La profezia

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Atterrarono a meno di un miglio dalla città, per evitare di essere visti: ad Eragon non piacevano gli ingressi pomposi, al contrario di quello che pensava la gente. Smontarono dalle selle e si vestirono in modo consono ad una città pacifica, lasciando le armi con i draghi (anche se Astra non sembrava pienamente d'accordo, acconsentì senza dire nulla). Sharon e Saphira li avrebbero aspettati lì. Si incamminarono lungo la via che li avrebbe portati a Narda. Ma proprio quando si stavano avvicinando alla città notarono sulla strada una capanna particolare, decorata con ossa e torce infiammate.
"Forse abbiamo trovato quello che stavamo cercando. Senza nemmeno faticare. Ottimo!" Disse Astra.
"Non mi ispira fiducia. È piuttosto tetra come abitazione. Sicura di voler entrare?"
"Se hai paura ti tengo la mano" lo provocò lei.
"Va bene. Vado avanti io".
"Come sei permaloso" lo punzecchiò Astra.
Eragon bussò alla porta, che si aprì da sola. L'aria era carica di odori speziati e pungenti, ed era difficile vedere chi c'era sulla sedia al centro della stanza tappezzata di ampolle e scaffali sporchi ed impolverati. Astra rischiò di inciampare in un gatto rosso, procurandosi così il suo odio. In realtà lei non aveva un bel rapporto con i gatti. Quando Sharon la voleva prendere in giro le diceva che i gatti sarebbero stati la sua rovina in una battaglia. Tutti i gatti del mondo si sarebbero coalizzati contro di lei facendone una schiava.
Odio i gatti. E qui è pieno. Grandioso.
"È permesso?" Chiese educatamente Eragon.
"Il destino lo ha voluto.
Fatevi avanti, il cammino non va temuto". Rispose una voce roca. Era una donna vecchia e trascurata, vestita di nero, i capelli scuri, ricci e crespi raccolti in una fascia porpora. Portava decine di gioielli tra bracciali anelli e collane, che tintinnavano ad ogni movimento della donna.
"Il mio nome è Dorothea la strega,
Dono profezie a chi mi prega".
Astra si fece avanti "Mia signora, spero che tu possa fornirci un'informazione. Non siamo in cerca del nostro futuro, per ora".
"È il futuro che troverà te,
E ti mostrerà la vita com'è".
Non sapendo che rispondere, Astra continuò: "ci chiedevamo se tu avessi notizie di maghi o streghe che resuscitano i morti per farne eserciti. Non ti stiamo accusando di negromanzia, sia mai, ma abbiamo visto cose che ci preoccupano sulla via per Narda. Puoi aiutarci?"
"Chi usa magia nera non conosco,
Non mi perdo nell'oscuro bosco.
Ma questo posso ben dire:
L'orizzonte sta per svanire.
Un'ombra oscura sale,
Arriverà l'era del male". Concluse con la sua voce da corvo, e proprio come un corvo presagì il male.
"Quindi se tu non ci puoi aiutare, conosci qualcuno che lo può fare?" Domandò Eragon.
"In città dovrete andare
Se la verità volete scovare".
I due Cavalieri si scambiarono uno sguardo fugace.
Poi Astra parlò: "Ti ringraziamo Dorothea, che la fortuna sia con te".
Fecero per andarsene quando successero molte cose strane insieme: i gatti uscirono di corsa dalla porta; si ruppe un vaso dal quale uscì un intenso fumo viola che li avvolse entrambi; una luce tenebrosa si diffuse nell'aria, ma senza provenire da una fonte ben precisa; per la prima volta Dorothea aprì gli occhi, rivelando due bulbi bianchi.
Poi parlò:

"Quando il fratello perduto sconfitto sarà,
L'oscurità in catene tornerà.
Quando i due salvatori si uniranno
potere, coraggio e magia nasceranno.
Quando i demoni nella notte torneranno,
pace e salvezza nel cielo voleranno.
E gloria eterna sarà".

Detto questo, fiamme viola avvolsero la capanna, e Astra ed Eragon corsero a capofitto fuori dalla capanna prima che...BOOM!
"C'è mancato un pelo" sentenziò il Cavaliere. Pezzi di legno avvolti dalle fiamme si sparsero tutt'intorno, producendo un denso fumo viola.
"Dobbiamo spengnerli subito, prima che qualcuno se ne accorga" detto questo Eragon alzò le mani ed ordinò a un ciocco di legno: "Brisingr, blòthr!" E il fuoco si spense subito.
"Così ci metteremo un'eternità. Lascia fare a me". Astra si concentrò e desiderò che tutte le fiamme si spegnessero contemporaneamente, poi schioccò le dita e queste si estinsero tutte, nonostante fossero sparse ovunque intorno a loro.
"Ma come hai fatto?" chiese Eragon, profondamente stupefatto.
"È il Dono del Drago. Viene chiamato così. Ogni 300 anni nasce un mago in grado di fare magie senza utilizzare l'antica lingua... beh io sono la fortunata. Devo dire che è un grande vantaggio, posso fare tutto quello che voglio senza che l'antica lingua mi limiti, però devo stare molto più attenta ad usare le mie energie altrimenti potrei morire. Non guardarmi così mi fai sentire strana".
Eragon chiuse la bocca e assunse una posizione eretta.
"Praticamente fai le magie come i draghi: solo con la forza del pensiero".
"Genio, secondo te perché si chiama dono del drago?"
"Non essere scorbutica, non ti sto accusando, ti sto ammirando!"
"Oh, non capita spesso... in genere mi odiano per questo mio dono" poi aggiunse prontamente "scusami, non sono abituata a tutto questo".
"Non importa adesso, ma io e te dobbiamo fare una lunga chiacchierata. Ci sono molte cose di te che vorrei sapere. Perché non ne parliamo alla locanda, magari andiamo a prenderci da bere e poi scopriamo chi sono queste persone misteriose che ha detto la strega Dorothea".
Astra sorrise "Affare fatto!"

"Sai, non lo uso mai il mio potere... il Dono" confidò Astra ad Eragon. "Ho imparato a controllarlo negli anni, grazie alla guida di Eldoar, e ad una notevole quantità di errori che mi sono costati quasi la vita, anche se odio ammetterlo. Purtroppo Sharon mi può aiutare solo con l'energia vitale, ma le emozioni, i desideri, le paure... quelle posso gestirle solo io. Devo impegnare di continuo la mia mente, altrimenti rischio di fare magie senza volerlo. Prima di diventare mezzelfo, da bambina, quando sognavo facevo magie. E ciò che accadeva intorno a me dipendeva dai sogni stessi". Fece una lunga pausa.
La strada bianca sotto di loro scorreva leggera tra le fronde degli alberi e le felci. Il vento profumava di montagna, e trasportava un'aria calda che accarezzava dolcemente i loro volti. Il Sole splendeva sulle foglie, mettendo in ombra i nidi degli uccelli. I piccoli cinguettavano prepotentemente, per avere cibo dalle madri. Sciami di insetti volteggiavano frenetici a mezz'aria; le lucertole che prendevano il sole sulla strada si scansavano rapide al passaggio dei Cavalieri. Astra sentiva tutto, tutta la totalità della natura intorno a loro: ne percepiva il respiro, l'armonia e completezza. Erano una cosa sola. Eragon la riscosse dalla sua meditazione: "È per questo che te ne sei andata via da Carvahall. L'incendio l'hai provocato tu. Come, se posso?"
"Come ho detto, brutti sogni uguale incidenti magici. Ma quella non è stata la prima volta che si manifestò la magia in me".
Eragon ne rimase stupito.
"Sei nata con i poteri quindi? Non li hai acquisiti dopo Sharon?"
"Esatto. Per questo motivo Brom mi portò a Nord. Pensavano che sarei stata il Cavaliere che sei diventato tu. Invece il mio uovo si è schiuso poco dopo il tuo. E sei stato scelto tu per un solo motivo: tempo. Io invece ero solo una sopravvissuta. Sopravvissuta a sé stessa." Aggiunse alla fine con amarezza.
"Non dire così - la consolò Eragon - sei destinata a grandi cose tu".
"Come lo sai?" Chiese sorridendo.
"Intuizione. E poi la profezia. Te ne sei dimenticata?"
"Io non ho fratelli. Magari era per te".
"Spero di no. Non voglio combattere ancora contro mio fratello, non dopo esserci lasciati con una stretta di mano". Il pensiero di Murtagh gli faceva male.
"Mi dispiace che sia andata così tra voi" disse lei.
"Forse era veramente destino, come hai detto tu. Visti i trascorsi tra i nostri padri..."
"Aspetta. Siete fratellastri?"
"Si. Lui figlio di Morzan, io figlio di Brom".
Astra si bloccò di colpo. Tornava tutto adesso. "Oh dei, sei suo figlio! Ma è fantastico! Ora capisco il destino! Wow figlio di Brom! Ecco perché! Ecco perché sei maledettamente perfetto!"
"Perfetto?" Sorrise Eragon. Non aveva mai pensato di essere perfetto. Anzi aveva fin troppo da perfezionare per i suoi gusti.
"Ho detto perfetto?" Astra divenne rossa, ma fu abile a cambiare discorso.
"Ecco perché hanno scelto te. Perché sei figlio d'arte. Più probabilità di riuscita. Oh quanto è geniale il destino..."
"No, non il destino. I draghi. Sono stati loro". Le raccontò del ritrovamento degli Eldunarì a Vroengard nella Volta delle Anime. Che la loro trasformazione fisica dipendeva dai draghi.
"Oh. Ho sempre pensato che fossi stata io stessa con il Dono a cambiare il mio aspetto. Ma questo spiega perché sei come me". Concluse lei. Forse un po' era amareggiata dalla notizia, ma in fondo non importava: era orgogliosa di quello che era.
"Già. Siamo simili". Eragon ne era contento. Effettivamente si sentiva troppo diverso dagli altri, sia umani che elfi. Ora erano in due. Loro due fianco a fianco.
"Non ti ho ancora chiesto una cosa importante - riprese lui - come hai avuto il tuo uovo? Sapevo che ne esistessero solo tre, di cui due in mano a Galbatorix e quello di Saphira rubato da Arya. Ma il tuo?" Chiese.
"So che Sharon è il fratello dell'altro drago verde, Firnèn. In qualche modo le due uova sono state separate dalla nascita. Fu Eldoar stesso a metterne uno al sicuro".
Eragon guardò Astra. "Dovevi tenere molto a lui. Ne parli spesso, con rispetto".
Astra restituì lo sguardo "Si gli volevo molto bene. È stato un padre, un maestro e un amico. Proprio come lo è stato Brom per te".
L'ultima affermazione colpì Eragon come una freccia in pieno petto. Aveva riassunto con tre parole ciò che suo padre era stato per lui. Chissà come sarebbe andata se avesse saputo prima di essere suo figlio. Se avessero vissuto insieme, se lui fosse ancora lì...
"Scusami, non volevo toccare una ferita aperta" disse Astra, riscuotendolo dai suoi pensieri.
"Non preoccuparti, hai ragione. Sono felice che ci sia qualcuno che mi capisca".
Proseguirono in silenzio sulla strada per Narda: gli uccelli volteggiavano nel cielo felici, i grilli cantavano: era una bellissima giornata.

Eragon - La Seconda ProfeziaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora