Capitolo 8

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Una volta qualcuno mi disse: "Ho scelto di vivere per scelta e non per caso. Ho scelto di essere motivato e non manipolato, e di essere utile e non usato. Ho scelto di ascoltare la mia voce interiore e non le opinioni degli altri. Ricorda non farti condizionare dagli altri."
Bene, e ora?!

“La scelta è tua”.
È passata una settimana da quella conversazione, e più ripenso alle sue idee più mi sembrano folli e più mi sembra di aver già preso una decisione. Eppure non riesco a guardarlo in faccia, lo evito e basta perché ogni volta che me lo ritrovo davanti una strana inquietudine mi sopprime e provo paura.
Le sue parole sono fissate nella mia mente, proprio come la noncuranza con cui me le ha dette, che aumenta solo la mia avversione nei suoi confronti. Ma lui è l'ultimo dei miei pensieri che mi toglie la forza di vivere. Ho troppe informazioni da rielaborare e troppe sono già le persone che cercano di manipolarmi, Jaden per primo. Quello che avevo pensato di me si è rivelato verace. Eppure per quanto mi ero preparata a tutto questo, mi sento costantemente sopraffatta da tutto e da tutti, e desidero solo mettere fine a questa angoscia.
Ovunque io vada, mi sento addosso sessanta sguardi che mi squadrano dal basso all'alto. Ogni singolo sguardo è per me una coltellata che non fa che aumentare la mia agonia. Mi osservano, mi scrutano e si tengono lontani, per motivi a me sconosciuti. Forse sono davvero un pericolo ambulante, una bomba a orologeria pronta ad esplodere.
Solo l'angelo dai capelli biondi, Clarissa, ama parlare con me. È stata lei a vestirmi quando ero svenuta, ed è stata sempre lei a trovare il tatuaggio sul polso, per cui sa tutto. È l'unica che si siede con me alla mensa, che ho scoperto il giorno seguente alla conversazione con Jaden, malgrado i suoi ‘amici’ non lo facciano. Più volte le ho chiesto perché continui a stare con me, cosa che la sta allontanando dai suoi amici, e più volte le ho spiegato che con me è solo tempo perso, ma ciascuna di esse mi ha sempre risposto che io sono più interessante e più amica sua, di quanto lo siano gli altri.
Quando ho sentito quelle parole, per la prima volta ero contenta di essere lì. Ho trovato un motivo per cui sono viva, tra gli altri milioni per cui non dovrei esserlo.
Al contrario di Adam, non riesco ad abbandonarla, a rompere questa piccola speranza che si sta creando tra noi. So di essere un pericolo anche per lei, perché prima o poi le mie doti verranno fuori, ma nei suoi confronti sono qualcosa che con Adam non ero, in debito. E per questo non posso allontanarla, non sarebbe giusto per tutto quello che sta facendo per me.
Tra me e Adam, al contrario, non c'è nulla per cui dovrei metterlo in pericolo. Per quanto so che è importante tenerlo lontano da me, a volte mi è difficile trattenermi dal cercare i suoi occhi nei miei. Lo conosco da poco, eppure, fino ad ora, è stato l'unico in grado di salvarmi da me stessa, quella vera, quella per cui sono nata.
I primi tre giorni mi sono addormentata tra le lacrime, chiedendomi perché proprio io sono ancora in vita, chissà quante altre persone sono morte, persone più giuste più meritevoli di me. E invece sono io qui, io che posso solo avere caratteristiche negative, io che sono data alla distruzione, io che non posso essere buona.
Poi ho smesso di pensare, sono come entrata in una fase di trance. Non penso né non provo nulla. Sono stanca delle lacrime che mi rigano il volto, e degli sguardi indiscreti.
Sono semplicemente stanca.
Mi addormento con il colore viola negli occhi, lo stesso dell'ampolla di vetro che mi ha dato Jaden, lo stesso che mi toglie il coraggio di ingoiarla.

Non ho più rivolto parola ad Adam, non che non voglia ma ogni volta che vedo la sua nuca castana provo solo rimorsi di coscienza, dolore simile a quello che provo quando Cassandra è con me.
Quanto vorrei che le cose fossero più semplici, quanto vorrei averlo accanto a me o perlomeno raccontargli il vero motivo per cui lo sto evitando, perché sono una macchina di distruzione.
La maggior parte delle volte sento i suoi passi uscire dalla sua stanza, accanto alla mia, e fermarsi di fronte la mia porta nella notte, quando gli incubi che faccio mi fanno urlare svegliandomi. E allora capisco che lui c'è, ma che non dovrebbe esserci.

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