Capitolo 2

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Il lunedì mattina Nico si presentò al ristorante, puntuale. Una volta entrato fu accolto dallo chef, Apollo, e da una donna al suo fianco, Diana. Era una donna alta e slanciata, i lunghi capelli neri erano legati in un'alta coda di cavallo, sul volto bello e regale spiccavano due stupefacenti occhi grigio argento, enfatizzati dal tallieur grigio antracite che indossava.

"Nico, ben arrivato. Permettimi di fare le presentazioni: Nicola lei è Diana, mia sorella, Diana lui è Nicola, il ragazzo di cui ti ho parlato" li presentò Apollo, sorridendo. La donna fece un piccolo sorriso e strinse la mano che Nico le porgeva.

"Piacere" rispose Nico, sorridendo a sua volta.

"Piacere mio"

"Bene, allora vi lascio. Buon lavoro" si congedò lo chef, sparendo nelle cucine.

"Dunque, Apollo mi ha detto che sei molto preparato e parli fluentemente quattro lingue. Molto bene, come sicuramente ti avrà informato Apollo, l'uso delle lingue è essenziale. Oggi ti mostrerò il locale, ti presenterò agli altri e valuterò il modo in cui lavori e ti relazioni coi clienti. Questa è la tua divisa" disse la donna, porgendo all'angelo una pila di vestiti piegati "Vieni, ti mostro gli spogliatoi"

"Va bene" rispose Nico, seguendo Diana fino a dietro il bar, dove c'era una porta che conduceva agli spogliatoi. L'angelo ringraziò ed entrò nella stanza: era abbastanza larga, due lunghe panche in legno erano poste al centro della stanza, due ordinate file di armadietti erano disposti ai lati della porta. Nico si diresse verso l'armadietto 16, quello che Diana gli aveva assegnato, e cominciò a spogliarsi. Si tolse i jeans ed indossò i pantaloni neri della divisa, dopodiché si tolse il cappotto e la camicia, rimanendo a torso nudo. Stava per prendere la camicia quando la porta dello spogliatoio si aprì, mostrando un ragazzo biondo fermo sulla soglia. Nico e il ragazzo si fissarono per alcuni secondi e l'angelo ricordò che quello era lo stesso ragazzo biondo che gli aveva accidentalmente rovesciato il caffè addosso, tre giorni prima.

"Tu?" disse il ragazzo, che a sua volta aveva riconosciuto Nico.

"Io. Il mondo è piccolo, vero?" rispose l'angelo con un sorriso, mentre il ragazzo entrava nello spogliatoio. Il ragazzo non gli tolse gli occhi di dosso per un minuto ma, quando incontrò gli occhi di Nico, abbassò lo sguardo, imbarazzato.

"Comunque, io sono William Solace, ma puoi chiamarmi Will" si presentò il biondino, togliendosi il cappotto e aprendo il suo armadietto.

"Nicola di Angelo, puoi chiamarmi Nico. Per caso sei imparentato con il signor Solace?" domandò Nico, indossando la camicia bianca e il gilet nero dai bottoni dorati della divisa.

"Sì, è mio padre, mentre Diana è mia zia" rispose Will, indossando la sua divisa di cucina.

"Un ristorante a gestione familiare, quindi?" chiese l'angelo, cercando di annodare la cravatta.

"Già" rispose il biondino, finendo di allacciare la casacca di cucina "Vuoi una mano con quella cravatta?"

"Grazie, altrimenti mi impicco" disse Nico, smettendo di armeggiare con la cravatta. Will sogghignò e si avvicinò all'angelo, annodando la cravatta in poco tempo. Le dita lunghe di Will si mossero sicure ed esperte, ma anche delicate, sul collo di Nico mentre gli allacciava la cravatta. Nico arrossì al gesto, ma non tolse lo sguardo da Will neanche per un momento.

"Ecco fatto" disse il biondino con un sorriso, sistemandogli il nodo della cravatta.

"Grazie" rispose Nico, abbassando velocemente la testa, abbottonandosi il gilet nero, le guance in fiamme. Che diavolo gli stava succedendo? Non poteva perdere la testa per un ragazzo che conosceva a malapena.

Angel with a shotgun (Solangelo)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora