Trystan
Mi ero risvegliato in una stanza buia, legato ad una sedia di legno consumata.
Avevo la vista appannata e non ricordai niente finché le immagini che avevo iniziato a registrare da quella mattina mi tornarono alla mente.
Rividi la spiaggia, rividi i soldati, rividi lei che scappava dal treno, che l'ammanettavano, i suoi capelli che fino a pochi attimi prima di addormentarmi libravano nell'aria.
Ne ero rimasto ammaliato sin da subito, come se quel colore fosse impresso nella mia vita.Eppure c'erano altri ricordi che cercavano di farsi largo nella mia mente: le iniezioni, i camici bianchi e i lettini rigorosamente puliti, ma non molto di più.
È per questo, che non appena l'effetto della droga che mi avevano iniettato, riconobbi quella dolorosa sensazione dovuta ad un'iniezione. Queste erano le poche certezze che avevo, mentre per il resto la mia mente era una tabula rasa.Ci aveva provato il cosiddetto dottore a farmela tornare con un pugno sullo zigomo destro, per la mia insolenza così aveva detto. Ero certo che mi fosse venuto un livido, ma non faceva male. Sembrava che non riuscissi a provare la sofferenza, e questo non sapevo se era un bene e male.
Non avevo paura, nulla mi faceva paura.
Avevo l'impressione, ormai, di aver visto e sopportato di tutto. Nulla che un pugno potesse farmi più male, non provavo neanche dolore.La preoccupazione per gli altri, per lei, era molto più importante della preoccupazione per la mia incolumità.
Ero certo che fosse diventata il loro oggetto d'interesse. Tutti eravamo lì per soddisfare i loro dubbi, eravamo in pericolo, ma lei correva mille volte in più quel rischio. E questo lo sapevo perché, per quanto non lo volessi ammettere, in quel poco tempo che avevo passato con lei aveva catturato anche la mia di attenzione, e non solo per i capelli.Era strano da parte mia preoccuparmi per lei, dopotutto aveva cercato di scappare lasciando noi altri al nostro destino. Ma, seppur in un primo momento lo avevo considerato egoistico da parte sua, quando vidi i suoi capelli sapevo avrei fatto la stessa cosa se mi fossi trovato nelle sue stesse condizioni. Condizioni che non erano poi così distanti dalle mie.
L'uomo si era lasciato sfuggire che noi eravamo stati tutti vittime di sperimenti e che, gli stessi uomini che ci avevano fatto ciò, ci avevano anche addormentato per cento anni.
Cento anni.
Non ricordavo la mia storia, eppure sapevo di avercela. Avevo un passato, una vita, qualcuno che ormai non c'era più. A distanza di cento anni il vero me, il vero Trystan - così mi aveva chiamato l'uomo - era morto nel momento in cui mi hanno reso quello che sono. Un mostro.E adesso, malgrado tutto, malgrado ciò, giravo in quel luogo cercando lei e senza neanche capirne il motivo.
Dopo una leggera scossa, che mi aveva permesso di liberarmi dalla sedia, seppur non delle manette, l'uomo era corso via senza dirmi nulla. Semplicemente se n'era andato, lasciandomi in quella stanza asettica come quando era arrivato, dalla porta in fondo a destra.Avevo l'impressione che fossero tutti scomparsi. Anziché un terremoto, quello che c'era stato sembrava un allarme e quegli uomini ci avevano lasciati nelle nostre celle, in un susseguirsi di porte chiuse a eccezione di due: la mia, e l'ultima.
Colui o colei che stava interrogando lo sfortunato - o fortunato, dipendeva dal punto di vista - ragazzo doveva essersi dimenticato di chiudersi la porta alle spalle. Nonostante ciò, più mi avvicinavo e più dubitavo della mia ipotesi. Da quella stanza, uguale a quella dove ero rinchiuso io, proveniva una forte luce celeste quasi azzurra, e quando arrivai davanti ad essa capii il perché.
Chiunque stava con lei era scappato.Quindi è questo ciò in cui l'hanno trasformata?! mi chiesi dentro di me, mentre mi avvicinavo titubante a lei.
Era riversa a terra, inghiottita, o meglio fagocitata, da lingue di fuoco celesti che bruciavano intorno al suo corpo, quasi divorandolo. Eppure, non era lei che stavano bruciando: era lei che alimentava quelle fiamme implacabili che la rendevano debole, senza vita.
Era come se quelle lingue di fuoco, tentassero disperatamente di raggiungere il lucernaio, raggiungere una speranza, mentre lei rimaneva a terra, priva di forze. Tentavano di salvarla mentre lei stava morendo dentro, ne ero certo.
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WORN DOWN [In REVISIONE]
Science FictionMOMENTANEAMENTE SOSPESA PER PROBLEMI. Il buio. Il nulla. Era qualcosa con cui convivevo da tanto, ma in quell'istante era ciò che avvolgeva la mia mente. Ma non ero l'unica, altri quattordici come me. Ci eravamo risvegliati su una spiaggia deserta p...