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Sentii un leggero rumore, un rumore che quasi mi cullava. Stavo bene.
M

i sembrò essere la prima volta dopo tanto. Era come se mi librassi in aria.

Aprii lievemente gli occhi ma un fascio di luce troppo forte da poter sopportare mi colpì e istintivamente li richiusi. Non me ne accorsi neanche. Mi fece così male che mi parse di non vedere da troppo tempo, come se avessi vissuto nel buio fino ad allora.
Piano piano, mi sforzai di riaprirli sbattendo più volte le palpebre per potermi abituare alla luce. Passarono alcuni minuti prima di poter asserire che avevo riacquistato la vista. Eppure l'unica cosa che sentivo era il forte dolore che mi pulsava nella testa, perciò ero troppo distratta da notare nulla di particolare.

Vedevo immagini sovrastate le une alle altre, un'accozzaglia di colori che si mescolavano tra loro e danzavano intorno a me, e la luce forte che rendeva tutto ancor più difficile.
Mi faceva male ogni singolo pensiero, ogni singola domanda e il solo guardarmi attorno mi procurava dolore in tutto il corpo. Avevo l'impressione che la mia pelle stesse assorbendo quella luce che mi faceva bruciare.

Confusa, fu l'unico aggettivo che mi venne in mente. Ma per quanto ero realmente confusa, quell'aggettivo mi sembrava solo un eufemismo.

Con le poche forse che avevo riuscii a mettermi a sedere. Ogni centimetro del mio corpo era intorpidito e lo capii quando divenni sempre più consapevole di me stessa e di quello che mi circondava.
Mi trovavo su qualcosa di morbido e caldo che si appiccicava alla pelle, era polveroso. I miei occhi riconobbero quella che doveva essere sabbia.
Ma non c'era nient'altro che sabbia. Sabbia a destra, sabbia a sinistra, sabbia dietro e...
poco distante una distesa sconfinata di un colore talmente chiaro da essere trasparente. Il mare.

Il riverbero dell'acqua, lento e calmo, mi cullava, trasportandomi con sé lontano dal turbine che avevo in testa e il dolore sparso per tutto il corpo. Ma la freschezza dell'acqua salata che mi bagnava le gambe nude accentuava il dolore che provavo nel resto del corpo.
Era una contraddizione: il mare mi leniva le fitte che avevo ai muscoli e al tempo stesso acutizzava la sofferenza che provavo ovunque.

La vista era sempre più lucida e la mia mente aveva iniziato a elaborare tutto quello che sentivo e provavo. Mille pensieri mi avvolgevano innescando mille domande a cui non riuscivo a rispondere.

Guardandomi attorno capii che la luce forte, che precedentemente mi aveva dato alla testa, era il sole alto nel cielo. La sua luce rifletteva sul mare che avevo di fronte a me.
Era uno spettacolo infame, che aveva la capacità di farmi soffrire ulteriormente con estrema facilità.

Ero sensibile ovunque, e anche solo la sabbia bollente rendeva il dolore sempre più spasmodico, insinuandosi in ogni tessuto fino alle ossa. Talmente lancinante da farmi urlare per la sofferenza che mi stava provocando.

Non capivo perché stessi così male. Non avevo nessuna certezza, nessun ricordo della mia vita.
La mia mente era una tabula rasa ed io stavo soffrendo per il sangue che mi scorreva nelle vene.
Sentivo con estrema sensibilità il suo movimento fluido dal cuore sino ai capillari. E al suo passaggio mi bruciava la pelle, come se stessi andando a fuoco. Perché, fu l'unica cosa che non capivo.
Perché mi sentivo così?

Continuavo a guardarmi attorno, freneticamente, nella speranza di trovare quella risposta, o qualcuno che potesse spiegarmi.
Stavo impazzendo. Non sapevo chi ero, cosa mi era accaduto o dove mi trovavo. Nulla, nulla.

La sabbia aveva creato attorno al mio corpo pareti alte almeno due metri. Mi trovavo in una duna di sabbia.
Oltre di essa, dalla parte opposta del mare, scorgevo solo le punte delle palme. Una foresta doveva iniziare in quel punto, ma era molto distante da dove mi trovavo io.

WORN DOWN [In REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora