sera. La afferrò sollevandola dal portacero di metallo e strusciò il pollice sulla pietra grafemica, che aveva al collo, per generare una scintilla di fuoco con cui accenderla.
Quasi incendiò il materasso quando, alla fioca luce del lume, si accorse che sotto la camicia fresca di bucato le sue braccia erano fasciate. Si catapultò fuori dalle lenzuola, sbattendo la schiena contro un armadio di legno. Girò su stesso, rischiarando prima una scrivania disordinata e poi una libreria che straripava di statuette eroiche e mitiche.
Corse alla finestra e scostò le tende, portando lo sguardo al cortile interno del castello. Il fiato gli abbandonò i polmoni quando gli occhi passarono sul terreno bruciato, sulle rastrelliere ribaltate e sul muro di ghiaccio evocato da Fraxinus che tratteneva tuttora le spade, a malapena visibili al chiaro di luna.
Indietreggiò di qualche passo; ebbe l'istinto di deglutire, ma la bocca era praticamente asciutta e la gola si contrasse invano.
«Ah, sei finalmente sveglio! Hai dormito per l'intero pomeriggio!» esclamò Fraxinus, che aveva aperto la porta alle sue spalle.
Godwyn sussultò e la candela che stringeva nella mano sinistra levitò verso il soffitto tondeggiante della torre, incastrandosi nei bracci del candelabro.
«E ancora pieno di energie...» constatò, schioccando le dita; ogni stoppino presente nella stanza prese fuoco, illuminandola completamente. «Questi li hanno lasciati gli altri apprendisti» disse, indicando biscotti, succhi di frutta, pezzi di torta e un paio di libri. «Sono venuti tutti a visitarti mentre dormivi.» Si accomodò sulla sedia di legno accanto al letto, dando un paio di colpetti al materasso affinché Godwyn si sedesse di fronte a lui. «Hai male da qualche parte?»
«No, ma... Maestro, io... io ho cercato di ammazzare Rufus?» chiese, prendendo posto tra le lenzuola stropicciate.
Fraxinus inspirò a denti stretti. «Beh... sì.»
L'apprendista si infilò le mani nei capelli. «Quindi è successo, non era un incubo» sussurrò, con la gola che si stringeva. D'un tratto spalancò gli occhi. «Non volevo usare i miei poteri in quel modo! Non volevo, lo giuro! Dovete credermi, ho provato a controllarli-»
«Ehi, ehi, lo so» lo interruppe Fraxinus, stringendogli la spalla con delicatezza, conscio delle sue ferite. «Non è colpa tua, niente di quello che è accaduto è colpa tua. Nessuno avrebbe potuto prevedere che la tua attitudine sarebbe esplosa in quel modo.»
«Ma perché è esplosa?»
«Hmm... ci arriveremo. Prima ti pongo una domanda: quanto conosci bene la magia?»
Godwyn si strinse nelle spalle, le guance chiare d'imbarazzo. «Non ne so praticamente nulla, avevo sette anni quando mio padre è morto e Maestro Tybalt aveva rimandato il discorso a quando la mia attitudine sarebbe apparsa e... beh, non ne ha avuto l'occasione.»
«Il fantasma di Ty potrebbe tornare a tormentarmi per ciò che sto per dire, ma te la sei scampata. Gli volevo un bene dell'anima, però era un tale chiacchierone! Ti sarebbe spuntata la barba nel tempo che avrebbe impiegato a spiegarti il necessario. Io sarò molto più coinciso.» Fraxinus si grattò il collo mentre Godwyn abbozzava un sorriso. «Da dove cominciare?»
STAI LEGGENDO
Le Cronache di Phoel - Il Risveglio della Fenice
Fantasy(Primo libro delle Cronache di Phoel) Da qualche parte, perso nell'oceano del tempo e a cavallo del confine tra mito e realtà, esiste un titanico continente: Phoel. Leggende arcaiche, bestie fantastiche e misteri fitti quanto il pelo di un Pium...