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Aveva sempre odiato il lunedì mattina, ma quel giorno ancora di più. Era esausta.

Avevano festeggiato fino a tarda notte il compleanno di Leila, la sua migliore amica. Si conoscevano da quando erano piccole. Erano due tipe davvero diverse. Forse era proprio per questo che la loro amicizia era durata tanto a lungo. Leila era un tipo esuberante, sicuro di sé, attraente. Alexis era molto più semplice, molto più ingenua, molto più impacciata. Leila dopo il diploma aveva lasciato la scuola per andare a lavorare presso un'agenzia di viaggi. Lì, suggerendo mete diverse ai clienti, avrebbe potuto sognare e assaporare qualcosina di quei viaggi che non aveva mai potuto permettersi. Era il suo venticinquesimo compleanno. Aveva preparato una festa in grande, con molta gente, la maggior parte sconosciuti o clienti. Lei era fatta così, le piaceva avere quante più persone attorno. Alexis e Matt furono i primi ad arrivare per aiutarla con gli ultimi preparativi. Il locale era bellissimo: un ristorante sul mare con una band che era lì solo per Leila. Come ogni volta, Matt aveva fatto il suo giro di chiamate per rendere possibile una festa tanto bella. Il suo fidanzato era fatto così, non si tirava mai indietro. Né per Alexis né per le sue amiche. Avevi un problema?! Matt lo poteva risolvere, qualunque esso fosse. Questo era uno dei motivi per cui Alexis si era innamorata di quel ragazzo: era sempre stato di una bontà d'animo incredibile. A volte temeva di approfittarne, ma non era assolutamente così. La festa procedeva alla grande. Leila era più felice del solito. Questa volta a farle compagnia c'era Jeremy, un nuovo ragazzo conosciuto nel supermercato di Sandal. Leila, la ragazza con infinite esperienze d'amore. Alexis, la ragazza che si innamorò di Matt dieci anni prima. Dopo il taglio della torta, scesero tutti in spiaggia per dare i regali. Quello di Alexis e Matt fu l'ultimo che Leila aprì. Lesse prima la lettera della sua amica. Come per ogni occasione, Alexis aveva speso qualche parola per dirle quanto ci tenesse a lei.

<<Ti voglio bene anch'io, amica mia>>, pronunciò Leila con gli occhi lucidi.

<<Dai, apri il regalo>>, la incitò Matt sapendo che altrimenti anche Alexis avrebbe iniziato a piangere.

Era una bustina sottile e lunga. L'aprì velocemente, strappandola qua e là.

<<Oh mio dio, oh mio dio...>>, esclamò portandosi una mano davanti la bocca. Era visibilmente incredula. <<Ditemi che non sto sognando...>>

<<No, amica mia. E' tutta realtà.>> Alexis le corse incontro per abbracciarla e per riempirla di pizzicotti. Risero entrambe con le lacrime di felicità che percorrevano il loro viso.

<<Italia, sto arrivandooooo...>>, urlò Leila facendo svolazzare il biglietto aereo affinché tutti potessero vederlo. Seguì un applauso collettivo. La musica riprese a rimbombare e Leila, gettando le scarpe, corse a piedi nudi lungo tutta la spiaggia tenendo il lungo vestito bianco con una mano e il biglietto con l'altra.



Invece di svegliarsi prima e andare al carcere a piedi per smaltire la torta rimastale sullo stomaco, Alexis preferì avere un passaggio da Matt quella mattina.

<<Buon inizio della settimana, amore mio>>, le sussurrò Matt. I loro nasi si sfioravano e lei poté percepire il profumo di caffè che emanava la sua voce. Le stampò un bacio sulla fronte.

<<Anche a te, Matt>>, gli sorrise Alexis. Prese la sua cartellina dal sedile posteriore e uscì. Lo salutò nuovamente con la mano, aspettò che la Bentley bianca sfrecciasse nel traffico mattutino ed entrò nel carcere di Stanford per l'inizio di una nuova giornata.



<<Buongiorno signorina Castle, lo psicologo la sta già aspettando dentro>>, le comunicò Irvy indicandole il reparto omicidi.

Erano le otto in punto e Russell era già arrivato. Corse prima in bagno per specchiarsi. Le occhiaie erano ancora lì, come a comunicarle di aver bisogno di qualche altra ora di riposo. Si sciacquò nuovamente il viso e corse fuori per il corridoio. Jake Walden era all'ingresso e teneva il grande portone aperto, come se stesse attendendo il suo arrivo.

<<Buongiorno, mi scusi per il ritardo>>, disse Alexis con voce affannata e piegando leggermente la testa in avanti, come per scusarsi.

<<Buongiorno signorina. Non deve scusarsi con me.>> Le fece strada e richiuse la porta dietro di loro. <<E, comunque, il dottor Russell è sempre qui con grande anticipo>>, aggiunse mentre Alexis si stava già avviando verso le celle.

Si voltò per ringraziarlo per quella precisazione e proseguì. Doveva percorrere quel corridoio da sola, senza il terapeuta che la rassicurasse. Si meravigliò di come fossero tutti calmi a quell'ora. Perfino Massimilian stava ancora dormendo. Espirò con sollievo e procedette. Con sua sorpresa notò che le sedie non erano poste davanti alla cella 153, ma a quella successiva. Intravide Russell da lontano parlare con qualcuno. Probabilmente aveva già iniziato il colloquio con il detenuto del lunedì. Non sapeva cosa fare. Non voleva interromperli. Era chiaramente imbarazzata. Rallentò il passo, sperando che non la notassero. "Piano, cammina piano, Alexis. Conta fino a cento", si disse. Le voci si facevano sempre più forti e chiare.

<<Ho già avuto difficoltà ad aprirmi con lei e non credo possa farlo con una ragazzina appena laureata.>>

<<Will... la capisco. Immagino quanto sia difficile per lei farsi ascoltare da una sconosciuta. Ma lo ero anch'io all'inizio, non è vero?!>>, disse Russell con tono calmo.

<<Non è lo stesso. Lei ha esperienza e può aiutarmi a metabolizzare il mio passato. Ma lei? Lei come potrebbe aiutarmi?>>, ribatté Will con voce arrogante.

<<Will, mi chiedo come mai ci sia questo cambiamento nei sui pensieri. Due settimane fa ha firmato il documento dichiarando di accettare la partecipazione della tirocinante ai suoi colloqui. Ed ora? Vorrei solo capire. Le prometto che non insisterò.>>

<<Lei è solamente una ragazza e nemmeno dovrebbe stare in un carcere. Cosa diavolo ci fa qui? Perché non è fuori a respirare l'aria fresca e a godersi la luce del sole, lei che può farlo?! Non voglio che stia qui ad ascoltare i miei problemi...>>

Alexis ormai aveva anche superato il cento e aveva smesso di contare. Stavano parlando di lei, non c'era alcun dubbio. Si avvicinò sempre di più. Si stava innervosendo.

<<Sì, io sono una ragazza libera. Potrei starmene fuori, eppure ogni mattina vengo qui e lo farò ancora per un po'. Anch'io avrò le mie ragioni se ho scelto di iniziare in un carcere la mia esperienza>>, disse tutto d'un fiato tenendo le mani strette a pugno lungo i fianchi.

<<Buongiorno dottoressa Castle>>, le disse sorridendo Russell voltandosi verso di lei. <<Non l'ho sentita arrivare>>. Le indicò la sedia accanto a lui.

Non sapeva se rimanere. Sentiva di non essere la benvenuta. Esitò un attimo e poi si sedette convinta. Quello era il suo posto, che fosse piaciuto o no a quel detenuto.

<<Will, le presento la signorina Alexis Castle>>, intervenne Russell per rompere quel momento di incertezza e imbarazzo. <<Alexis, le presento Will Storolow.>>

Quel tipo le sembrava strano, tutto sulle sue. Se ne stava seduto di fianco su una panchina di legno posta accanto al muro di cemento. Poté scorgere solo il suo profilo. Aveva un ciuffo di capelli castano scuro che gli copriva l'occhio destro. L'uniforme che indossava lasciava intravedere le sue braccia. Sembravano forti e grandi, con i muscoli avvolti dallo stretto tessuto grigio. Aveva un tatuaggio lungo tutto il bicipite, ma da dov'era lei non riusciva a metterlo bene a fuoco. Quella cella, la 155, le sembrò più accogliente delle altre. Non era spoglia, ma su ogni parete c'erano scaffali di libri, infiniti libri. Uno era stato lasciato aperto sulla brandina. Sulle pareti rimaste vuote erano incise delle scritte, alcune piccole, così piccole che anche da vicino sarebbe stato difficile leggere; altre erano grandi e colorate. Alexis rimase particolarmente colpita da una, posta sopra la brandina. "Mum". Tre lettere. Tre lettere dall'inchiostro rosso sfocato e consumato, come se fosse lì da anni. Probabilmente era opera di un altro detenuto. Oppure quel ragazzo stava dentro da tempo. Chiunque l'avesse dipinto aveva un cuore immenso, pensò Alexis.

<<Will, allora, può rimanere la signorina Castle per questo colloquio? Vediamo come va e poi deciderà se potrà assistere anche ai successivi. E' d'accordo?>> Russell sapeva sempre cosa dire e come dire qualcosa in ogni caso. Sapeva modulare il suo tono di voce in modo straordinario. Alexis aveva sempre invidiato quella capacità che solo i professionisti possiedono. Anche in lei generò un senso di calma.

<<Ok>>, si limitò a pronunciare Will voltandosi verso di loro.

Lasciami travolgereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora